08/07/2024

La Francia oltre il Neoliberismo

Un Nuovo Equilibrio Politico è Alle Porte

08/07/2024

La Francia
oltre il
Neoliberismo

Un Nuovo Equilibrio Politico
è Alle Porte


Tempo di lettura: 20 minuti

Stavolta, per parafrasare Giorgia Meloni, nessuno ha visto arrivare noi. Dopo un mese passato nel terrore di una deriva a destra dell’ordine politico francese, la sinistra unita sotto il Nuovo Fronte Popolare solidifica la propria posizione in Parlamento, e sorpassa il RN, che addirittura finisce terzo dietro alla coalizione di centro di Macron.


In realtà, questa è una sorpresa solo se vivi nella bolla mediatica mainstream dei giornalai. Per qualche strana ragione, ci hanno raccontato la vicenda come un duello tra Macron e Le Pen, anche se il Nuovo Fronte Popolare è stata l’unica forza in grado di stare al passo del RN durante tutta la campagna elettorale, raccogliendo sempre più consensi.


La sinistra radicale ha dato una prova di forza già nelle elezioni passate, e ha confermato il suo vigore con le proteste che hanno incendiato la Francia fino a pochi mesi fa. Se il programma del Nfp venisse attuato, le condizioni di vita dell’80% dei francesi migliorerebbero.


Davvero non ci avete visto arrivare? O sarà forse che ci avete visto ma non ci avete preso sul serio?


In ogni caso, noi non siamo giornalai. Non ci metteremo ad analizzare il voto elettorale giusto per speculare dettagliatamente su micro-equilibri parlamentari.

Anzi – quando i Grandi Giornalipasseranno settimane intere a concentrarsi su questo tipo di analisi, sarà solo l’ulteriore conferma che non hanno capito un cazzo degli ultimi 50 anni di storia politica. E noi non perderemo tempo a dare lezioni a chi non se le merita.


Detto questo, il voto è una lente preziosa per indagare la realtà; come abbiamo detto più volte, analizzarlo in modo chiaro e succinto ci permette di leggere le alleanze di classe e gli equilibri sociali di un certo periodo storico.

Il caso della Francia ci interessa particolarmente. Secondo noi, le ultime 2-3 elezioni hanno fatto emergere i possibili equilibri politici di domani, preannunciandone un radicale cambiamento.


Che i Media Mainstreamnon riuscissero a capire fino in fondo cosa hanno rappresentato queste elezioni non è una sorpresa; la narrazione perfetta che hanno messo in campo, su misura per l’estrema destra, ci ha lasciatə invece un po’ stupitə.

É incredibile come questi burattini del potere siano in grado di apparecchiare la tavola ai fascisti nello stesso momento in cui fanno partire un allarme per denunciarne la presenza. Non è chiaro cosa sia più ridicolo: lo scenario in cui mentono sapendo di mentire, o quello in cui sono davvero convinti di star facendo la propria parte contro la minaccia fascista.


La narrazione è stata costruita in funzione dell’estrema destra, che è riuscita comunque a perdere. In sintesi, Marine Le Pen e Bardella sono invincibili, e quindi oh mio Dio dobbiamo assolutamente fermarli; in una situazione simile, la sinistra farebbe bene a raddrizzare il tiro (guarda caso proprio verso il centro, anche se la sinistra è sempre stata avanti nei sondaggi e, prima dell’exploit di oggi era comunque sopra il centro). L’alleanza con Macron è dunque una scelta inevitabile, ovvia e di buon senso.


Purtroppo, la sinistra francese è in parte cascata nel tranello. Non solo lo spazio televisivo concesso al Nuovo Fronte Popolare è stato in generale semplicemente ridicolo ed indicativo di una chiara discriminazione, ma anche quel poco che hanno ottenuto l’hanno dovuto utilizzare per spiegare come “fermare la destra,” piuttosto che sfruttarlo per sviluppare a pieno una narrazione propositiva.


Queste elezioni, dunque, sono state importantissime, ma non per i motivi citati dai Media. Come abbiamo scritto nell’ultimo episodio della Distopia in Tempo Reale, in Francia stanno prendendo forma dei nuovi equilibri politici, che fanno parte di una nuova e inedita fase politica: quella post-neoliberale.

La Dissoluzione del Neoliberismo

Più o meno tra il 1980 e il 2011, il periodo neoliberale ha attraversato la sua fase d’oro. In questi anni ci ha abituato a vivere nei limiti di certe precise coordinate politiche, emerse dalla crisi degli anni ‘70 e dalla sconfitta del Movimento in Occidente.


L’opposizione – da quella finta dell’estrema destra, ai partiti comunisti e socialisti ormai assorbiti dal Capitale – si annacqua in un unico grande centro. La classe lavoratrice svanisce nello sfondo, e viene manipolata perché si convinca di essere diventata classe media, “imprenditrice di sè stessa”. La partecipazione democratica ed elettorale piano piano si erode, e finisce sempre più spesso per essere delegata a figure “apolitiche”.

La globalizzazione e il crollo dell’Unione Sovietica hanno sconvolto gli equilibri geopolitici, lasciando di nuovo l’Occidente a fare il padrone del Mondo. Un Impero integrato ha preso vita monopolizzando le risorse globali.


Dal 2011 in poi – e ancora di più dal 2016 – gli equilibri hanno iniziato ad evolvere. Le varie opposizioni (anche quelle finte) ritornano alla ribalta dopo essere state annacquate nel grande centro (la cosiddetta “fine della Storia”), e lo fanno perché la crisi del 2008 è fondamentalmente irrisolta, e molto più profonda di quanto prospettato dagli illustri “economisti”.


L’estrema destra si è presentata ad ogni sagra popolare come prezzemolo, spingendo per uscire dall’Unione Europea in funzione di un populismo xenofobo e autoritario.


La sinistra ha attraversato le proteste di Occupy, le Primavere Arabe, la campagna elettorale di Bernie Sanders e quella di Corbyn; ha avuto a che fare con gli strascichi del Movimento No-Global e dei Movimenti anti-Austerity, ed è vissuta nelle occupazioni universitarie, il tutto tra picchi di entusiasmo e momenti di depressione generale che tanto ci dicono sui problemi strutturali della nostra lotta.


Nel lungo periodo però, è stata confermata la nostra profezia, che il movimento ormai strillava da decenni: il neoliberismo ha spostato così a destra gli equilibri politici che, appena l’impalcatura è crollata, il piano si è inclinato vertiginosamente a favore dei fascisti.

In questo contesto, la situazione francese è molto diversa da quella che ritroviamo in altre parti d’Europa (prima fra tutte in Italia, ma anche in Germania e in Grecia).


Questa vittoria – che celebriamo – non smentisce la nostra tesi, e l’estrema destra rimane comunque in ascesa. Al tempo stesso, la sinistra francese è stata capace di arrestare in una fase cruciale il momentum politico guadagnato in questi anni dai fascisti.


Insomma, ci troviamo davanti ad una fase di transizione vista e rivista: sono crollati gli equilibri economici che fino a poco tempo fa avevano garantito una fase di accumulazione relativamente stabile; nuovi mostri politici nascono e muoiono; il sistema si autoinfligge degli Shock per fare spazio a nuovi equilibri politici su cui appoggiarsi per uscire dalla crisi.

La Situazione in Francia

È evidente come l’alleanza rappresentativa del neoliberismo francese (quella centrista) sia stata divorata in 7 anni sia da destra che da sinistra, testimoniando una trasformazione politica profonda ma ancora non ben delineata.


Questo processo si è innegabilmente sintetizzato in francia, ed è culminato a giugno, quando Macron – subito dopo la pesante sconfitta alle europee – ha chiamato le elezioni anticipate, in un prepotente suicidio politico.

La parte più militante dell’estrema destra è stata in costante ascesa negli ultimi anni, sì, ma anche il Movimento è riuscito a trascinare le forze di sinistra più istituzionali (come i partiti e i sindacati) verso posizioni radicali, così da poter costruire una strategia sovversiva contro Macron e praticare tattiche conflittuali.


Il frutto più interessante di questo tentativo è stata la NUPES, che – sotto la spinta propulsiva degli scioperi e dei riot del Movimento francese – ha combattuto una dura battaglia contro il governo neoliberale di minoranza appena crollato.

Il Nuovo Fronte Popolare è una versione un po’ meno aggressiva della NUPES, ed è figlia di questo lavoro politico.


Insomma, estrema destra e Movimento hanno coltivato per anni un terreno che sta iniziando adesso a germogliare.

I fascisti sono partiti da un pezzo di terra già fertilizzato dall’1%, mentre il Movimento – come spesso accade – ha dovuto da subito mettere le mani nella merda per sanare le conseguenze delle politiche neoliberiste dilanianti.


Nonostante tutto, alla prima occasione di confronto l’estrema destra si è presa uno schiaffo di realtà. Noi di questo godiamo e non poco.


La classe lavoratrice, nel frattempo, ha attraversato decenni di trasformazioni, accumulando tanto malcontento e una voglia irrefrenabile di tornare protagonista. Questi desideri sono esplosi in tutta la loro contraddittorietà: come abbiamo scritto nel post di venerdì, il voto operaio e precario si è diviso tra RN e Nfp (e il secondo turno sembra confermare il trend).


Si sta svolgendo proprio qui lo scontro decisivo per gli equilibri futuri, e la posta in palio è l’egemonia su una classe sociale storicamente di sinistra, tormentata da un senso di tradimento da parte delle Istituzioni, e complice nell’attuazione di programmi di Austerità impopolari e nello smantellamento del Welfare.


In ogni caso, si tratta di un assedio popolare anti-Macron e – consciamente o meno – contro il neoliberismo. Da qui sta nascendo (con meno rapidità del previsto) il nuovo paradigma post-neoliberale.


Se il suicidio politico di Macron si è trasformato “solo” in un grave dissanguamento, è merito della strategia elettorale del Nfp in funzione anti-RN. Per Macron è un miracolo che non sia successo qualcosa di peggio. E comunque, nonostante questo regalo, la sua coalizione ha perso la bellezza di 60 seggi rispetto al 2022.


Nelle altre Nazioni europee, la transizione è stata fatta a metà: c’è sempre un’estrema destra in ascesa, ma spesso mancano i “Fronti Popolari”. In Italia gli operai votano a destra, in Germania e in Grecia ormai spopolano i nazisti.

In mancanza di una sinistra veramente radicale, in queste Nazioni non si può parlare di una reale transizione. L’estrema destra si sente molto a suo agio nel neoliberismo, e lo critica puramente in termini estetici. Qui, nulla sta effettivamente cambiando.


Per questo il risultato positivo della sinistra in Francia vale doppio: da una parte, rappresenta è una reale transizione oltre il neoliberismo, oramai putrido e morente, puramente in attesa di un colpo di grazia rimandato alle prossime elezioni; dall’altra, questa vittoria permette alla sinistra radicale di partire in vantaggio, nonostante tutte le sue contraddizioni e difficoltà.

Finchè c’è Lotta c’è Speranza

Finchè c’è guerra c’è speranza è un film di Alberto Sordi. La storia critica – da un punto di vista conservatore ma in questo caso comunque on-point – l’ipocrisia della cultura hippie, che protestava contro i conflitti armati ma si rifiutava di mettere in discussione i propri privilegi, garantiti proprio dal sistema che stavano “criticando”.


Oggi, possiamo dire che finché c’è lotta c’è speranza. Il Movimento francese ha fatto oggettivamente un ottimo lavoro, anche al di là del risultato elettorale di ieri.

Anche solo il fatto di poter parlare di un possibile post-neoliberismo – e non di una sua lenta e inevitabile degenerazione fascista – è grazie ad una vera e propria avanguardia, da cui dobbiamo prendere esempio.


Non c’è molto da dire: l’estrema destra francese ieri ha perso – al contrario di quanto successo da noi, o di quello che succederà in Germania nei prossimi anni. E se lo ha fatto è perché la sinistra ha costruito un progetto serio di alternativa al neoliberismo.

È almeno dal 2000 che diciamo che questo è il modo di “fermare le destre”: ma tra il dire e il fare c’è di mezzo la politica, un mondo dominato da infami.


Il Movimento francese è stato in grado di tenere tesa quell’invisibile corda che permette alle organizzazioni istituzionali del 99% (come i sindacati e i partiti) di organizzarsi per sviluppare strategie di rottura con l’ordine esistente.

Vari gruppi delocalizzati si sono coordinati in scioperi e riot fulminei, attirando con successo l’attenzione della Cgt (che nel frattempo aveva cambiato leadership sotto la spinta di queste lotte).

In un vortice positivo autoindotto, la Cgt ha fornito al Movimento le infrastrutture di larga scala necessarie per poter gestire scioperi generali, tra cui incandescenti giornate di scontri che hanno costellato il 2023 (specie l’8 marzo e il Primo Maggio).


Partiti come La France Insoumise hanno cominciato a catena ad appoggiare delle proteste veramente ampie, ed è impossibile non rimanerne affascinatə.

Le foto delle piazze raffigurano netturbinə in sciopero che incendiano la spazzatura non raccolta davanti ai comuni delle proprie città; operai, studentə e migranti dalle banlieue che lottano insieme, unitə contro il potere; gruppi queer e transfemministi che pretendono diritti e garanzie sociali.


Il Movimento è riuscito ad utilizzare le armi di Macron contro il suo governo: ogni riforma è diventata un pretesto per riunire le nostre forze sociali, farle parlare, abituarle a coordinarsi le une con le altre per sviluppare insieme delle strategie sovversive.


Durante le rivolte, Mélenchon (il leader de La France Insoumise) si è potuto permettere di rispondere agli attacchi dei giornali rivolgendosi ai manifestanti, e incoraggiandoli a proseguire le loro lotte incandescenti, chiedendo loro solamente di lasciare intatte le scuole. E questo lo si è potuto fare grazie alla legittimità popolare costruita attraverso il lavoro intelligente dei sindacati, collettivi, centri sociali e attivistə.


Senza la spinta propulsiva di un Movimento che ha la pretesa di fare le cose in grande, non sarebbe nato questo nuovo blocco politico di sinistra radicale, unito dalla volontà di superare ogni forma di oppressione – sia essa classista, sessista, razzista, omofoba o contro il Pianeta e la Natura.

Una spinta del genere funziona solo se organizzata in una visione a lungo termine, e in un programma comune in grado di sintetizzare le pretese delle varie specificità interne al 99% e delle infrastrutture sociali di larga scala.


Tutto il resto sono solo buoni propositi, scritti da persone mosse da visioni di movimento inutilmente idealizzate, che idolatrano la fatica, il localismo o l’orizzontalismo ad ogni costo, anche quando palesemente irriproducibile. Il genuino entusiasmo di sporcarsi le mani e cambiare il Mondo è sempre preferibile ad un pedante moralismo, fin troppo presente nei Movimenti ed incapace di mettere le cose in pratica.


Al tempo stesso, non siamo ciechə davanti alle contraddizioni del Nuovo Fronte Popolare. Le frange più moderate e quelle più “vetero-marxiste” sono state in più occasioni criticate come parte di una “sinistra coloniale”, incapace di integrare le richieste anticoloniali e antirazziste in un framework di emancipazione politica comune. Questo discorso vale in particolare per il Partito Socialista, il principale responsabile dell’annacquamento del programma politico della NUPES dopo le negoziazioni che hanno costruito quello del Nfp.


Siccome, però, finché c’è lotta c’è speranza, noi non ci facciamo scoraggiare.


Confidiamo nella capacità del Movimento di organizzarsi dal basso, con uno sguardo ampio, di larga scala e propositivo, sempre proiettato al futuro e ben coordinato tra le realtà sociali. Rimane dunque fondamentale mantenere un equilibrio tra lotte dal basso e conquiste istituzionali, in grado di solidificare gli sforzi del Movimento e renderli riproducibili.


In mezzo a tutte le difficoltà, il Movimento francese sta dimostrando di essere all’altezza della sfida.

Essere in Vantaggio in un Momento Delicato

Come avrete notato, siamo restatə vaghə nel descrivere questo equilibrio futuro.

La ragione è che le caratteristiche di questo nuovo ordine non sono predeterminate, ma si plasmano man mano che gli equilibri cambiano, piegandosi in base ai rapporti di forza. Si intravedono degli schizzi, come ad esempio una classe lavoratrice di nuovo protagonista e l’erosione dei partiti di centro, ma non possiamo ancora sapere come si articoleranno queste dinamiche politiche.


I primi tasselli di costruzione della nuova fase politica, mettono le basi per quelli successivi.

Dunque più il Movimento guadagna terreno in questa fase cruciale, più abbiamo ragione di credere che la prossima (e l’ultima, si spera) fase di accumulazione tenderà dalla nostra parte.


Questo non significa che stiamo facendo la rivoluzione. Stiamo sostanzialmente iniziando a piantare le nostre radici, affinchè nel futuro possiamo darci lo slancio necessario per superare davvero la causa di tutti i mali moderni: il capitalismo.


Per ora, stando a queste prime dichiarazioni, il Nfp non sta perdendo terreno, e anzi sta sfruttando il suo leverage per mettere pressione a Macron.

I risultati d’altronde ci parlano di 3 blocchi oramai più o meno eguali.

RN ha subito provato a passare di mano la patata bollente, incoraggiando Nfp e Macron a convivere in un governo incredibilmente fragile, il cui crollo potrebbe spalancare le porte ad una maggioranza assoluta del RN alle prossime elezioni.


Al tempo stesso, il Nfp non ha né l'obbligo di governare, né quello di stare all’opposizione; piuttosto, è tenuto ad onorare un programma che rappresenta, nonostante tutto, una rottura con l’ordine neoliberista. Un programma frutto di lotte intense, e seme per progetti più radicali, anticapitalisti e intersezionali, non può arenarsi su dei semplici giochi elettorali.


Al di là del corso che prenderanno le trattative politiche, la sinistra francese deve prendere sul serio la delicatezza di questa fase politica.

Dobbiamo muoverci sapendo che ogni nostro passo vale il doppio, sia in positivo che in negativo, e influenzerà inevitabilmente gli altri paesi europei. In parole povere, la partita che si sta giocando su questo primo banco di prova avrà ripercussioni a lungo, lunghissimo termine.


Se si finisce al governo, è importante dare assoluta priorità alle riforme, accompagnando ad esse una strategia mediatica ancora più aggressiva, in grado di rispondere colpo su colpo agli attacchi che il potere metterà in atto se il programma dovesse essere davvero applicato.

Se si finisce all’opposizione, è il momento di mettere in campo tutto il potenziale ancora inespresso, e sfruttare la posizione privilegiata in Parlamento per rifornire il Movimento delle energie necessarie per fronteggiare la deriva autoritaria di un possibile governo di centro-destra.


Dal resto d’Europa, noi non possiamo che prendere esempio da un Movimento che (dopo quello spagnolo, che però meriterebbe un articolo intero a parte) è riuscito ad essere determinante nell’indirizzare la politica del proprio paese. Queste sono le primissime vittorie dopo decenni di sconfitte politiche.


L’ascesa dell’estrema destra ha sicuramente subito un duro colpo, ma questo è un processo che non si chiuderà con un giochino elettorale. É un testa a testa che dura da anni, e non si concluderà con un risultato dubbio.


La Francia ci sta guidando con il suo esempio. Il tempo stringe, ma questa vittoria va presa e portata a casa. Un’alternativa c’è ed è realistica. Fin quando esisteranno ingiustizie ed oppressione, esisterà un Movimento che cerca di metterla in pratica.