Collage delle varie notizie della settimana.

La Quarta Settimana di Giugno: la Caduta dell’Impero

Collage delle varie notizie della settimana.

La Quarta Settimana di Giugno: la Caduta dell’Impero


Tempo di lettura: 20 minuti


Notizie effettivamente importanti

( Che i media mainstream se le siano cagate o meno )

Colpo di Stato in Bolivia, Pt.1: La grande Farsa
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Mercoledì scorso, il capo dell’esercito boliviano Juan José Zuñiga ha tentato un colpo di Stato. La notizia è girata molto, come al solito senza un briciolo di contesto. La questione viene liquidata implicitamente – in fondo, che ci vuoi fare, sono sudamericani, prendono tutto con passione.


Ovviamente, una mossa del genere non è stata tentata a caso.


La Bolivia è la Nazione più destabilizzata dall’intervento statunitense, nel continente più destabilizzato. Nessun altro paese ha subito così tanti tentativi di colpi di Stato negli ultimi settant’anni.

L’ultimo, del 2019, ha addirittura trovato supporto esplicito in Elon Musk.


Il Colpo di Stato ha provato a sfruttare una crisi politica che sta attraversando la Bolivia da anni. Il gruppo di sinistra MAS (Movimento verso il Socialismo) mostra alcune crepe interne.

Il primo presidente indigeno boliviano – Evo Morales, in carica dal 2006 al 2019 – si sta scontrando con Luiz Arces, ex ministro dell’economia proprio nei suoi governi e il suo successore designato per riportare stabilità dopo il Golpe del 2019.


In questo scontro, Morales sembra avere il coltello dalla parte del manico: d’altronde ha alle sue spalle 3 elezioni vinte, le performance economiche sotto il suo governo decisamente al di sopra della media e una retorica di Movimento costruita contro le élite parassitarie.

Luiz Arces invece si è presentato al pubblico come un moderatore e normalizzatore del cambiamento, per stabilizzare l’economia e trovare un compromesso con le classi medie: eppure oggi si ritrova a gestire una crisi delle esportazioni per cui alcune sezioni del popolo boliviano lo ritengono responsabile.


L’esercito ha cercato di approfittare del momento di caos, ma il tentativo è risultato ridicolo. Si è concluso tutto nel giro di ore, e i leader conservatori hanno già preso le loro distanze. Morales, nonostante la postura offensiva che ha assunto nella sua campagna politica, si è ovviamente stretto attorno al governo democraticamente eletto.


Questo è un chiaro simbolo della crisi strutturale di un Impero in crisi, che non riesce ad imporre le sue posizioni economiche con l’efficienza di una volta. I fatti di mercoledì finiscono per risultare ridicoli, e quasi ci viene da paragonarli al Colpo di Stato Borghese in Italia.


Situazioni del genere dovrebbero ricordarci quanto è importante sostenere i governi socialisti democratici in Sud America, gli unici in grado di raccogliere il consenso popolare, rilanciare economie impoverite e opporsi alla supremazia degli Stati Uniti.


Senza un sud America forte, l’imperialismo continuerà indisturbato a depredare popoli interi in nome del colonialismo occidentale.

Aggiornamento sulle elezioni in Francia ed Inghilterra
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Nel giro di una settimana, la Francia e l’Inghilterra andranno alle urne.

Queste due diverse crisi di governo sono esplose in modo molto simile (cioè tramite il suicidio politico del capo del governo), ma rappresentano due equilibri politici fondamentalmente opposti.


Nel Regno Unito, il Partito Laburista sta vincendo – e purtroppo non è affatto una buona notizia. Dopo le grandi purghe che hanno fatto fuori la sinistra di Corbyn, il nuovo leader (Keir Starmer) è il candidato peggiore presentato dal post-Blaire. I conservatori sono sotto di 14 punti giusto perché sono odiati da tuttə, e in tantə si accontentano di votare il meno peggio.


In Francia, invece, è in corso uno scontro aperto tra estrema destra e sinistra radicale. Stando ai sondaggi, la partita è giocata (quasi) alla pari.

Il centro francese è rimasto travolto da un vortice da cui ne uscirà trasformato e indebolito. L’unica possibilità rimasta è fare da spalla o da spina nel fianco alle altre forze. Difatti, mentre l’ala destra insiste su un’alleanza con Le Pen, Macron prova senza successo ad infamare l’alleanza di sinistra.


Insomma, Francia ed Inghilterra non potrebbero esemplificare meglio questo interregno tra il vecchio e il nuovo.


Il sistema politico inglese fa riferimento ad un neoliberismo che ormai si sta sfaldando sotto i nostri occhi, e la sinistra moderata si ritrova di nuovo a prendere le redini per normalizzare gli shock economici dei conservatori. La Francia, invece, si intravedono gli equilibri politici del futuro. Il centro si sta svuotando e la classe lavoratrice torna protagonista della scena politica, con tutte le sue contraddizioni dovute ad anni di sgretolamento delle sue organizzazioni.


I lavoratori più anziani e privilegiati –proprio quelli che hanno goduto delle conquiste del passato - si alleano con i piccoli proprietari, che a loro volta si sentono traditi dallo strapotere delle Multinazionali. Sotto la guida di una sezione importante dell’1%, il gruppo si solidifica in un’accozzaglia di classe neofascista.

Lə giovanə, invece, precariə e socialmente marginalizzatə, oscillano tra l’apatia politica e l’affiliazione a una nuova sinistra radicale, che sta dimostrando di saper gestire il delicato equilibrio tra Movimento e lotta nelle Istituzioni.

L’Inghilterra ha aperto le porte del Neoliberismo, ed ora cede il testimone alla Francia che ci fa strada verso un indefinito equilibrio politico post-neoliberare.


Per ora, sembra che le nostre sorti si pieghino verso la de-globalizzazione, e una versione aggiornata e postmoderna del tripolarismo classico.


La pesante sconfitta che la sinistra sta tutt’ora incassando non è da sottovalutare, ma il momento che stiamo attraversando è cruciale, e temi classici come lavoro, disuguaglianza e disoccupazione sono tornati all’ordine del giorno.

Questo è finalmente un terreno fertile per riconfigurare il nostro agire, e tornare ad essere determinanti nello scontro contro il potere.

Lo scontro tra Israele e Iran
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Se da una parte gli USA continuano ad interfacciarsi con Hamas (e solo con Hamas) per accordarsi su dei negoziati di pace in Palestina, Israele fa un po’ quello che gli pare e piace. In questo caso, provoca militarmente il resto del “Medio Oriente”.


Le tensioni belliche tra l’Iran e lo “Stato” guidato da Netanyahu sono esplose, ed entrambe promettono all’avversario la peggior risposta bellica possibile. La partita si gioca in Libano, dove Israele ha già minacciato più volte la presenza di Hezbollah sul territorio.


L’allargamento del conflitto – che oltretutto virerebbe con successo l’attenzione pubblica lontana dal genocidio a Gaza – sarebbe un disastro.


Com’è possibile che ogni volta siano altre popolazioni innocenti a pagare le scelte politiche di personaggi impopolari, di veri e propri parassiti aggrappati con le unghie e con i denti al potere?

Why is it trending?

Perché stiamo ancora parlando di questo?

Più Vincono, più Piangono: il Vittimismo dell’Estrema Destra
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La Destra ha appena vinto le elezioni europee, e già si è costruita una nuova occasione per mettersi a piangere.

Questa volta, stanno facendo i capricci perché (a quanto dicono) le consultazioni per le nomine all’Ue non stanno andando come vorrebbero.


La situazione è paradossale. Queste consultazioni non sono particolarmente determinanti nella vita di nessuno, e, forse, è proprio per questo che la destra è così ossessionata dal tema.

Secondo la Lega è in corso un colpo di Stato, e Meloni si rifiuta di accontentarsi del peso politico che già le è stato concesso.


Insomma, l’estrema destra ha vinto, ma purtroppo c’è sempre un misterioso “potente” a mettergli i bastoni tra le ruote. Questo tipo di retorica – cognitivamente dissonante sotto ogni punto di vista – è funzionale in una strategia politico-comunicativa ben precisa.


Non importa se il sistema ha accompagnato al potere l’estrema destra per 15 anni, sotto gli occhi di tutti e senza che nessuno li disturbasse, perché la destra ha sempre un nuovo nemico e mai abbastanza potere. È così che questa forza politica indiscutibilmente dominante ha alimentato la tensione sociale e si è mantenuta competitiva.


L’avversario è al contempo molto debole e troppo forte; gioca sporco ma in fondo è un ingenuo; controlla l’egemonia culturale, ma nessuno crede davvero a quello che dice. L’avversario ha mille facce e ogni giorno ne indossa una diversa: a volte è un riccone liberale, altre l’ultimo tra lə poverə e lə marginalizzatə; a volte si presenta come un manager “progressista”, altre come la sinistra radicale totalitaria.


La contemporaneità postmoderna che ha parcellizzato la realtà, l’ha decomposta in una trama infinita di sub-narrative, uccidendo sul nascere ogni tentativo di analisi ad ampio spettro. Trasformare la società dalle sue fondamenta è un concetto passato di moda.


È paradossale che in questi 40 anni l’estrema destra si sia mossa molto meglio di noi, nonostante abbia sempre disprezzato il postmodernismo – visto come una degenerazione elitaria, utile unicamente a manipolare la verità e tagliarla fuori dal discorso.


Insomma, la strategia dell’estrema destra ha funzionato. Quand’è che cominciamo anche noi ad appellarci all’inconscio delle persone, e troviamo un modo per mantenere alta la loro attenzione? Come possiamo convincerli che mobilitarsi con noi è il modo migliore per ritornare ad essere protagonistə del cambiamento?


La sinistra radicale deve saper incanalare questo desiderio in un’azione politica effettiva. D’altronde, in passato ci siamo riuscitə. Chi ci dice che non possiamo farlo di nuovo?

La distopia colpisce ancora

Non c'aspettavamo nulla, però porco d-

Biden vs Trump: l’Immagine di un Impero in Caduta Libera
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Li abbiamo visti tuttə i meme, i video tagliati, le parodie con l’intelligenza artificiale del dibattito tra Trump e Biden. I discorsi sconclusionati di Biden hanno permesso a Trump di caricare ancor di più la sua retorica neofascista, passando pure per quello ragionevole.

Ancora una volta i dem, che lo sappiano o meno, sono il miglior alleato nel normalizzare la repentina svolta a destra dell’intero apparato politico repubblicano.


Il confronto tra Biden e Trump è l’immagine limpida di un Impero decadente, che tra qualche anno sarà costretto a farsi da parte e cedere il trono ad altre superpotenze. Due uomini bugiardi, straricchi, vecchi e affaticati, si scontrano per la seconda volta (!) e perdono il loro tempo a parlare di golf. Giusto per farci un’idea, Clinton è più giovane di entrambi.

Ci piacerebbe accogliere questo crollo imperiale come una buona notizia, ma, purtroppo, sembra solo il primo capitolo di una nuova tragedia. Sopratutto negli Stati Uniti, il vuoto di potere è un’occasione d’oro per le potenze di destra.


È paradossale ripercorrere gli eventi che ci hanno portato a questa situazione.


Nel 2016, dopo due mandati del Presidente meno impopolare dei democratici (Barack Obama) l’opposizione interna dei dem ha mostrato le unghie ed è andata all’attacco. Il colpo finale è stato affondato nel 2020, sfociando in una messa in discussione più profonda del solito sul “bipolarismo” partitico.

Quattro anni dopo, Biden è un cadavere, i dem sono generalmente impopolari, e la Democratic National Committee (DNC) è ormai una parodia di sé stessa. Sembrerebbe un momento perfetto per costruire un’alleanza politica tra Green, Socialisti e Justice Dem. Un compromesso del genere – gestito pragmaticamente, senza fingere di andare necessariamente d’amore e d’accordo – ha il potenziale di creare un terzo polo politico, credibile agli occhi dell’opinione pubblica e finalmente di sinistra.


Invece, contro ogni logica, oggi ritroviamo i progressisti in una posizione totalmente difensiva – li ritroviamo con le mani nella merda a fare lavoro sporco per la DNC. Nessuno è riuscito a costruire una strategia politica di lungo raggio e strutture solide di larga scala e i centristi hanno manipolato la situazione appena il sistema è entrato in crisi.


Oramai, la vittoria di Trump è un fatto inevitabile. Ennesima umiliazione per i dem. Tanto vale affondare la lama nel cadavere, ed iniziare ad affrontare con armi più affilate la deriva neofascista dei repubblicani. Potrebbe essere l’occasione perfetta per far crollare su sé stesso un predominio politico epocale.


Biden ha deluso una grande parte dei suoi elettori, e uno su quattro probabilmente non lo voterà (e qui stanno i famosi ‘uncommitted voters’ che da aprile stanno tormentando la DNC).


Queste forze centrifughe possono essere indirizzate in una nuova alleanza di sinistra, un Terzo Partito supportato dal Movimento.

Per farla breve, è il momento per la sinistra americana di focalizzarsi sui Green e PSL e sfruttare il dissanguamento elettorale dei dem.

What the fuck?

Che dire, a volte certe notizie ti lasciano senza parole.

La Democrazia è il Nuovo Regime
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Secondo Giorgia Meloni, uno degli unici progetti giornalistici veramente interessanti negli ultimi anni è il simbolo di una cospirazione totalitaria.

Ancora una volta, l’estrema destra si muove agilmente nella parcellizzazione dell’opinione pubblica, a sua volta costretta a vivere in un continuo flusso di informazioni senza sintesi né contesto. Ogni cosa vuol dire tutto e anche il suo contrario.


É evidente, riguardando la sua replica a Fanpage, che Meloni è molto compiaciuta di poter sfruttare una nuova occasione per manipolare la realtà. Adesso, si lamenta, il governo imparerà da Fanpage ad infiltrarsi in tutti i partiti e spiarne le conferenze. Come se i “metodi da regime” non fossero già il sogno erotico di FdI.


Fanpage si è comportato in modo perfettamente normale, seguendo quella che dovrebbe essere una norma della democrazia: la sorveglianza civile delle Istituzioni e dei suoi rappresentanti, compresi quelli futuri.

D’altronde, se loro possono arrogarsi il diritto di sorvegliare ogni nostra mossa, perché non restituire loro il favore? Come ci dicono sempre, se non hai nulla da nascondere non hai nulla da temere.


Il potente apparato mediatico neofascista, nonostante tutto, è riuscito a trasformare l’inchiesta in un’azione di regime. Come se fosse Fanpage ad avere il potere, e non il Governo Meloni che, ricordiamolo, è fondamentalmente un Governo Berlusconi V, e raccoglie a tutti gli effetti la legacy dell’italiano più potente degli ultimi 30 anni.


La manipolazione della realtà di questo governo sta riuscendo a superare anche quella che sembrava la criptonite dell’estrema destra, ovvero quella di giocare a fare gli outsider anche dopo che le Istituzioni ti hanno spalancato la porta per il potere.

Good ending

Perché succedono anche cose belle

Colpo di Stato in Bolivia, Pt.2: lo Sciopero Generale
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Non soltanto il Golpe in Bolivia è fallito in modo spettacolare, ma il popolo boliviano ha risposto prontamente e in modo agguerrito. È stato immediatamente chiamato uno sciopero generale che ha umiliato l’esercito in ritirata.

Juan José Zuñiga potrebbe essere ricordato per sempre come il leader del colpo di Stato più vergognoso, mal coordinato e infame della storia recente.


La COB – il sindacato boliviano più importante - ha rilasciato un comunicato che si oppone all’azione militare e mette pressione alla comunità internazionale perché si affronti la questione dalla radice.


Le classi oppresse si schierano in difesa di un governo di cui, nonostante tutto, si fidano, e nel frattempo l’Impero è nel pieno di una crisi nera.

Questa è la nostra occasione per rivitalizzare il coordinamento internazionale della sinistra radicale. Ci sarà presto bisogno di colmare un’inevitabile vuoto di potere, ed è arrivato il momento di cogliere la palla al balzo.

Assange (Forse) Libero
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Come riportato da Amnesty International, Julian Assange è stato liberato su cauzione dalla prigione londinese di Belmarsh, ed è tornato nel suo Paese natio, l’Australia. I procuratori chiederanno una condanna a 62 mesi, ovvero il tempo passato da Assange in carcere.


Ogni volta che una legge viene codificata, ci rendiamo conto che è uno strumento politico, e non qualcosa di “sacro e inviolabile”. Reati presumibilmente oggettivi vengono continuamente risolti da accordi politici.


Assange, prima ancora di commettere o meno dei reati, ha attaccato il potere, ed il potere si è difeso con il suo strumento prediletto, ovvero la legge.


Julian Assange è un simbolo importante del contrattacco contro il potere, in particolare per quanto riguarda l’azione politica in sé. Grazie a lui, le tecniche più recenti ed evolute sono state sfruttate per esporre chiaramente i crimini di guerra occidentali. Questi sono solo 3 esempi della dozzina di crimini statunitensi fuoriusciti dai “leaks” di Assange.


La scarcerazione di Assange è uno spettacolo che il potere può permettersi soltanto una volta che i crimini denunciati hanno fatto il loro corso.

Siccome queste guerre hanno ormai perso il loro peso politico, il potere se ne è uscito con un teatrino intento a mostrare il suo lato umano, deforme e raccapricciante: guardate un po’ quanto è “garantista” e “umanitario” il sistema giuridico.


È anche vero, però, che non è solo lo spettacolo del potere a determinare questa scarcerazione.

Senza il duro lavoro di Movimenti, organizzazioni umanitarie e attivistə, il potere non avrebbe mai sentito la necessità di procedere con cautela, e le cose sarebbero andate diversamente fin dal principio. É giusto portarsi a casa ogni singola vittoria politica.


Il nostro prossimo passo dovrebbe essere re-imparare a maneggiare strumenti politici imprescindibili, come la Legge. Non possiamo essere l’unica forza politica che viene seriamente indebolita perché sottovaluta l’aspetto legale dello scontro di classe.


Se vogliamo conquistare terreno politico e difendere i diritti che ci siamo faticosamente conquistati, abbiamo bisogno di strutture di Movimento nuove, in grado di tutelare legalmente i whistleblowers. Abbiamo delegato per trotto tempo questa responsabilità ad organizzazioni come Amnesty, interessate più a uno sterile legalitarismo piuttosto che a una radicale trasformazione della società in cui viviamo.


Sicuramente un vantaggio su Amnesty ce l’abbiamo. Cosa porta più entusiasmo ad unə ricercatorə, specialista, o attivista: il rispetto della Legge o la convinzione che il proprio lavoro stia contribuendo a cambiare il Mondo in meglio?

Ma l’entusiasmo non basta: servono strutture sociali adeguate a compiere l’impresa necessaria.