CHI SIAMO?

Ripartiamo da 0

La0 è una collettiva digitale che punta ad amplificare la voce del Movimento che ogni giorno lotta per trasformare radicalmente la società in cui viviamo.

Oggi più che mai, è necessario farci spazio nel dibattito pubblico e raccontare le cose come stanno. Il nostro agire politico non può continuare a dipendere da un’industria dell'informazione plasmata sulle priorità del potere e dei ricchi.


La0 è un progetto indipendente che vuole sbrandizzare e ridicolizzare la facciata seria, oggettiva e imparziale dei media, sfruttando le potenzialità della rete per rivolgerci al grande pubblico.


Al tempo stesso, ci sembra necessario e urgente alimentare un’autocritica costruttiva nei confronti del Movimento, che ci aiuti ad incassare e comprendere le ultimi pesanti sconfitte per poi guardare finalmente al futuro.


Oggi è necessario costruire una nuova fase di creatività teorica, di strategie sovversive e strutture politiche di larga scala. Dopo tante delusioni politiche, dobbiamo disfarci dello spettro del fatalismo e ripartire da 0.

MANIFESTO
INTERSEZIONALE

In che senso intersezionale?

L’oppressione e lo sfruttamento influenzano la vita di ognuno di noi in modo diverso. In base alle classi sociali di cui facciamo parte, subiamo l’effetto di alcuni meccanismi specifici — come il classismo, il sessismo, il razzismo, la queerfobia e via dicendo — volti a limitare la nostra autodeterminazione e ad asservirci al sistema.


L’intersezionalità descrive cosa succede quando più di un meccanismo è in funzione contemporaneamente. Il tipo di discriminazione che ne risulta, infatti, è molto più della somma della sue parti.


Gli ambienti più radicali utilizzano questa lente teorica per riconoscere la dinamica comune da cui derivano le forme di oppressione: la divisione in classi sociali e la disuguaglianza sistemica nell’accesso a ricchezza e diritti a seconda della classe a cui si appartiene.


L’intersezionalità è probabilmente l’intuizione più interessante della sinistra radicale post-68, e ancora oggi è la bussola di riferimento del nostro agire politico.

Il senso comune implicito nella stragrande maggioranza dei Movimenti in Occidente è formato in tutto e per tutto dall’intersezionalità, ampliando l’orizzonte e il campo delle lotte ad altre soggettività oltre quella prettamente lavoratrice.


Grazie all'intersezionalità, abbiamo imparato a riconoscere delle esperienze apparentemente sconnesse come pezzi di un unico puzzle.


Questo passo in avanti, però, ci ha intrappolato in un nuovo vicolo cieco. Sempre più spesso, infatti, l’intersezionalità diventa un concetto sterile, volto alla pura analisi dei gruppi sociali più piccoli e marginali.


Per quanto sia fondamentale continuare ad esplorare i dispositivi di oppressione del sistema, conoscere le armi del nemico non serve a niente se non abbiamo una buona strategia di attacco. Questo problema è alla base del fatalismo che aleggia sui Movimenti in Occidente.


L’intersezionalità, oltre ad essere uno strumento analitico, è anche uno strumento creativo. A nostro parere, dovremmo rivolgere la nostra attenzione ai punti di interconnessione positiva tra le varie classe oppresse.


Come possiamo colpire i punti deboli di un sistema così fragile? Che pratiche è utile impiegare, in quanto soggettività oppresse e potenzialmente rivoluzionarie? Quali sono le strategie che si limitano a farci brevemente staccare la spina dal capitalismo, e quali invece quelle che lo indeboliscono a lungo termine?


Insomma, se l’analisi dei dispositivi di oppressione ha avuto le energie e le risorse che si meritava, questa è una delle due parti che compongono il puzzle dell’intersezionalità.

L’ultimo tassello è una strategia comune, coordinata, in grado di alimentare le lotte e costruire il contropotere necessario in grado di smantellare e ri-programmare il sistema in cui viviamo.

ANTICAPITALISMO
& ANTI-CLASSISMO

End Capitalism Before It Ends Us

Essere anticapitalistə significa riconoscere che il sistema in cui viviamo si basa su diseguaglianza economica e sfruttamento ed è incompatibile con la sopravvivenza della vita sulla Terra.


Il primo passo per maturare questa consapevolezza è prestare attenzione alle contraddizioni che abbiamo imparato ad accettare passivamente.


Il sistema in cui viviamo ha creato immensi contesti di povertà in mezzo alla ricchezza più sfrenata.

Ha la pretesa di mettere tutte le persone sullo stesso piano davanti alle Istituzioni, ma finisce per creare le peggiori disuguaglianze economiche e sociali mai registrate nella Storia. Ha creato l’apparato tecnologico più produttivo della Storia ed è costretto a reprimere costantemente l’abbondanza che ne viene fuori.

Infine ha creato gli strumenti per poter conoscere la natura nei suoi minimi dettagli e ha finito per consumarla in modo quasi irreversibile.


A dispetto delle idealizzazioni che ne fanno gli economisti, il capitalismo è la ricerca sfrenata del profitto. Niente di più, niente di meno.
Ciò però non basta. Essere anticapitalistə significa per noi anche rendersi conto che c’è la necessità e la possibilità sempre più concreta di dare vita ad una Transizione Economica


Oggi più che mai dobbiamo coordinarci per prendere in mano l’apparato produttivo e riprogrammarlo, per permettere a tutte le persone di godere della ricchezza comune.

ANTI-COLONIALISMO
& ANTI-IMPERIALISMO

Sì, ovviamente siamo contro l'Unione Europea.

L’Europa è la culla del colonialismo globale: ogni volta che gli europei si sono spostati da casa, hanno esportato genocidi, stermini, guerre e carestie artificiali ai danni delle popolazioni indigene.

La Rivoluzione Industriale è stata costruita sul lavoro degli schiavi indigeni. Senza la schiavitù, il capitalismo non sarebbe diventato il sistema dominante di organizzazione sociale.


Naturalmente, il colonialismo non è un fenomeno circoscritto alla Rivoluzione Industriale. L’estrazione predatoria di risorse altrui rimane uno dei principali meccanismi di stabilizzazione economica del capitalismo.

É per questa ragione che abbiamo condannato i “Paesi del Terzo Mondo” ad una spirale di debiti e di barriere economiche e sociali, intrappolandoli in un inferno economico artificiale senza via d’uscita.


L’Unione Europea si allinea in pieno con questo modello di sviluppo occidentale: fondamentalmente, si basa sullo sfruttamento di popolazioni lontane da noi.

Ogni anno, le operazioni delle Multinazionali, dell’Unione Europea e degli Stati Uniti derubano l’Africa, sottraendole un totale di 100 miliardi di dollari all’anno.


Non solo — l’Africa assorbe le conseguenze più pesanti della catastrofe climatica, e ha già perso ulteriori 36 miliardi in danni.


La Transizione Economica deve partire da una redistribuzione economica globale, che sani il nostro enorme debito con le popolazioni colonizzate. Dobbiamo eliminare ogni incentivo economico che possa portare a politiche imperialiste e predatorie.

ANTIRAZZISMO

No Justice, No Peace

Il razzismo è il sistema che assegna alle persone una razza, e dunque una posizione nella gerarchia razziale.

Questa idea non è insita nella natura umana: ha, invece, origini storiche ben precise.


Agli albori del capitalismo mercantilista, durante la tratta degli schiavi, il colonialismo europeo è riuscito a garantirsi una supremazia indiscussa sul resto del mondo. Il costo dell’operazione è stato altissimo e la razza è stata inventata per distruggerne le tracce. Da allora, il razzismo riemerge costantemente nella Storia per giustificare il predominio di un popolo su un altro.


Il razzismo si è rivelato uno strumento fondamentale per l’accumulazione del capitale. Oltre a semplificare notevolmente i meccanismi predatori e coloniali, alimenta una divisione interna alle classi economiche oppresse. La “popolazione in eccesso” – ovvero, come definita da Marx, la popolazione esclusa dalle forme di lavoro riconosciute dal capitalismo, in gran parte composta da persone razzializzate — perde gran parte del suo tempo a combattere una guerra tra poveri.


Le persone razzializzate finiscono per essere intrappolate in spirali di debiti, marginalizzazione, povertà assoluta, precarietà e discriminazioni quotidiane.


Storicamente, gli italiani sono un ottimo esempio per spiegare come funzionano i processi di razzializzazione. Il migrante italiano (soprattutto meridionale) era considerato non-bianco fino a poche generazioni fa. L’Italia si è guadagnata a pieno la bianchezza quando ha imparato a fare gli interessi degli oppressori.


Oggi noi vogliamo insabbiare gli ingranaggi di questa macchina di oppressione, e per farlo dobbiamo alimentare la spinta propulsiva nei quartieri ghettizzati, nella forza-lavoro migrante e precaria, e in generale in tutte le soggettività razzializzate.

Non esiste uguaglianza e autodeterminazione senza una totale emancipazione razziale.

ANTIFASCISMO

Quando gli scarafaggi escono dalle fogne è perchè il cadavere puzza

L’antifascismo è comunemente liquidato come una forma di resistenza inutile. Nel terzo millennio, più di 70 anni dopo la seconda guerra mondiale, che senso ha definirsi fascisti o antifascistə?


Purtroppo, il fascismo non è un evento circoscritto, con una data di nascita e una di morte, ma un fenomeno politico, regolarmente riprodotto e costantemente riproducibile. Questa definizione ce la dimentichiamo perché non l’abbiamo mai imparata, perché la storia è stata scritta da persone che nel Ventennio avrebbero supportato Mussolini.


Il fascismo, in realtà, è lo strumento più brutale di cui lo status quo dispone per difendersi dalle sue crisi esistenziali. È il braccio politico che tira fuori il pugno di ferro e rimette in riga le persone. In questo modo il fascismo riporta la società nella posizione preferita dal capitale e dall’1%: macinare profitti sulla pelle del 99%.

La maschera del capitalismo scompare per far posto al suo vero volto: un sistema reazionario, tenuto in piedi da un’ampia costellazione di strutture di oppressione.


In passato abbiamo sempre visto il fascismo come reazione ad una crisi provocata da scioperi operai e riot nelle piazze.

Oggi l’aspetto del fascismo è “postmoderno”, manipolatore della realtà e difensore di un capitalismo marcio e decadente. L’influenza del fascismo oggi è concentrata sulla piccola borghesia e sugli strati più privilegiati della classe media e di quella lavoratrice, in nome di una finta lotta di classe “contro” le élite. Addirittura, l’estetica del fascismo ha cominciato ad appropriarsi delle nostre pratiche e delle nostre retoriche.


Prima di tutto, il fascismo deve essere smascherato. La resistenza deve conquistarsi una forma di egemonia che gli permetta di esporlo per quel che è – l’asso nella manica dei servi del sistema, di chi gioca a fare il ribelle sulle spalle delle persone più deboli e oppresse.


Nelle mani dello status quo, l’antifascismo è un termine privo di significato.

Non è un caso che la Democrazia Cristiana preferisse governare con l’MSI che con il Partito Comunista. Non è un caso che oggi l’estrema destra venga “democraticamente” eletta, con il lasciapassare di istituzioni sulla carta antifasciste.


L’antifascismo non è delegabile. Solo organizzandoci politicamente dal basso possiamo costruire gli anticorpi necessari per distruggere il fascismo.

TRANSFEMMINISMO

La Luna che Muove le Maree

Quando parliamo di ‘forza lavoro’, generalmente pensiamo al lavoro salariato. D’altronde, è la forma di lavoro dominante del capitalismo ed è centrale nella riproduzione dell’intero sistema economico.


Il lavoro salariato, in realtà, è solo una faccia della medaglia, l’unica formalmente legittimata dal sistema. L’altro pilastro che assorbe il peso del capitalismo è il lavoro domestico e di cura, performato sia oggi che in passato da donne e da persone femminilizzate. Grazie a questo sotterfugio il capitalismo può permettersi di evitare i costi di riproduzione della classe operaia, ovvero lo sforzo necessario, “dietro le quinte”, che le permette di essere produttiva a lavoro.


Il transfemminismo integra questa concezione tipicamente femminista e materialista della realtà con la prospettiva queer. Il dibattito sul lavoro sessuale – performato principalmente da persone femminilizzate, queer, razzializzate e povere - è sicuramente uno dei temi più interessanti emersi da questa analisi.


La misoginia e la queerfobia minano la nostra capacità di prendere delle scelte, e dobbiamo lottare perché l’autodeterminazione sociale diventi un diritto. Solo a quel punto il lavoro di cura smetterà di essere sfruttato e mediato da vincoli patriarcali e di profitto, e potremo riprenderci il pieno controllo del nostro corpo, della nostra sessualità e del nostro genere.


In questo senso, una reale alternativa al capitalismo può dirsi completa solo se l’abbondanza di tempo, la ricchezza e le risorse di cui disponiamo vengono impiegate per elevare ogni forma di lavoro, in una rete economica e sociale di cura collettiva.

ECOLOGISMO

L'ambientalismo senza lotta di classe è solo giardinaggio

La necessità più impellente di oggi è quella di convertire la produzione in modo ecologicamente sostenibile.


Per convertire la produzione in modo sostenibile non abbiamo bisogno di smettere di produrre, o di abbandonare la tecnologia. Si tratta semplicemente di regolare il nostro ritmo di produzione sui ritmi reali di rigenerazione della Natura.

Fondamentalmente, dobbiamo smettere di sfruttare la Natura e ogni essere vivente che ci circonda.


Il capitalismo è fondamentalmente incompatibile con la sopravvivenza della vita sulla Terra. Non solo le risorse naturali vengono sfruttate, ma anche gli altri animali sono sottoposti ad una gerarchia sociale che genera mattanze brutali e causa l’estinzione di intere specie.


In altre parole, abbiamo distrutto gli equilibri spontanei che hanno permesso alla vita di riprodursi ed evolversi per miliardi di anni. ’Il risultato è un Estinzione di Massa — la sesta nella storia del nostro pianeta.


Definirsi ecologistə e anticapitalistə significa costruire nuove forme di produzione, in grado di liberare abbondanza e alimentare un rapporto di mutuo sostegno tra le necessità umane e quelle degli altri esseri viventi che condividono il Pianeta con noi.


La Transizione Ecologica non è né troppo costosa né tecnologicamente impossibile. Se non sfruttiamo l’energia rinnovabile, è soltanto perché creerebbe troppa energia.


Un solo giorno di energia solare è sufficiente per la domanda di un anno intero di energia. Nessuna istituzione che insegue il profitto vuole gestire una merce che, in quanto abbondante, non ha prezzo.

Solo delle Nuove Istituzioni, sradicate dalla logica di profitto, possono estirpare il problema una volta per tutte.


Per questo la Transizione Ecologica è il primo passo per la Transizione Economica: è il nostro trampolino di lancio per trovare la via d’uscita dal capitalismo mentre salviamo il Pianeta.

ANTIABILISMO

Ognunə secondo le sue capacità,
ognunə secondo i propri bisogni

I nostri corpi sono uno strumento indispensabile per il sistema in cui viviamo. Lo sfruttamento dellə lavoratorə sussiste solo fino a che ci sono delle persone in grado di lavorare ai ritmi imposti dal capitale.


Al contempo, la marginalizzazione è inevitabilmente destinata a danneggiare la salute psicofisica delle classi oppresse. Una persona sfruttata soffre il peso di numerose limitazioni fisiche e psicologiche, ma non può permettersi di allontanarsi dal lavoro perché farlo significherebbe perdere l’accesso a cure mediche adeguate.


Questo circolo vizioso è debilitante per chi non ha particolari necessità fisiche o mentali ed è disastroso per chi convive con una disabilità.


Il sistema medico – così come le istituzioni di sostegno sociale – si comportano esattamente come delle industrie ed agiscono secondo la logica del profitto. Disponiamo di tutte le conoscenze scientifiche e risorse pratiche necessarie per allungare la nostra vita, alleviare il nostro dolore e venire incontro alle nostre necessità, ma non lo facciamo perché un’impresa del genere non è profittevole.


La priorità del sistema è che un numero sufficiente di persone sappia lavorare. Tutti gli altri vengono confinati in una condizione di totale abbandono, dove sono costretti a impiegare tutte le loro energie nel tentativo di adattarsi ad una vita ‘produttiva’.

Se non ci riescono e non hanno la fortuna di nascere in una famiglia ricca, scivolano in una condizione di povertà estrema da cui è quasi impossibile riemergere.


Il mondo oltre il lavoro non è diverso dal lavoro stesso, e risulta in larga parte fisicamente e mentalmente inaccessibile.


La nostra lotta non può permettersi di perpetrare errori del genere. Nessuna delle barriere che rende questo mondo così ostile è necessaria, e anzi la loro stessa presenza rallenta i nostri sforzi.