Collage delle varie notizie della settimana.

Distopia in Tempo Reale: la Terza Settimana di Giugno

Collage delle varie notizie della settimana.

Distopia in Tempo Reale: la Terza Settimana di Giugno


Tempo di lettura: 15 minuti


Notizie effettivamente importanti

( Che i media mainstream se le siano cagate o meno )

Morti Sul Lavoro: un'Omicidio di Stato
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Tra giovedì e venerdì scorso, abbiamo avuto notizia di 3 persone morte sul lavoro. La notizia fa scalpore solo perché, di solito, i professionisti dell’informazione ignorano il tema. Ma in realtà il dato è in linea con la media: ogni giorno muoiono sul lavoro esattamente 3 persone.


Pensateci: ogni giorno il Capitale miete tre esseri umani, semplicemente perché si rifiuta di investire nella sicurezza e agisce secondo priorità e logiche marce, utilizzando la tecnologia prima come strumento di sorveglianza e poi (forse) come strumento di liberazione dal pericolo e dalla fatica. Se i migranti uccidessero tre persone al giorno, sia da destra che da “sinistra” starebbero già tutti prendendo le armi in mano. Se invece il responsabile è il padrone, allora non dobbiamo preoccuparci, va tutto bene.


Le morti sul lavoro, il caporalato dilagante e diffuso, la precarizzazione del lavoro e la criminalizzazione delle persone migranti sono basilari conseguenze dell’organizzazione dell’1%. Sarà forse arrivato il momento di contrattaccare?


Sicuramente, non vogliamo ignorare la manifestazione che si è tenuta ieri a Napoli. Il Movimento Migranti e Rifugiati Napoli sta attraversando un percorso all’avanguardia che è riuscito a mobilitare il precariato migrante e marginalizzato in questi ultimi anni, e le 5.000 persone scese in piazza sabato hanno dimostrato che non siamo assenti.


Al tempo stesso, la mancanza di egemonia mediatica si fa sentire: la ridicola intervista dell’assassino di Satnam Singh è passata tranquillamente sui TG, mentre non c’è traccia di una nostra conferenza stampa (se ce ne sono state in generale).


La nostra incapacità nel fare breccia nel discorso politico è enfatizzata dal solito circolo vizioso mediatico in cui cadiamo ogni volta che si parla di morti sul lavoro: le news trattano il tema per un paio di settimane, tutti i politici sono tristi e dicono un paio di frasi contro il caporalato, e poi alla terza manifestazione sono già pronti ad usare il pugno di ferro per difendere la loro amata piccola borghesia, criminale e parassitaria.


Non cadiamo nel tranello anche questa volta. I nostri avversari sono organizzati nei minimi dettagli, e noi non possiamo essere da meno.

Tensioni tra Israele e Iran
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Il primo di aprile Israele ha attaccato l’ambasciata Iraniana a Damasco; L’Iran ha risposto il 13 aprile con un’offensiva con l’obiettivo di far sprecare munizioni difensive aeree a Israele; infine, il 18 aprile Israele ha bombardato un accampamento militare. Questo è lo scenario in cui l’Unica Democrazia del Medio Oriente™ sta trascinando la comunità internazionale, mentre nel frattempo sputa sui trattati di pace in Palestina e poi dà la colpa ad Hamas per ogni ritardo.


Come al solito, la comunità internazionale ha prontamente alzato il suo ditino per fare un’osservazione. Esattamente come quando dicevano ad Israele di lasciar passare gli aiuti umanitari o di non bombardare Rafah, adesso Stati Uniti e Unione Europea annunciano a gran voce che non permetteranno che il conflitto si allarghi. A questo scopo, continueranno a fornire allo stato genocida le armi necessarie per continuare le operazioni di guerra.


La realtà è che – specialmente gli Stati Uniti – si sono incastrati tra l’incudine e il martello. Da una parte, le proteste dellə studentə hanno avuto un impatto polarizzante sull’opinione pubblica, e Biden non può permettersi di lasciare scorrere questo sterminio a piede libero; quanto meno, deve far finta di star lavorando sulla questione.

Al tempo stesso, Israele fa pressione, utilizzando il suo leverage di Stato servo degli interessi coloniali occidentali.

Il risultato è un immobilismo vergognoso, simbolo di un centro politico marcio e in putrefazione.


Anche Israele è bloccato tra l’incudine e il martello, e con le dichiarazioni recenti ci sta andando giù pesante.

Il governo si tiene insieme con lo scotch, e rimane in piedi puramente per completare l’operazione pulizia etnica della Palestina – un progetto di per sé insostenibile senza il supporto del contesto internazionale.


Il risultato di questa isteria politica sono le dichiarazioni folli di Netanyahu, che ordina al suo esercito di uccidere Hezbollah, giusto per far partire un’altra guerra nel bel mezzo di uno sterminio.


Lo schema logico che Israele usa per manipolare l’opinione pubblica occidentale non è molto diverso dalla retorica – tanto cara ai nostri governi – che ha giustificato il flusso di armi e denaro spesi nella guerra in Ucraina. “Se non fermiamo sul nascere la Russia, sarà troppo tardi quando vorrà conquistare tutta l’Europa”. “Se non fermiamo l’Iran e Hamas adesso, saremo noi la prossima vittima del fondamentalismo islamico”.


Chi l’avrebbe mai detto che lo stesso Occidente, ancora con l’elmetto addosso, avrebbe fornito ad Israele gli strumenti per giustificare politiche belliche e criminali? Non a caso, anche al G7 i vertici mondiali hanno ribadito il loro supporto ad Israele (come se poi ci fosse bisogno di confermarlo).

Insomma, tra criminali di guerra si intendono bene.

Che cazzo è il Piano Mattei?
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Forse l’abbiamo notato solo noi, ma è da mesi che il governo si sta masturbando su questo famoso “Piano Mattei”, tendenzialmente presentato come una semplice partnership tra Italia e Stati africani per “costruire la sovranità energetica italiana”.

Il pitch, come si suol dire, ci puzza. In che cosa consiste questo Piano Mattei?


Il progetto prende il nome da Enrico Mattei, il manager partigiano che è stato capo dell’Eni durante i suoi primissimi anni, dopo il 1953.

Sappiamo tutti che Eni oggi è una barzelletta, un buco nero di sussidi pubblici destinati alla Multinazionale più inquinante di tutta Italia.

Quando è nata, però, l’Eni aveva il compito di garantire la ricostruzione di un’indipendenza energetica post-bellica. Si trattava del tentativo (fallito) di uno Stato investitore ed economicamente attivo, ben lontano dallo Stato speculatore ed economicamente sottomesso che conosciamo oggi.


Il piano Mattei, dunque, dovrebbe richiamare questa lontana innovazione, e rappresentare un momento di rottura rispetto alle politiche economiche statali degli ultimi quarant’anni.

La stessa Meloni l’ha dichiarato in più interviste. “Non è un Piano di sfruttamento delle risorse africane come hanno fatto i politici precedenti”: è una semplice partnership economica.


Analizziamo dunque queste grandi innovazioni:

Il rapporto economico che si è instaurato tra Occidente e Africa nel periodo post-coloniale si basa sul controllo da remoto delle risorse africane, attraverso gli strumenti economici forniti dalla globalizzazione.

Le Multinazionali sfruttano capitale che in Europa non ha un suo spazio perché qui il margine di profitto è molto più basso; “forniscono denaro per gli investimenti”; danno due briciole ai paesi coinvolti per ringraziarli di essersi fatti sfruttare; monopolizzano terre comuni o autogestite dalle popolazioni indigene e infine vomitano i loro rifiuti tossici in zone naturali incontaminate.


Il Piano Mattei ricalca queste dinamiche perfettamente. Costruire l’impalcatura tecnica, economica e politica necessaria per una sovranità energetica in Italia costerebbe troppo relativamente alla resa. Basta spostarsi in Africa, però, e i prezzi si riducono notevolmente.

I due grandi obiettivi espliciti del progetto sono (tenetevi forte): comprare ed estrarre petrolio e gas per renderci “indipendenti” (ossia sfruttare con successo altri territori), e valorizzare la filiera produttiva italiana (talmente italiana che si produce all’estero) a partire dal caffè(!).


Per finanziare il progetto, che impegna una decina di Stati africani, l’Italia spenderà 1.7 miliardi l’anno – delle briciole, se comparate alla quantità di reddito rimessa dallə migranti in Italia verso i loro cari nel Paese d’origine.

Insomma, ci troviamo di nuovo davanti ad uno di quei famosi scambi alla pari dove un paese lontano riempie le nostre Multinazionali di energia e materie prime e in cambio riceve giusto 4 noccioline e mezzo.


Il piano evita sapientemente ogni operazione commerciale con gli Stati del Sahel, troppo poveri per rifornire le Multinazionali italiane di ciò di cui hanno bisogno. Nel frattempo, la strada delle ONG e delle Organizzazioni Umanitarie viene di nuovo esplicitamente sbarrata dal governo: da ora in poi, verranno approvati solo piani di investimento superiori al milione di euro.


Ma chi è che, dal nulla, può permettersi una cifra del genere? Soltanto le Multinazionali possono permettersi di giocare secondo queste regole. Ancora una volta, abbiamo spalancato le porte dell’Africa ai privati.

Questo Piano neocoloniale, appoggiato ovviamente anche al G7, è semplicemente l’ennesimo accordo di estrattivismo occidentale, consacrato nel nome della “sovranità energetica”.


Insomma, la “pacchia” è finita. Non solo ci arroghiamo il diritto di derubare l’Africa come e quanto ci pare, ma adesso pretendiamo pure che sopporti il trattamento con un sorriso sulle labbra.

Queste Elezioni Potrebbero Essere Davvero Decisive (Unironically)
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I rapporti di forza tra sinistra, centro ed estrema destra francesi sono cambiati. Dopo il terremoto politico delle scorse settimane, sondaggi conservatori danno l’alleanza di Le Pen al 34%, il Nuovo Fronte Popolare al 29% e Macron al 22%.

Avevamo detto nello scorso episodio che gli equilibri parlamentari e sociali dello scontro di classe in Francia sono (si spera) un’anticipazione degli equilibri politici europei del prossimo decennio.


Macron, in crisi per il trambusto che ha lui stesso causato, si è abbandonato in un’invettiva da destra contro il Nuovo Fronte Popolare. Come abbiamo detto nella scorsa puntata, è evidente che Macron sia molto più a suo agio con La Pen al potere che con la sinistra radicale.

Se dovesse essere sconfitto al primo turno, è possibile che Macron ritorni a dare indicazioni di voto a sinistra, ma sarà solo per mantenere un minimo contatto con gli elettori “base” del suo partito, che comunque sono più progressisti di lui.


Macron non vede l’ora di passare il testimone a Le Pen e scaricarle addosso ogni responsabilità politica, e se dipendesse solo dalle sue intenzioni e dalla classe sociale di ricchi che rappresenta, l’avrebbe già fatto.


Il Nuovo Fronte Popolare, dal canto suo, mostra gli artigli.

Nonostante la base del partito sia un po’ più moderata rispetto a quella degli anni passati, il progetto rimane solido, ancora in parziale rottura con l’ordine neoliberale, e l’attacco di Macron non coglie nessuno di sorpresa.

È catartico vedere una forza di sinistra in grado di determinare il dibattito politico, pronta a rispondere con le unghie e con i denti e a non lasciare un centimetro di terreno politico agli avversari. Specie se sei abituatə al clima di depressione della politica italiana.


Il futuro del Nuovo Fronte Popolare, indipendentemente dalle prossime elezioni, sta nelle loro strategie politiche e nella qualità delle mobilitazioni di massa che riusciranno a mettere in moto.

Questo confronto politico è il primo in Europa in cui le forze politiche protagoniste sono esplicitamente anti-neoliberali (chi da destra e chi di sinistra). La Francia è il primo banco di prova per l’epocale superamento dell’attuale paradigma politico-economico, dopo che per quaranta lunghi anni ha determinato l’andamento del conflitto sociale.

La Situazione nelle Prigioni è Disastrosa
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In meno di 24 ore, in 4 carceri diverse, 4 diversi detenuti si sono suicidati a causa delle condizioni disumane che dilagano nelle prigioni.


Si tratta di un’emergenza permanente che nascondiamo continuamente sotto il tappeto. Il discorso riemerge una volta ogni 3 anni, qualcuno fa uno spiegone su tutta la schifezza che viene fuori dal sistema carcerario, noi internalizziamo questo tipo di sofferenza come inevitabile, e un paio di politici ci ricorda che comunque possiamo stare tranquilli, perché queste persone “se lo meritano”.


La realtà è che il sistema carcerario è marcio dalle sue fondamenta e non è mai la priorità di nessun piano d’intervento politico. In Italia, il sovraffollamento ha raggiunto picchi del 120% (uno dei tassi più alti in Europa), ed un detenuto ha 30 volte più probabilità di tentare il suicidio rispetto ad un civile.


È questo quello che succede quando criminalizziamo reati che non dovrebbero esistere e tagliamo al minimo i costi delle infrastrutture. Ma soprattutto — e questo è il punto centrale del discorso — la crisi di questo dispositivo sociale ci dice molto sulla sua vera funzione. Le carceri non esistono per garantire la “sicurezza pubblica” o per “reintrodurre i criminali nella società”, ma piuttosto per reprimere violentemente una fetta di popolazione sistematicamente esclusa dal capitalismo.


Non è un caso che il tasso di recidiva dei detenuti arrivi al 70% — la popolazione carceraria, agli occhi della politica istituzionale, deve rimanere intrappolata in questo dispositivo politico. Altrimenti, i costi economici del sistema carcerario si alzerebbero senza nessuna buona ragione.

Abbiamo urgente bisogno di riportare il tema delle carceri sotto i riflettori. Dobbiamo cominciare a smantellare il sistema in cui viviamo con una mano, e costruire gestione alternativa della sicurezza pubblica con l’altra.

Why is it trending?

Perché stiamo ancora parlando di questo?

La Giornata Internazionale del Rifugiato
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Il 20 Giugno è la Giornata Internazionale del Rifugiato. La ricorrenza è stata istituita più di 70 anni fa, e in tutto questo tempo le condizioni che causano il fenomeno migratorio si sono solo che aggravate.

Basti pensare alla crescente disuguaglianza tra Nord Globale e Sud Globale, all’aumento esponenziale dei confini, ai conflitti sempre più asimmetrici, al land-grabbing che ha consumato quel che ci rimaneva delle nostre risorse naturali. Oltre a tutto questo, basti pensare alla Sesta Estinzione di Massa che già incombe sulle vite di moltə di noi.


Attualmente, nel mondo ci sono 43 milioni di rifugiatə, e quellə che non ce l’hanno fatta sono ancora di più: un miliardo di persone non riesce ad iniziare il viaggio verso il Nord Globale per via della fame, e decine di migliaia muoiono nel tragitto.


É dal crollo dell’Unione Sovietica, dall’abbattimento del muro di Berlino, che il potere continua a raccontarci la favoletta secondo cui i confini crollano grazie alla magia del libero mercato™.

La globalizzazione, dicevano, avrebbe abbattuto le divisioni sociali e portato ricchezza a tutte le persone.


La realtà è che oggi costruiamo progressivamente sempre più muri, e i confini non esistono solo per il capitale.

L’incredibile flessibilità dei confini dovrebbe risultarci ovvia: spalancati quando devono passare armi e merci; chiusi ermeticamente quando le persone scappano da guerra e catastrofe climatica.

In 20 anni le persone che morirono attraversando il Muro di Berlino furono 600. In 10 anni il confine del Mediterraneo ha visto quasi 30mila morti.


La Storia ricorderà questo apparato economico, politico e sociale come un grave crimine umanitario, che ha “gestito” i flussi migratori sulla base delle esigenze del capitalismo.


I confini delineano brutalmente il nostro accesso alla ricchezza, forse più di ogni altro fattore. Un lavoratorə nigerianə non specializzatə guadagna 1000 volte di più o di meno in base a dove si trova, in Europa o in Nigeria.

L’Occidente ha rubato e monopolizzato finché ha potuto, e poi ha iniziato a recintare il bottino.


Non è credibile per le Istituzioni commemorare questa giornata. Fino a quando non si parlerà seriamente di redistribuzione delle ricchezze globali e dissoluzione graduale dei confini, non prenderemo sul serio nessuno dei loro discorsi.

La distopia colpisce ancora

Non c'aspettavamo nulla, però porco d-

Ilaria Salis e il Reato di Aiutare le Persone
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La destra continua con la sua pagliacciata. In qualche modo, hanno trovato l’ennesimo torto da imputare all’unica persona che – insieme a Mimmo Lucano – sembra aver lottato politicamente senza nutrire alcun fine carrieristico.

Ilaria Salis pare avere un debito di decine di migliaia di euro con la Aler per aver occupato case e aver resistito a sfratti!

Insomma, la destra è molto più brava del centro sinistra a creare hype intorno alla figura di Salis.


Ricordiamo che, in tutto questo, la Aler ha un buco in bilancio di decine di milioni di euro – tutti soldi che si sono mangiati dall’alto, e la cui assenza mette a repentaglio la disponibilità di case popolari in Lombardia.

L’Aler, comunque, non ha alcuna urgenza di risolvere i problemi che ha causato. Anzi, addirittura trova il tempo di ostacolare lə attivistə che si rimboccano le mani e lottano per garantire il diritto alla casa (un diritto così basilare che lo cita pure la Costituzione),


La destra odia le persone povere, per cui la sua posizione rispetto a questa vicenda è chiara. Un’attivista ha occupato una casa vuota e abbandonata? Dopo aver difeso nazisti, stupratori, truffatori e infami di ogni genere, improvvisamente la linea della legalità diventa un limite invalicabile.


La risposta di Salis è stata sinceramente catartica: finalmente una persona che si rivendica le pratiche di Movimento anche dentro le Istituzioni, anche davanti all’accecante esposizione mediatica.

Come Movimento, dobbiamo saper interagire con queste figure per evitare che vengano assorbite dalle Istituzioni. Anche perchè se dovessimo fare affidamento solo sull’Alleanza Sinistra-Verdi….

What the fuck?

Che dire, a volte certe notizie ti lasciano senza parole.

La Risposta più Ridicola alle Merdate fatte da Gioventù Nazionale
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Il professionista dell’informazione Bocchino ha affermato che “mettere una telecamera dal buco della serratura è un giornalismo che non gli piace” (e sticazzi) e che “la giovanile di FdI è un Mondo meraviglioso, di giovani meravigliosi impegnati nella politica con passione in un Mondo in cui i giovani si allontanano dalla politica”.

I giornalai di destra non hanno battuto ciglio di fronte a queste dichiarazioni. Sono talmente sottomessi a questo governo che non si fanno problemi a leccare il culo ai pischelli della sua giovanile.

Un Cardinale Attacca il Papa da Destra(?)
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Carlo Maria Viganò è un cardinale spuntato fuori tra le altre notizie per aver attaccato il Papa.


Per quanto ci riguarda, gli attacchi al Papa sono sempre ben accetti, se non fosse che a questo giro il Cardinale è un fan dei partiti nazisti d’Europa, un ultra-conservatore all’interno dell’ultra-conservatrice Chiesa, e imputa a Bergoglio un presunto satanismo.


Non capita tutti i giorni vedere qualcuno attaccare il Papa da destra. Non ci resta che prendere i popcorn.

Good ending

Perché succedono anche cose belle

La Giornata di Boicottaggio dei Portuali di Genova
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Il Collettivo Autonomo dei Lavoratori Portuali (Calp) – insieme alle realtà sindacali, ai collettivi di studentə e alle organizzazioni palestinesi – ha chiamato ad un boicottaggio dello scarico merci dal porto genovese per tutta la giornata del 25 giugno.


Nel “lontano” 10 novembre, il Calp è stata la prima organizzazione della classe lavoratrice a boicottare attivamente la filiera della guerra, con l’esplicita intenzione di boicottare Israele.


Vi lasciamo il link dell’intervista fatta con Jacobin, in cui due militanti del collettivo approfondiscono l’operato delle realtà sindacali conflittuali e delle reti che stanno duramente ricostruendo dopo decenni di sconfitte.

La tensione a formulare strategie concrete di boicottaggio delle filiere produttive c’è, e non possiamo che fare i complimenti al collettivo per i suoi sforzi.