Le prime due settimane di luglio: l’Ultimo Agguato dei Centristi
Le prime due settimane di luglio: l’Ultimo Agguato dei Centristi
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Da queste ultime due settimane, possiamo dire che sono emerse delle dinamiche interessanti. Nell’ultimo episodio abbiamo parlato della caduta libera dell’Impero, di un Occidente sempre più in crisi e vittima dei suoi stessi disastri politici. Oggi, invece, il protagonista della storia è proprio la classe politica che questo Impero l’ha incarnato: il centro neoliberale.
Come abbiamo già detto nell’articolo “La Francia oltre il Neoliberismo”, il centro ormai sta crollando su sé stesso, inglobato a destra o – nel migliore dei casi – sfidato da sinistra.
Le forze politiche coinvolte nel crollo hanno reagito con la solita Isteria generale.
Macron elemosina voti nei quartieri distrutti dalle sue politiche di Austerity; il Partito Democratico Americano implode su sé stesso; in Italia il centro continua a cadere nelle trappole mediatiche dell’estrema destra; l’ultimo vertice Nato, infine, puzza di un evento che la storia ricorderà come il primo passo della Terza Guerra Mondiale.
In tutto questo, i fascisti nostrani continuano a fare merdate totalmente indisturbati, e ieri sera un ex-repubblicano ha sparato a Trump.
Per fortuna, a salvare la nostra salute mentale ci pensano lə lavoratorə in Sud Corea, che hanno proclamato uno sciopero a tempo indeterminato contro la Samsung. Le richieste sono chiare: ovviamente si rifiutano di pagare i costi dello sciopero, richiedono gli aumenti salariali e la giornata libera nel giorno della fondazione del sindacato.
( Che i media mainstream se le siano cagate o meno )
I Nuovi Report sul Genocidio in Palestina sono Agghiaccianti
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In queste due settimane sono usciti una serie di report che riportano una situazione a Gaza e in Cisgiordania ancora più grave e criminale di quella raccontata passivamente e in modo neutrale dai Media Mainstream.
I primi due report – ben riassunti da Info Submarine in questi due articoli – esaminano la violenza deliberata dell’esercito, e il sistematico blocco all’accesso di cibo, acqua ed energia.
Secondo l’ultimo report (che si rifà a delle stime conservatrici) a Gaza si contano quasi 200.000 morti tra morti dirette e indirette, il che equivale più o meno al 9% della popolazione palestinese.
Queste informazioni chiarificano ulteriormente un contesto sempre più agghiacciante. Un’intera area del Mondo sta edificando un tecno-genocidio – un apparato politico, tecnologico ed economico che ha il solo obiettivo di sterminare una parte sostanziale del popolo palestinese, sfrattando e sfruttando i sopravvisutə per poter estrarre le risorse naturali da sotto i loro piedi.
Il Capitale è talmente bravo, efficiente ed esperto ad organizzare i genocidi che ormai può permettersi di far sentire i suoi soldati liberi e indisciplinati. L’apparato mediatico di difesa di questi crimini è più forte del Diritto Internazionale che, ad oggi, si è dimostrato particolarmente inefficace.
Paradossalmente, però, un’escalation del genere è sintomo di un’instabilità ed una crisi di fondo dell’Impero Americano e del centro neoliberale. Solo l’Isteria dell’Impero può dare vita a tali forme di violenza. L’instabilità del potere va sfruttata per riempire il vuoto politico che sta generando, prima che lo facciano i fascisti in Occidente o altre superpotenze autoritarie nel Resto del Mondo.
Empatia Selettiva: Ucraina vs Palestina
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Se c’è una cosa positiva delle due guerre più discusse di questi ultimi anni è che, per via delle loro specificità, sentirne parlare nello stesso momento mostra tutta l’ipocrisia della geopolitica. Capi di Stato, Eserciti e Superpotenze cambiano il loro linguaggio a seconda di dove cadono le bombe e del colore della pelle di chi viene colpito, parlando in un caso di “valori” e “crimini terribili” e nell’altro della “dura legge della guerra”.
Nell’Est Europa è in corso una crisi da decenni, alimentata da continue terapie shock occidentali. La Russia – dopo che già nel 2014 aveva preavvertito di non toccare l’Ucraina – ha risposto con una guerra.
I media ce la raccontano come il capriccio di un leader senza scrupoli, che ha completamente perso la testa e vuole portarci alla Terza Guerra Mondiale.
Israele riceve per un giorno quello che il popolo palestinese subisce quotidianamente, e allora gli Stati hanno improvvisamente il diritto di difendersi. L’Occidente procederà allora a finanziare e difendere con le unghie e con i denti il genocidio più eclatante della Storia, il primo ad essere registrato sui social praticamente in diretta mondiale.
Quando vengono uccisi 600 bambini ucraini, denunciamo l’evento come una terribile tragedia e ci impegniamo ad evitarla con un invio massiccio di armi a difesa di un popolo sotto attacco.
Quando invece parliamo di Palestinesi, l’allarme rosso non scatta nemmeno di fronte a 15.000 bambini, morti sotto le nostre bombe per mano di uno Stato genocida. Magicamente, una tragedia del genere diventa inevitabile, anzi “sotto sotto il popolo palestinese se l’è cercata”.
L’empatia selettiva dei media occidentali ha raggiunto il suo apice questa settimana, quando un ospedale pediatrico ucraino è stato attaccato da un missile russo. Dopo aver passato mesi a riportare passivamente quasi 900 attacchi Israeliani agli ospedali palestinesi (con 31 ospedali su 36 distrutti o gravemente danneggiati), improvvisamente l’Occidente si è riunito sotto il valore dei diritti umani al primo ospedale distrutto da Putin.
Ogni politico si è affrettato a denunciare l’orrore dell’attacco, sottolineando che anche in situazioni di guerra esistono dei confini. Esattamente il contrario di ciò che accade per Israele.
La Russia dal canto suo, ha reagito esattamente come fa Israele di solito quando il Diritto Internazionale si ricorda che c’è una guerra in corso. “Non si sa chi è stato”, “stiamo investigando”, “sono stati [inserire rivale geopolitico]”, “noi non ne sappiamo nulla”. Se però lo fa la Russia, noi siamo intelligenti e non ci crediamo. Se lo fa Israele, pendiamo dalle labbra di Netanyahu.
Noi non vogliamo snobbare il popolo ucraino, al contrario. Questa guerra nasce da un’instabilità politica decennale, causata anche e soprattutto dall’Occidente, e continuarla non è negli interessi del popolo ucraino. La realtà è che alle superpotenze occidentali non interessa nè del popolo ucraino, nè di quello palestinese, nè di quello israeliano.
L’Occidente crede in un solo principio: ergere su un piedistallo la forza politica che in quel momento fa i suoi interessi, qualunque essa sia.
Nel farlo, è disposto a dare in pasto alle armi un popolo che dice a parole di difendere. È disposto a finanziare un genocidio, a chiamare i talebani “gli eroi dell’anticomunismo”, e addirittura è disposto ad orchestrare un colpo di Stato in Unione Sovietica, da cui un decennio dopo è uscito il dominio inconstrastato dell’oligarca Putin in persona, ora “acerrimo nemico”.
Il popolo ucraino non ha bisogno di Zelensky, di Biden o di nuove armi: ha bisogno di uno stop immediato alla guerra, e di aprire immediatamente delle concrete trattative di pace. E noi abbiamo bisogno di sottolineare come, continuando una guerra di cui è responsabile, l’Occidente si macchia le mani del sangue di un ulteriore popolo – quello ucraino.
Con tutte le sue contraddizioni, l’Ucraina non dovrebbe pagare sulla propria pelle i conflitti irrisolti di due superpotenze in putrefazione.
Il popolo palestinese, invece, ha bisogno di supporto internazionale, di sanzioni economiche contro Israele e di armi per difendersi dal colonizzatore.
Sicuramente, a nessuno dei due popoli fa bene assorbire l’empatia selettiva dei media, che decidono a tavolino quale vita è degna e quale no.
Che cosa sta succedendo in Francia?
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Contro ogni aspettativa, Il Nuovo Fronte Popolare ha vinto le elezioni. La coalizione ha superato di una quarantina di seggi il partito di Le Pen, che è arrivato terzo dopo la coalizione di Macron.
La sinistra ha vinto una battaglia combattuta fin da subito ad armi pari. Ha azzeccato la strategia elettorale e nei sondaggi è rimasta sempre al massimo 4-5% sotto, prima dell’exploit al secondo turno.
La battaglia è stata vinta, certo, ma la guerra è appena iniziata.
La Francia si trova ancora in una situazione di stallo, che prefigura gli equilibri politici del prossimo futuro.
Nel frattempo, sono ancora una volta le forze di centro a scatenare il vortice politico.
Macron ha scritto ai francesi una lettera strappalacrime in nome dei famosi valori repubblicani, dopo aver eroso le garanzie sociali del Paese, aperto la strada all’ascesa dell’estrema destra, infangato la sinistra durante la campagna politica, e accentrato i poteri su di sé.
Dall’interno della sua coalizione, gli unici spunti concreti arrivano da Eduard Philippe (leader di Horizons, (già primo ministro sotto Macron) che guardacaso ha dichiarato di essere uscito a cena con membri dell’estrema destra, per aprire aprire le trattative verso un governo di “centro”-destra.
La parte più radicale del NFP, invece, spinge innanzitutto per fare in modo che Macron molli la presa e affidi a loro almeno le prime consultazioni di governo.
Il partito sta spingendo per un improbabile governo di minoranza, una mossa che sicuramente mette pressione e sfrutta bene il proprio leverage in quanto prima forza politica del paese.
Il segnale è chiaro: si governa con il Nuovo Fronte Popolare solo se si ha il coraggio di attuare il suo programma. Ma, soprattutto, il Nuovo Fronte Popolare dovrebbe governare, perché è stato eletto dalle classi popolari francesi proprio nel nome del loro programma.
Se i risultati elettorali sfociano in rebus parlamentari spesso incerti, le vere alleanze – quelle che rappresentano interessi sociali convergenti – si vedono quando si vota per qualcosa che conta davvero.
In questo caso, dunque, non c’è dubbio: Macron e il RN tra di loro sono naturalmente in sintonia, e si schierano entrambi contro la sinistra.
Dalla riforma per le pensioni a quelle dei “pieni poteri” durante le rivolte delle banlieue del 2023, dalle leggi islamofobiche e contro l’immigrazione all’aumento dei poteri delle forze dell’ordine, ogni momento cruciale recente ha visto la destra ed il centro camminare a braccetto.
È questa la ragione per cui Macron, invece di agire com’è consuetudine e dare l’incarico di formare il governo alla coalizione vincente, sta cercando disperatamente di prendere tempo.
Il governo di minoranza è di fatto l’unica reale speranza della sinistra per governare, in quanto il suo programma è l’unico che rappresenta una parziale ma sostanziale rottura con l’ordine neoliberale.
Si parla di salario minimo, riduzione dell’orario lavorativo, pensioni a sessant’anni, reddito di base, politiche redistributive e lo stop alla criminalizzazione della migrazione: un programma che in confronto al piattume del centro e dei fascisti profuma di avanguardia politica.
Come avevamo detto prima delle elezioni – e ripetiamo ancora visto che l’estrema destra ne è uscita con le ossa rotte – non bisogna avere paura di stare eventualmente all’opposizione. Si sta aprendo una nuova fase politica, e l’ascesa dell’estrema destra non si bloccherà tramite dei giochini elettorali.
Dobbiamo imparare a convivere con questa nuova realtà.
Il centro sta morendo, e l’estrema destra è il nuovo nemico da battere.
Non possiamo permetterci di perdere terreno politico per la paura di non far governare una forza politica che, oggettivamente, rimane egemone. Bruciarsi adesso con un governo instabile significherebbe regalare ai fascisti un plebiscito negli anni ‘30, e sappiamo tuttə che non andrebbe a finire bene.
In questo momento, un’opposizione radicale potrebbe rivelarsi l’opzione più strategica, soprattutto se l’alternativa è un governo zoppo e raffazzonato, attaccato dai Media e dalle Multinazionali. La sinistra deve costruire legittimità attorno ad un programma politico funzionale, che per essere attuato avrà bisogno di una presenza ben più ampia in Parlamento.
Questo significa prepararsi ad opporsi, all’occorrenza, anche ai governi di estrema destra: costruire strutture in grado di fronteggiare la violenza poliziesca, organizzare la classe lavoratrice e povera perché sappia difendersi e opporsi alla mattanza sociale, coordinare le periferie e i quartieri ghettizzati contro una possibile nuova ondata di criminalizzazione, imparare ad autogestire i servizi essenziali e rispondere colpo su colpo mediaticamente.
La politica è un posto di merda, e non possiamo dimenticarcelo neanche per un secondo.
La Nato è Pronta a Trascinare il Mondo alla Terza Guerra Mondiale
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Il 10 luglio, a 75 anni dalla sua nascita, c’è stato l’ultimo vertice della Nato.
La Nato rappresenta il braccio armato dei crimini di guerra dell’Occidente dalla Guerra Fredda in poi. Ricade su di lei la responsabilità delle guerre, dei cambi di regime e delle offensive che hanno dilaniato il mondo in nome degli interessi americani.
In teoria, teoricamente la Nato è nata per tutelare gli interessi occidentali nel contesto della Guerra Fredda, e avrebbe dovuto fermare le sue operazioni una volta caduto il Blocco Sovietico. Guarda caso, però, non solo la sua funzione non è cessata, ma ha iniziato ad aumentare la sua influenza diretta proprio negli anni ‘90 con i bombardamenti all’ex Jugoslavia.
L’ultimo vertice ha semplicemente confermato la fame di guerra dell’Occidente. Anche davanti ad una morte ormai annunciata dell’Impero Statunitense – che nel frattempo ha semplicemente esaurito le energie per mantenere vive le sue manie di controllo – la Nato continuerà a macchiarsi le mani di sangue.
La scena più ridicola, in realtà, è arrivata quando gli altri 20 capi di Stato del vertice hanno bacchettato Orban per aver parlato con altri capi di Stato non appartenenti al blocco Occidentale (Corea, Russia, Cina).
Se fosse successa la stessa cosa in Cina, un leader politico rimproverato pubblicamente per aver osato dialogare con l’Occidente, ci saremmo scandalizzati e avremmo gridato tutti alla dittatura.
Le stesse cose le fanno le organizzazioni occidentali, però, che detengono davvero il potere mondiale nelle loro mani, e allora va tutto bene. Stiamo semplicemente difendendo la nostra amata, inesistente democrazia.
La sostanza uscita dalle dichiarazioni dei vari criminali di Stato non si discosta granché dal discorso politico di questi ultimi 2-3 anni.
Il popolo ucraino deve continuare a pagare sulla sua pelle la crisi geopolitica con la Russia. Zelensky, il puppet di turno, riceverà 40 miliardi di finanziamenti bellici. Questi soldi potevano essere utilizzati, ad esempio, per pagare le trattative di pace e parte della ricostruzione delle città ucraine, ma le priorità della Nato evidentemente sono altre.
Rispetto alla Palestina, questa volta alla discussione sono stati invitati anche capi di Stato Arabi (tutti tranne Hamas ovviamente, o un qualsiasi interlocutore palestinese). Non preoccupatevi però, la mossa è servita solo a lavarci la faccia. Il genocidio in Palestina continuerà a ricevere il sostegno Occidentale, sotto la guida di una fantomatica “lotta al terrorismo”.
C’è, però, anche una novità, di cui sicuramente si è parlato fin troppo poco: nel 2026 gli Stati Uniti potranno schierare in Germania i missili a lungo raggio, gli stessi che erano stati vietati in Europa durante la Guerra Fredda, così da poter mettere pressione alla Russia anche senza dover passare dall’Est Europa.
In poche parole, la Nato è disposta a consegnare l’umanità alla Terza Guerra Mondiale pur di mantenere in piedi il suo putrido Impero.
Come sempre, i capi di Stato che fino a 30 secondi fa piangevano perché non ci sono abbastanza fondi per far passare le riforme a favore delle classi popolari, magicamente non si fanno problemi di soldi quando bisogna finanziare un’operazione bellica costosissima e surreale.
Aumento delle spese militari, 40 miliardi di rifornimenti bellici per poter mandare avanti una guerra persa in partenza, reintroduzione in Germania di armi vietate durante la Guerra Fredda – questo vertice Nato è circondato da quella puzza tipica degli eventi che verranno ricordati dalla Storia come l’inizio della fine.
L’ultima volta che la Germania ha minacciato la Russia, le cose non sono andate molto bene. Ma non c’è da preoccuparsi, giusto? Abbiamo sicuramente imparato dai nostri errori.
Governo Meloni e gli Sbirri: una Storia d’Amore
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La scorsa settimana il Governo Meloni ha aumentato del 6% gli stipendi del braccio armato dello Stato.
Secondo i calcoli, il costo totale ammonta a 165 milioni di euro in più spesi dallo Stato. Ricordiamo questa è la stessa cifra che lo Stato si sarebbe fatto rubare dai “furbetti del reddito di cittadinanza” (ve lo ricordate?), ed è proprio con questa scusa che la Meloni ha eliminato l’unica riforma in vent’anni che stava effettivamente incidendo positivamente sul benessere delle persone.
Insomma, se l’effetto collaterale di una riforma pro-welfare consiste nel perdere una centinaia di milioni, si tratta di un macigno insopportabile; se è per dare un premio al braccio armato dello Stato, allora questi sono soldi spesi col sorriso sulle labbra.
È incredibile quanto l’estrema destra abbia manipolato il discorso politico. Riescono a risultare outsider e persone di potere allo stesso tempo; ribelli e amici delle forze dell’ordine; contro le élite mentre regalano ai grandi proprietari sgravi fiscali, condoni e appalti senza controlli; schierati contro “l’egemonia culturale della Sinistra” mentre rigurgitano pensieri bigotti che mettono d’accordo tutti i pensionati.
La storia d’amore tra il Governo e le Forze dell’Ordine va avanti – una coppia unita dal fascismo e rinvigorita dalle manie di grandezza.
Per fortuna, in questo momento il fascismo si sta ripresentando più come farsa che come tragedia: abbiamo ancora tempo per ribaltare le sorti del nuovo paradigma politico.
Per farlo, dobbiamo iniziare a ricostruire quel sospetto popolare nei confronti delle forze armate, di coloro che rappresentano gli interessi dello Stato. Noi non siamo lo Stato, noi non siamo l’Italia: noi siamo un popolo multiculturale fin dal 1861, e non abbiamo nulla da spartire con chi monopolizza la violenza e la esercita per farci incastrare nelle strutture del capitalismo.
Perché stiamo ancora parlando di questo?
Le Elezioni più noiose degli ultimi anni
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Il candidato più inutile di sempre ha vinto le elezioni in Inghilterra.
Col 33% del voto popolare e il 66% dei seggi parlamentari, Kerr Starmer si aggiudica la vittoria sui Conservatori.
Starmer è il centrista per definizione. Acerrimo persecutore della sinistra interna al suo partito, è capace di battere le destre solo quando crollano su loro stesse (come è effettivamente successo nel caso di questa elezione).
É stato proprio Starmer a dirigere le grandi purghe del Labor Party, che hanno portato all’espulsione dell’ala di sinistra capitanata da Jeremy Corbyn dal Partito. Ad oggi i risultati del Labor sotto la guida di Corbyn, nel 2017 e nel 2019, sono stati i migliori da un punto di vista di consensi assoluti. Solo le manovre di palazzo e una destra decisamente più agguerrita hanno impedito a Corbyn di prendere il potere.
Ma per Starmer il potere non ha bisogno di mettere nessun paletto: ci pensa già lui a rassicurare i ricconi abbandonando ogni riforma progressista promessa dal suo stesso partito.
Tutte le novità politiche portate da Corbyn e più in generale dal Movimento inglese sono state abdicate da Starmer durante la campagna politica, sostanzialmente già vinta in partenza.
La nostra proposta politica, nonostante venga bistrattata dai media, è ancora molto popolare tra le persone comuni, ma il centrosinistra è disposto ad appoggiarla solo come trovata pubblicitaria. Appena non serve raccattare voti per le elezioni il castello di carte crolla su sè stesso.
In Inghilterra ci troviamo davanti all’ultimo colpo di frusta dell’ordine neoliberale, gli ultimi spauracchi di sopravvivenza di un paradigma politico che sta crollando su sé stesso.
Negli ultimi anni dal Movimento inglese sono uscite delle ottime intuizioni politiche e teoriche, specie per quanto riguarda la lettura del paradigma contemporaneo. Dalle teorie sul lusso comune, l’abbondanza pianificata, la politicizzazione dell’automazione, a quelle sul femminismo cyborg e su un futuro post-umano, il Movimento inglese è una fucina di pensieri radicali.
A volte, però, è anche fonte di pesante autolesionismo politico.
Chissà che un ulteriore periodo di noiosità neoliberale non sia la scintilla giusta per sintetizzare queste intuizioni in un nuovo progetto politico entusiasmante, proiettato al futuro con l’obiettivo di dare il colpo di grazia al presente.
Biden e Qualsiasi Cosa Abbia Detto
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Stanno girando ovunque le clip di Biden che scambia i nomi di capi di Stato, che dice di essere la prima vicepresidente nera e simili affermazioni surreali.
Abbiamo anche visto le unghie sugli specchi dei centristi, quando in giro per Europa si sono messi a difendere una situazione indifendibile. “Non possiamo giudicare la situazione in America, non siamo americani” è stata la debolissima linea difensiva giocata da una forza politica morente.
Oltretutto – giusto perché la situazione non è ancora abbastanza surreale – la linea politica di Biden è indifendibile indipendentemente dalle sue performance psichiche.
Stiamo parlando di un Presidente che ha finito di costruire il muro di Trump, aizzato venti di guerra in giro per il Mondo e finanziato il genocidio in Palestina, alimentando l’escalation più violenta di Israele nei confronti del popolo palestinese e accompagnando l’umanità in una possibile Terza Guerra Mondiale.
Ma non solo: come non citare le Crime Bills, le deregolamentazioni alla finanza americana, i sussidi pubblici alle Multinazionali e le repressioni violente delle proteste studentesche. Questo è il suo record politico di Biden in 40 anni di carriera, ed è indistinguibile da quello dei peggiori fascisti repubblicani.
Il fatto che l’unica ragione per cui ha perso consensi e potere politico è il suo modo di parlare, dopo tutto quello che ha fatto è semplicemente fuori dal Mondo.
Intanto, tra i democratici si sviluppano teorie del complotto speculari a quelle dei MAGA. Biden, in qualche modo, sarebbe una povera vittima di una congiura.
Gli Stati Uniti, ancora più della Francia, rappresentano l’apice dell’Isteria del centro neoliberale: lo spettro di un fascista corrotto, stupratore e truffatore continua a perseguitare gente per cui la politica è “tornare alla normalità”.
Il fatto che la destra riconosca meglio di loro che “la normalità è il problema” è allarmante.
In Francia il Movimento è arrivato in forma e puntuale al momento in cui si è creato un vuoto di potere, riuscendo addirittura a strappare una prima vittoria contro la destra. In America, invece, la pressione politica della parte più moderata del Movimento è crollata proprio nel momento in cui finalmente si è presentata l’occasione giusta, dopo aver passato 4 anni (tra il 2016 e il 2020) a dare filo da torcere alla DNC.
Ad oggi, quello che rimane della legacy di Bernie Sanders è un’ennesima campagna politica dal basso assorbita dalle Istituzioni, fin dal primo momento in cui ci hanno messo piede dentro.
Come sappiamo, a volte alla Storia basta una spinta: è arrivato il momento di far collassare sù sé stesso il Partito Democratico Americano e costruire una vera alternativa di sinistra nel cuore pulsante del Capitale.
Non c'aspettavamo nulla, però porco d-
La Droga nel Cocktail: Riforma Nordio e Aeroporto Berlusconi
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I grandi giornalai – come Libero, il Giornale e il Secolo d’Italia – questa settimana hanno stampato in prima pagina la riforma che tutte le persone stavano aspettando: l’aeroporto Berlusconi.
Insomma, si tratta di una grandissima vittoria. Abbiamo dedicato l’aeroporto di Milano ad un pedofilo, truffatore, evasore e criminale sociale, autore di una serie di riforme che ancora ad oggi paralizzano la società italiana, mantenendosi capofila di tutte le privatizzazioni che sono venute e che verranno.
È questo il sogno erotico della destra: ripulire la faccia delle peggiori merde mai esistite al Mondo.
La destra sta sicuramente vincendo la battaglia strategica, ma è da un po’ che ha perso quella “creativa”. Non ci sono più grosse sparate (se non per personaggi come Salvini, che continuano invano a tentare la fortuna), o provocazioni “politicamente scorrette”. L’euforia xenofoba del 2016 si è spenta, e oggi la destra si deve normalizzare per prepararsi a ciò che è inevitabile: governare.
In questo senso, non è un caso si stia tentando di resuscitare la figura che ha gettato i semi della politica di estrema destra contemporanea. Il governo Meloni è in carica da due anni – non è più una novità, e forse non è più neanche così entusiasmante.
Certo, rimane che la battaglia strategica la stanno vincendo loro. È incredibile come il centro (da +Europa ad AVS) cada sempre nelle trappole mediatiche dei fascisti.
La destra ha messo ancora una volta la droga nel cocktail. Mentre tutti erano impegnati a scannarsi su Berlusconi, il 10 luglio la Camera ha deciso di abolire il reato di abuso d’ufficio.
È sconvolgente che nessuno sia capace di attaccare il governo, nemmeno su una riforma così esplicitamente autoritaria e fascista.
I servi del governo si sono limitati a vomitare in coro delle affermazioni confuse, e questo è bastato per far passare in sordina un’altra pagina nera della politica italiana. Il sistema mediatico è sostanzialmente incapace di far fronte al fuoco fascista.
Come al solito, l’estrema destra mostra senza vergogna la sua doppia faccia e l’ipocrisia che la caratterizza.
Se sei unə migrante, se sei finitə per strada per morosità incolpevole, se lavori o sei precariə, la legge e le procedure burocratiche vanno rispettate, soprattutto quando ledono i tuoi diritti. Addirittura le pene per queste categorie continuano ad inasprirsi. Se invece i reati li commette un uomo di potere, allora magicamente spuntano fuori nuovi condoni, e la destra se ne esce con l’abolizione dei reati d’ufficio.
Insomma, ci dice la destra, la “pacchia” è finita – a meno che tu non abbia accesso al potere. Forse si dimentica che per chi è precari*, pover* e nei quartieri ghettizzati, la “pacchia” non è mai iniziata.
Nel mondo in cui vivono i fascisti, dove chi sta oggettivamente peggio sotto sotto in realtà sta fingendo e sta meglio degli altri, è necessario ristabilire l’ordine costituito anche a costo di abusi di potere. Non sia mai che una persona povera si goda la vita.
Che dire, a volte certe notizie ti lasciano senza parole.
Hanno Sparato a Trump
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Allora, si è capito ben poco.
Sembrerebbe che una serie di eventi ravvicinati nel giro di mezz’ora abbiano definitivamente consegnato la vittoria delle presidenziali in mano a Donald Trump.
Un elettore repubblicano diventato progressista della Pennsylvania sale su un tetto. Diverse persone lo vedono ed informano le forze dell’ordine, che però non ricevono il messaggio. L’uomo spara sei volte, e tutti i proiettili fanno cilecca.
Trump ne esce con un orecchio scheggiato, mantenendo la legacy dei politici di destra semplicemente immortali di fronte agli attentati politici.
Dalla Thatcher che esce indenne da un palazzo in fiamme, a Reagan che viene salvato da un medico democratico, e a Bush e Nixon che la scampano per miracolo, anche Trump entra nell’Olimpo delle figure politiche di destra sopravvisute ad attentati.
La cosa più ripugnante è il pugno alzato da Trump appena viene allontanato dal palco, perchè ovviamente chi meglio del miliardario indebitato di New York rappresenta la classe operaia?
Forse saremo strani noi, ma dopo aver passato mesi a guardare video di bombardamenti, dell’orecchio insanguinato di Trump non ce ne frega un cazzo.
Perché succedono anche cose belle
La Classe Operaia va in Sciopero ad Oltranza: Samsung vs Lavoratorə della Corea del Sud
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La National Samsung Electronics Union (NSEU) – un sindacato della Corea del Sud nato da meno di 6 anni – estende uno sciopero che doveva inizialmente durare tre giorni, dichiarando lo stop a tempo indeterminato della produzione. È il primo grande sciopero dopo 55 anni di vuoto.
Il sindacato rappresenta 30.000 lavoratori Samsung, pari al 24% della forza-lavoro. Le sue richieste sono molto comprensibili: aumento dei salari-base del 5.6%, un giorno di vacanza garantito nel giorno della nascita del sindacato e il compenso per le perdite economiche causate dallo sciopero.
Anche in mezzo alle presunte smentite dei padroni della Samsung, la NSEU si rivendica di puntare a causare alla produzione dei danni economici, nonostante la semi-automatizzazione dei processi produttivi della Multinazionale. I leader dello sciopero riportano distruzioni e rallentamenti alla produzione e sono intenzionatə a mantenere una posizione conflittuale.
La notizia risulta particolarmente positiva, specialmente se presentata nel contesto in cui queste organizzazioni operano. Si tratta di una nazione che ha fatto dell’anti-comunismo la propria immagine, con tutte le derive fasciste del caso.
La Samsung ha fondamentalmente una posizione di monopolio in quella zona, e nel 2020 aveva più volte mantenuto condotte antisindacali. Inoltre, nella Corea del Sud c’è una lunga storia di attacchi statali nei confronti delle confederazioni sindacali, in una negazione del consolidamento delle strutture organizzative di massa del lavoro.
Insomma, stiamo parlando di un evento importantissimo: uno sciopero partecipato, ad oltranza, contro una Grandissima Multinazionale, in un contesto di parziale illegalità.
È dal 2018-2019 che lə lavoratorə stanno recuperando la legacy dei sindacati, e ormai sono tornatə ad organizzarsi per far valere ed espandere i propri diritti.
Bisogna ripartire da queste dimostrazioni di forza e coordinarci globalmente contro i parassiti di questo Mondo. Nel suo “piccolo”, possiamo dire che la classe lavoratrice sud-coreana si sta dando da fare.