Al giorno d’oggi, lo diamo quasi per scontato: il capitalismo e l’apertura di una Nazione al libero mercato portano con sé una ventata di democrazia, promuovono il rispetto per i diritti umani, e migliorano le condizioni di vita di tutti. Addirittura – vorrebbero dire, ma non possono – se la passeranno meglio anche il resto dei poveracci di merda.
In Shock Economy, Naomi Klein annienta questa retorica, distruggendola pezzo per pezzo, in modo così brillante ed esaustivo che sarete colti da un raptus omicida ogni volta che qualcuno oserà riproporre una simile stronzata.
Klein ripercorre i passi dei Chicago Boys, un gruppo di persone che ha girato il mondo nel tentativo di mettere in pratica la loro fallimentare teoria economica ultra-liberista.
Il loro obiettivo è costruire dei “laboratori reali”, e la loro strategia – esplicitata dal maestro dei Chicago Boys, Milton Friedman – è molto semplice: sfruttare delle crisi (di solito indotte artificialmente) per manipolare a colpi di Shock Economici le istituzioni economiche e politiche di un Paese.
Questi “laboratori reali” sono sempre stati costruiti da regimi autoritari e antidemocratici, che hanno violato apertamente i diritti umani e inasprito notevolmente lo sfruttamento delle classi popolari.
Ma, d’altronde, si sa: la crisi e l’impoverimento del 99% sono la fonte primaria dei profitti e della prosperità dell’1%.
La penna di Klein descrive questi criminali con una severità implacabile, giustificata da un odio deliberato nei confronti chi si è arricchito sulle spalle di interi paesi oramai disastrati.
Dobbiamo fare tesoro della storia raccontata in Shock Economy.
Conoscere le armi con cui l’avversario ha distrutto il Contropotere dal basso delle classi popolari è importante – sia in funzione difensiva, sia in vista di una strategia nuova che finalmente sia in grado di contrattaccare.