20/06/2024

Le Automobili,
Un Vecchio Ricordo

Traffico di Roma.

Un mondo sostenibile e senza traffico non è un'utopia. Non solo una mobilità diversa è completamente realizzabile, ma ci costerebbe meno di quella che esiste oggi.

20/06/2024

Le Automobili, un Vecchio Ricordo

Traffico di Roma.

Un mondo sostenibile e senza traffico non è un'utopia. Non solo una mobilità diversa è completamente realizzabile, ma ci costerebbe meno di quella che esiste oggi.


Tempo di lettura: 7 minuti

Sono le 3 del pomeriggio.


Hai da poco finito di pranzare. Ogni giorno la tua cucina intelligente seleziona per te diverse ricette sulla base dei gusti che le hai liberamente concesso di conoscere, ed oggi hai assaggiato per la prima volta un piatto delizioso. Sei riposato e di buon umore.


Stai guardando un documentario storico, ma adesso devi alzarti dal tavolo ed andare a lavorare. Non è un problema interrompere il documentario a metà – per le 7 sarai di nuovo a casa, e potrai finirlo senza che nessuno ti disturbi.


Lavori in Università, nell’ala destinata alla ricerca scientifica. Tu e la tua squadra state facendo dei grossi progressi; al momento, vi occupate di ottimizzare le strutture che utilizzano le maree per produrre energia in modo sostenibile. È un argomento che ti interessa, e che hai approfondito in Università a costo zero, per tutto il tempo che hai ritenuto necessario.


Fuori c’è il sole, e quando scendi dalla palazzina collettiva trovi lə bambinə che giocano a pallone in cortile. Un paio di abitanti sono di turno per giocare insieme a loro ed accertarsi che non si facciano male. Accanto a lui, c’è un’altra persona che conosci di vista ma di cui non ricordi il nome. Li saluti con la mano e prosegui per la tua strada.


È arrivato il momento di prendere la macchina per raggiungere l’Università. O meglio, è arrivato il momento di salire sul trasporto pubblico collettivo che è lì ad aspettarti.


In questa società, ci sono tanti modi per muoversi: c’è un bus che fa la strada veloce ma un po’ più noiosa; c’è il tram che dall’alto attraversa la città, trasformandola in un reticolo di colori che si intrecciano e si fondono intorno ai numerosissimi spazi verdi; se ti senti particolarmente socievole o hai voglia di guidare, puoi organizzarti con altre persone e prendere un'auto in car sharing; in alternativa, ogni quartiere è costellato da corsie preferenziali per i monopattini e le bici elettriche con pedalata assistita.


Oggi, come sempre, sta a te scegliere come spostarti.


Incredibile come anche viaggiare per andare a lavoro può diventare – nelle giuste condizioni – una bella esperienza.


Non sarebbe meraviglioso avere un trasporto pubblico-collettivo, efficiente e capillare? Ve li immaginate i bus accessibili, le metropolitane sopraelevate, i tram lungo il fiume? Ve le immaginate le biciclette, gli skate, i pattini, i motorini elettrici agli angoli delle strade, dalla periferia alla provincia?


Sembra un’utopia, no? Eppure è completamente realizzabile.


Anzi, non solo: una mobilità del genere ci costerebbe meno di quella che esiste oggi.

Produrre un bus a 60 posti non è 60 volte più costoso di produrre una macchina per una persona sola. Il tragitto che percorre un bus è lo stesso percorso da 60 macchine, ma il bus risparmia spazio, risparmia emissioni inquinanti, e risparmia tempo a chi rimarrebbe intrappolato nel traffico.

Inoltre, è più facile trasformare tutti i bus a benzina in bus elettrici che aspettare che le Multinazionali delle auto decidano per magia e d’improvviso di convertire ecologicamente la loro produzione.


Commettiamo un errore quando chiamiamo ‘utopico’ uno scenario non solo possibile, ma anche auspicabile e palesemente preferibile a quel che già c’è.


Se quello che abbiamo descritto sembra un sogno, è perché la realtà in cui viviamo è distopica.


Forse, passare un mese e mezzo all’anno bloccati nel traffico è distopico. Forse, preferiremmo spendere il 10% del tempo in cui non dormiamo a fare qualcosa di più interessante.

Forse, avere 60 auto diverse per trasportare cento persone diverse non è una grande idea, visto che basterebbero due o tre pullman per raggiungere lo stesso risultato.

Forse, perdere la mattinata nel traffico in macchina prima di essere sfruttato per nove ore da uno sconosciuto non è il massimo.


L’automobile è uno dei tanti mostri del capitalismo che ci siamo abituati a tollerare. La macchina, ormai, è parte di una specifica cultura, è uno Status Sociale, un chiaro indicatore della classe di cui si fa parte.


Per noi che vorremmo un Mondo fatto di Abbondanza e tempo libero, è assurdo che il nostro principale mezzo di trasporto sia così gravemente inaccessibile e inquinante. Per la società del profitto, invece, è perfettamente ragionevole.

Ne sono da prova le principali Multinazionali automobilistiche, che guadagnano decine di miliardi di dollari dal nostro insensato modo di muoverci.


La società dell’Abbondanza non appartiene ad un mondo utopico parallelo, fatto semplicemente di buoni auspici. L’incredibile apparato produttivo del capitalismo ha svelato oltre ogni dubbio il nostro enorme potenziale, eppure il Capitale reprime violentemente anche solo l’immagine dell’Abbondanza, pena il rischio di crollare su se stesso.


Vengono create continuamente merci nuove e – a detta di chi le produce – ‘innovative’, ma ormai ogni prodotto ha una data di scadenza. Il capitalismo costruisce desideri e poi decide a tavolino quando e come verranno infranti. Compra questa macchina, è di ultima generazione e inquina meno del modello precedente. Tra cinque anni, dovrai comprarne un’altra.


Sta tutto qui il fenomeno della proliferazione delle auto. La mobilità, così come ogni altro aspetto del mondo in cui viviamo, è finalizzata al profitto. In televisione passeranno sempre più pubblicità che ci chiederanno di comprare macchine sempre più costose e sempre meno durature nel tempo, e l’industria automobilistica continuerà a vendere ogni giorno le merci necessarie a garantirgli più profitti possibile. Finchè c’è un mercato, c’è speranza


Nel frattempo, la mobilità pubblica, condivisa e sostenibile viene costantemente depotenziata. Il capitalismo la inghiottisce e poi ce la risputa a dieci chilometri da casa in una versione mercificata e più debole.


L’Abbondanza è perennemente oltre la linea dell’orizzonte, ma raggiungerla è possibile. Il mare che ci separa e che dobbiamo necessariamente superare per costruire un altro mondo è il profitto.


Dunque, il primo passo nel nostro cammino è espropriare e convertire le industrie automobilistiche. Si tratterebbe di un bottino per la collettività di oltre 2 trilioni di dollari.


Solo questa radicale pretesa può permetterci vivere in città accessibili, camminabili, dove muoversi è un piacere ed una scelta sostenibile.


E se come risultato di questa conversione economica qualcuno perderà il posto di lavoro perché l’industria tossica in cui lavorava non esiste più, non c’è niente di cui preoccuparsi.

Se la transizione ecologica rende il tuo lavoro superfluo è una buona notizia: pretenderemo tuttə un reddito di base per poter vivere degnamente in una nuova era di abbondanza comune.