16/09/2024
La Prima
Metà
Di Settembre:
Una Farsa
in Loop
Le notizie delle prime due settimane di settembre.
#freepalestine
#estremadestra
- “La Storia si ripete sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa.”
Questa è una delle frasi più famose di Karl Marx, citata spesso anche da persone che con Marx hanno in comune solo la barba sfatta.
A guardarlo bene, però, questo aforisma ci dice tante cose.
Nella Storia ci sono delle dinamiche, dei processi e dei risultati che si ripetono ciclicamente, esattamente nell’ordine descritto da Marx.
La prima volta si presentano come una tragedia fuori scala, e la seconda accadono nonostante fosse possibile evitarli.
Vale per il fascismo, che appare come tragedia totalitaria e disumana agli inizi del ‘900, per poi ripresentarsi un secolo dopo – oggi – sotto forma di farsa postmoderna, vigliacca e sfacciatamente crudele.
Ma vale anche per le Guerre Mondiali, gli Imperi, le crisi sociali e tanto altro ancora.
Eppure oggi sembra di essere intrappolati in un eterno presente astorico, dove tragedia e farsa si intrecciano in una spirale infernale.
Tra il dibattito negli Stati Uniti, il divieto dell’uso dei cellulari di Valditara, le violenze di genere consumatesi in queste settimane, le leggi da Stato di Polizia, le dimissioni di Sangiuliano, i giochi di potere di Macron e la corsa al riarmo, questa prima metà di settembre è costellata di tragedie e farse.
Sembra che tutti abbiano disimparato a leggere la Storia e nessuno voglia imparare dagli errori commessi.
Possiamo dirlo a gran voce: Marx non aveva previsto che – in un sistema economico, politico e sociale in putrefazione – la tragedia e la farsa si sarebbero sintetizzate in una distopia surreale. Oggi abbiamo l’onore di osservarne i catastrofici risultati.
( Che i media mainstream se le siano cagate o meno )
Ultime Notizie dal Genocidio in Mondovisione
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La violenza sionista procede spedita verso l’anniversario dell’escalation.
La scorsa settimana, Israele ha lanciato un attacco militare alla Cisgiordania occupata, e tra le vittime c’è anche un’attivista turco-americana – Aysenur Ezgi Eygi. La morte di un’americana attira l’attenzione della Casa Bianca, che si dice “profondamente disturbata dall’accaduto” e intenzionata a pretendere spiegazioni.
Le spiegazioni, sì, arrivano, ridicole come sempre. Le riporta Fox News senza un briciolo di spirito critico: “L'IDF ha ucciso involontariamente un cittadino turco-americano durante una sommossa, Israele conferma”. Insomma, l’esercito voleva uccidere un’altra attivista, una persona non-americana. Aysenur Ezgi Eygi era semplicemente nel posto sbagliato al momento sbagliato. D’altronde, che ci fa un’attivista per i diritti umani in un territorio occupato durante un genocidio?
Questo martedì, Israele ha bombardato un campo di tende vicino Khan Younis, una delle famose “zona umanitarie”. L’esplosione si è portata via un numero imprecisato di tende (tra le 20 e le 40, secondo i testimoni) e le ha sepolte sotto la sabbia. I sopravvissuti al massacro hanno passato il resto della giornata a scavare, in cerca di corpi senza vita da riportare in superficie.
Di mercoledì, invece, le forze israeliane hanno bombardato un’altra scuola-rifugio, “uccidendo almeno 18 persone, tra cui sei membri del personale dell'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (UNRWA).”
I “cittadini” israeliani, nel frattempo, fanno quel che sanno fare meglio: si preoccupano per il destino dei loro ostaggi. I quarantamila morti palestinesi ancora non figurano tra le priorità dei cittadini dell’isola felice, che invece scendono in piazza e protestano per le cento persone che ancora non sono tornate in una casa rubata, a fare la bella vita con il sangue dellə Palestinesə.
Il resto del mondo protesta, e la politica inscatola le proteste nella cartella antisemitismo, giusto per avere un posto dove metterle e non pensarci più. A Londra, è addirittura stata lanciata “una nuova linea di autobus che aiuti gli ebrei a “sentirsi al sicuro” sui mezzi pubblici e proteggersi dal dilagante antisemitismo”.
Tra meno di un mese è il 7 Ottobre, ed il genocidio – imperterrito, inarrestato, indisturbato – continua.
Girare le Spalle alle Fiamme
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Breaking news: il famoso cambiamento climatico non è una teoria, ma un fatto che si sta perpetrando violentemente in tutto il mondo.
Il Sud America “sta vivendo la peggiore stagione di incendi boschivi degli ultimi vent'anni, con milioni di ettari bruciati in diversi Paesi”. In Brasile, il 59% del paese vive in condizioni di siccità. L’Amazzonia - che, sottolineiamo, ospita il 10% della biodiversità mondiale e un quinto dell'acqua dolce - è ridotta a delle condizioni insostenibili.
Si tratta di un’ennesima tragedia annunciata, che segue per filo e per segno le aspettative degli scienziati.
Gli incendi sudamericani sono spesso dolosi, è vero, ma non facciamoci prendere il culo. Le comunità indigene hanno utilizzato gli incendi per gestire il territorio per secoli, e non è mai successo niente. Oggi la situazione è drammaticamente diversa. Il capitalismo ha trasformato il territorio amazzonico in una bomba ad orologeria, vulnerabile come non mai ad errori ed emergenze.
Quando a bruciare è un paese lontano, possiamo fare finta che non stia succedendo niente - ed è proprio questo il punto. Non è un caso che le catastrofi peggiori avvengano quasi sempre fuori dall'Occidente.
Il capitalismo ha distrutto ecologicamente gli stessi paesi di cui ha dilaniato la vita politica e l’economia lavandosi le mani da ogni responsabilità e conseguenza.
Non possiamo dire che non ce l'aspettavamo.
Venti di Guerra sempre più Intensi
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Negli ultimi giorni, la politica estera ci ha ricordato un fatto molto importante: la guerra è – potenzialmente – alle porte.
È dalla caduta dell’Unione Sovietica che i media – ma anche l’accademia – tentano di convincerci che con la vittoria del capitalismo sarebbe arrivato il regno della libertà, della pace e della prosperità per tutti.
Si trattava solo di aspettare qualche anno.
Man mano che gli anni sono passati, questo magico regno si è fatto sempre più lontano.
Fast-forward ad oggi, a più di trent’anni di distanza da quel 1991, tutto quello che ci è rimasto è la Sesta Estinzione di Massa, una crisi economica permanente e una potenziale Terza Guerra Mondiale.
In queste prime due settimane di settembre Usa, Inghilterra e Germania (storicamente note per il loro pacifismo) hanno alimentato tutto insieme i venti di guerra di questi ultimi anni.
Si parte col botto. Gli Usa sono tornati a parlare di operazioni e basi missilistiche in Germania, da realizzare da realizzare entro il 2026 e potenzialmente in grado di arrivare fino in Russia.
Immaginatevi quale sarebbe stata la reazione dei media occidentali se la Russia avesse dichiarato di voler aprire delle basi militari in Ungheria, con l’esplicito intento di poter arrivare a colpire la Francia.
Solo in un secondo momento – quando Putin ha dichiarato che questa operazione verrebbe intesa come dichiarazione di guerra da parte della Russia – gli Stati Uniti hanno “allentato” la presa.
Un po’ umiliante essere la parte meno ragionevole di una diatriba geopolitica in cui il tuo avversario è Putin.
Dopodiché, come se non bastasse, anche la Gran Bretagna si è detta favorevole alla folle idea dei razzi che arriverebbero in Russia; in ogni caso, l’idea è quella di continuare a rifornire militarmente l’Ucraina (anche se fino al 2020 le loro armi le compravano i russi).
Questo clima geopolitico è il risultato di profondi mutamenti interni all’Impero; vedi l’ascesa dei Paesi Brics, il declino totale dell’Europa come attore geopolitico, la de-globalizzazione e il ritorno al multipolarismo.
L’egemonia statunitense è ormai la preda perfetta dei mostri politici che essa stessa ha creato (consciamente o meno).
D’altronde, dopo la Seconda Guerra Mondiale gli Stati Uniti non hanno fatto altro che farsi sconfiggere militarmente da Stati migliaia di volte più deboli. Prima o poi qualcuno dovrà pagarne il conto.
Come è naturale in grossi momenti di cambiamento, chi fino ad oggi è stato seduto sul trono non lo lascerà andare via facilmente: il vecchio potere le proverà tutte per sopravvivere, sfogando le sue violente compulsioni su qualsiasi Popolo, Nazione o Movimento che percepisce come ostacolo.
Dobbiamo costruire un nuovo Movimento Contro la Guerra che superi l’inefficacia di quello No-Global degli anni ‘90-’200 partendo da una lettura creativa di questo nuovo cambiamento geopolitico.
Macron, il Dittatore Illuminato
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Se si guarda alla Storia dell’Occidente, dal Novecento in poi sembra di essere incastrati in un loop senza fine.
I centristi vanno al potere e non mantengono le promesse; l’estrema destra cavalca l’onda di malcontento (specie se noi, invece, non siamo in grado di farlo); il centro a questo punto si autoconvince di poter manipolare l’estrema destra e ne esce travolto.
Ma perchè ci cascano sempre?
Marx diceva che la Storia si ripete due volte, la prima come tragedia la seconda come farsa. Eppure qua sembra di essere intrappolati in una sitcom violenta e depressa, uno shit-show che non fa ridere. La farsa e la tragedia si fondono in una distopia senza via d’uscita.
E anche Macron ha calpestato questa merda.
Dopo la sconfitta alle europee di giugno, il tecnocrate francese ha preso solo decisioni strategiche disastrose, alla faccia del suo famoso pragmatismo (il solito pregio che si dà ogni politico quando sa di non avere molto altro da offrire).
Per prima cosa, Macron ha chiamato le elezioni anticipate, con la ridicola speranza di portare il RN al governo e farlo “bruciare”; tempo due anni, e presumibilmente il popolo francese lo avrebbe pregato in ginocchio di tornare al potere.
O almeno così se l’è raccontato l’ego di Macron per evitare una crisi esistenziale.
Quand’è stata l’ultima volta che “farli governare” ha funzionato?
Sicuramente non in Italia (basti guardare l’accoppiata Salvini-Meloni), ma nemmeno in Germania, negli Stati Uniti con Trump, o in Inghilterra (Starmer è un fuoco di paglia, il Labour non governava da 14 anni).
L’unica cosa che succede quando si lascia governare l’estrema destra è che si rafforza lo Stato di Polizia, si indeboliscono le organizzazioni del 99% e si sposta il baricentro politico verso il baratro.
Stavolta, però, Macron è stato pure fortunato. Alla sua sinistra, il Nuovo Fronte Popolare è stato pronto a mettere una pezza al suo mastodontico errore strategico, attraverso una faticosa strategia di desistenza.
Il tentativo ha funzionato talmente bene, che i piani folli del Re di Francia si sono vanificati sotto i suoi occhi.
A questo punto, Macron volta le spalle alla fazione politica che l’ha salvato dalla catastrofe, rifiutando ogni nome proposto dalla sinistra radicale. Nel frattempo, la sua coalizione va a cena coi fascisti del Rassemblement National e discute d'amore e d'accordo su una possibile alleanza di governo.
Poi arrivano le Olimpiadi, e il Presidente prende tempo. I primi giorni di settembre le cose cominciano a muoversi, e Macron incarica Michel Barnier di formare un governo.
Per puro caso, è capitato che il candidato scelto da Macron fosse relitto politico di 972 anni, un tecnocrate di destra dell’Unione Europea e un esponente del partito Repubblicano, arrivato solo quarto alle elezioni.
Ancora più casualmente, dopo una campagna elettorale infuocata, l’estrema destra ha deciso improvvisamente di abbassare la cresta e raffreddare gli animi; su questa scelta sanno solo dare dichiarazioni ambigue, e per garantirsi la fiducia al governo sono disposti ad andare al ribasso rispetto alle loro richieste originali.
Questa ricostruzione degli eventi fa un effetto un po’ diverso rispetto alla storiella che ci hanno raccontato i Media, secondo cui un Macron isolato starebbe cercando di difendere la Repubblica dalle minacce dell’estremismo di destra e sinistra.
Il Centro e la Destra, come al solito, finiscono sempre per allearsi insieme contro la Sinistra - l’unica forza realmente anti-sistema, l’unica capace di opporsi seriamente allo strapotere dei ricchi, alle folli logiche del profitto e alla distruzione ambientale.
Macron sta giocando a fare il Dittatore Illuminato, e ne sta già pagando le conseguenze.
La France Insoumise (partito leader della coalizione di sinistra radicale del Nuovo Fronte Popolare) ha indetto e co-diretto più di 150 scioperi e manifestazioni a macchia in tutto il Paese.
Il pericolo, alla fine della fiera, arriva dai Socialisti. Nella composizione dell’Assemblea Nazionale, infatti, o il governo si allarga verso il centro, (alleandosi con i Socialisti) oppure si allarga verso destra (alleandosi con il partito di Le Pen e Bardella).
In ogni caso la situazione rimane sempre la stessa: ancora una volta, la sinistra radicale viene tenuta lontana dal potere attraverso mezzi autoritari e illiberali – alla faccia di chi si sciacqua la bocca di Stato di Diritto e Democrazia.
Le Carceri Scoppiano
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Basta solo leggere le prime 4-5 pagine del Dossier “Le Prigioni Scoppiano” (scritto dall’organizzazione Antigone) per rendersi conto di quali siano i problemi strutturali del sistema penale italiano.
Abbiamo già parlato di questo tema negli episodi precedenti, ma, dopo un’estate di rivolte e repressioni carcerarie, forse è arrivato il momento di fare un po’ di chiarezza.
Giusto per citare qualche dato del Dossier di Antigone:
- • 151 prigioni su 190 sono sovraffollate
- • 56 di queste registrano dei tassi di sovraffollamento oltre il 150%
- • In un solo anno, le prigioni si sono riempite di 4.000 nuovi detenuti
- • Negli ultimi 8 anni, il tasso di recidività è aumentato sensibilmente
Ora, a noi sembra molto improbabile che tutto questo si sia verificato perché di punto in bianco le persone sono diventate più violente, o perché si sono messe a fare migliaia di scelte sbagliate contemporaneamente.
Quello delle carceri è un problema politico di estrema importanza.
E si sa, a problemi estremi, estrema sinistra.
È evidente: una situazione del genere è la conseguenza del ritorno allo Stato di Polizia che si sta verificando negli ultimi anni.
Aumento della severità della legge, introduzione di nuovi reati, abbandono sociale delle persone ex-detenute, aumento delle disuguaglianze sociali e della povertà – sono queste le cause profonde della crisi del sistema penitenziario italiano.
Le rivolte e le evasioni di quest’estate sono ampiamente giustificate. E forse – al contrario di come ha fatto Fanpage – i Media dovrebbero smettere di parlare con i Sindacati di Polizia per informarsi sulle rivolte, ed iniziare ad intervistare lə detenutə e le loro organizzazioni rappresentative.
La modalità con cui gestiamo la “devianza sociale" è semplicemente antiquata, e i Movimenti sociali degli anni ‘70-’80 già lo sapevano.
Le prigioni non sono l’unico modo di occuparsi del problema.
È arrivato il momento che a sinistra si propongano delle soluzioni concrete, in grado di far digerire al grande pubblico la nostra critica allo Status Quo nello stesso momento in cui lo cambiamo.
Bisogna spingere quantomeno per introdurre una nuova riforma delle prigioni, e cercare in tutti i modi di dettarne le linee guida. È l’unico modo che abbiamo per aprire quella breccia da cui possono nascere le grandi trasformazioni sociali.
Perché stiamo ancora parlando di questo?
Gli Stati Uniti e la Scelta del “Meno Peggio”
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La nazione più potente al mondo sta per eleggere il suo nuovo presidente. Attraverso il voto, il popolo avrà la possibilità di selezionare il candidato migliore, la figura più adatta a ricoprire un ruolo così importante.
Si tratta di una scelta non facile, una dichiarazione d’intenti che (così ci dicono) influenzerà le vite dellə americanə per i prossimi quattro anni. Da più di un secolo, però, questa scelta è diventata un Aut-Aut.
Quale tra questi due candidati preferisci?
Uno stupratore conclamato, incoerente e sopra le righe, incapace di accettare un “no” come risposta, disposto a manipolare il risultato delle elezioni con la violenza (e comunque perdere); un miliardario viziato, pappa e ciccia con svariati dittatori, una persona così evidentemente pericolosa e fascista da essere stata bannata da tutti i social media – oppure preferite una donna che ha tenuto in carcere i suoi prigionieri oltre la loro sentenza per sfruttare a costo zero il loro lavoro, una politica eletta da nessuno, storicamente impopolare (anche più di Biden!), che dopo aver finanziato un genocidio per anni – e anzi mentre continua a finanziarlo – ha il coraggio di fare la paternale a chi protesta?
Bella democrazia, quella dove una domanda a crocette ti consente (forse) di scegliere il metodo con cui ti uccideranno. Le policy di Donald Trump e Kamala Harris sono le stesse. L’unica differenza è che ricercano il consenso di gruppi leggermente diversi, e ad Harris fa comodo sbandierare un finto interesse per i diritti umani durante la campagna elettorale.
Questa settimana Trump e Harris hanno tenuto il loro primo dibattito televisivo. Il contenuto è piuttosto ripetitivo, salvo per la crudeltà incoerente e spudorata di Trump che a volte ancora ci fa sgranare gli occhi. “Operazioni transgender su alieni clandestini” a parte, la dinamica tra Trump e Harris è deprimente.
L’intero dibattito è andato più o meno così:
- TRUMP: Kamala Harris è una comunista pazza e con lei presidente questo paese diventerebbe un posto marxista gay transgender anti-americano. Le fanno schifo le mie policy contro i poveri e adora gli immigrati.
- HARRIS: Questo non è vero. Io ho sempre appoggiato le policy contro i poveri e supporto chi odia gli immigrati. Però a differenza di Donald Trump provo pietà mentre lo faccio. E soprattutto non sono Hitler.
E non stiamo neanche esagerando. Giusto per fare un paio di esempi dal dibattito:
- Trump: [Harris] odia Israele. Se sarà presidente, credo che Israele non esisterà più entro due anni. E sono stato abbastanza bravo nelle previsioni. Spero di sbagliarmi su questo punto. Odia Israele.
- Harris: Questo non è assolutamente vero. Per tutta la mia carriera e la mia vita ho sostenuto Israele e il popolo israeliano.
E ancora,
- Moderatore: Vice Presidente Harris, nella sua ultima corsa alla presidenza ha dichiarato di voler vietare il fracking [N.d.a., con “fracking” si intende l’estrazione intensiva di gas naturali]. Ora non è più così. [...] Ha sostenuto la depenalizzazione degli attraversamenti di frontiera. Ora ha adottato una linea più dura. So che lei dice che i suoi valori non sono cambiati. Allora perché sono cambiate molte delle sue posizioni politiche?
- Harris: I miei valori non sono cambiati. [...] In particolare, parliamo di fracking perché siamo qui in Pennsylvania. L'ho detto chiaramente nel 2020. Non vieterò il fracking. Non ho vietato il fracking come vicepresidente degli Stati Uniti. E, di fatto, sono stato il voto di spareggio sull'Inflation Reduction Act, che ha aperto nuove licenze per il fracking.
Vi consigliamo di scorrere la trascrizione del dibattito se volete farvi due risate, così giusto per non piangere.
A quanto pare, queste sono le scelte della “democrazia” più potente al mondo. Come faranno a fermare con il voto l’esecuzione di un genocidio che sia Harris che Trump sono intenzionati a finanziare?
Noi sicuramente rimarremo in ascolto, sperando che il miracolo della civilizzazione ci ammazzi per ultimi, in fila per l’ennesima scelta-non-scelta elettorale.
I Famosi Rischi del Mestiere
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Una settimana fa, una donna di 65 anni è stata derubata. La signora, proprietaria di uno stabilimento balneare a Viareggio, ha ceduto la borsa ad un uomo algerino di 47 anni dopo essere stata minacciata con un coltello.
Fin qui, la storia è triste ma non eccezionale. Davvero è così strano che in un paese xenofobo e razzista un immigrato si ritrovi a derubare i passanti per raccimolare un po’ di soldi? Da una parte ci spiace per lo spavento, dall’altra perdere il portafoglio non dovrebbe essere un problema insormontabile per la proprietaria di uno stabilimento balneare.
Cinzia del Pino, però, questo furto l’ha vissuto in modo particolarmente intenso. Dopo essere tornata sul suo suv, si è diretta immediatamente contro il ladro e l’ha investito; non contenta, è passata tre volte sul suo corpo inerme.
Alla signora è stata negata la sua proprietà privata, e lei ha pensato bene di farsi giustizia da sola. Una volta aver neutralizzato il problema, del Pino è scesa dal suv e si è ripresa la sua borsetta. Poi è salita di nuovo sulla sua macchina, e se ne è andata. Come se non fosse successo niente.
Salvini ha commentato questa notizia esattamente come ce lo aspettavamo. “La morte di una persona è sempre una tragedia,” ha scritto in un post sui social. “[Ma] se non fosse stato un delinquente non sarebbe finita così”.
Uomo avvisato, mezzo salvato: che nessuno si azzardi a rubare per sopravvivere ad un paese razzista. Riconosciamo tutti che la morte è una punizione un po’ eccessiva, ma rimane lo stesso una reazione accettabile.
Valditara Risolve il Vero Problema delle Scuole
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È cominciato un nuovo anno scolastico, e anche questa volta si porta dietro delle novità totalmente inutili.
La situazione è questa: i programmi scolastici sono indietro di decenni, l'educazione scolastica è rigida e insoddisfacente, e i continui tagli all'istruzione pubblica hanno ridotto all'osso un'istituzione già in difficoltà. Lə ragazzə sono comprensibilmente annoiatə, frustratə dalla precarietà economica che li aspetta dopo gli studi, disillusə da un sistema che ci sta rubando il futuro.
Il Ministro Valditara, di fronte a tutto questo, ha deciso che la cosa migliore da fare fosse requisire tutti i cellulari. Invece di aprire i social per distrarsi, ora lə studentə si dovranno inventare qualcos'altro per non addormentarsi nel mezzo delle lezioni.
Insieme al divieto di utilizzare il cellulare, il ministro ha reintrodotto l'uso del diario cartaceo. Ci inchiniamo di fronte a questa genialata rivoluzionaria, che sicuramente rivolterà come un calzino il modo in cui crescono i giovani.
La disattenzione e la noia non sono un capriccio delle nuove generazioni, ma il sintomo di un sistema scolastico vecchio, incapace di fare i conti con il presente.
Lo dimostra il clamoroso fallimento del liceo Made in Italy, lo dimostrano i ragazzi morti in alternanza scuola lavoro, e lo dimostra anche il quattordicenne che si guarda le partite di calcio durante le lezioni di matematica.
La disciplina sterile non serve ad un cazzo. Volete che lə studentə vi ascoltino? Cominciate a dire qualcosa di interessante, e poi - e solo poi - potremo riparlarne.
Il Caso Sangiuliano
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Qual è l’emozione che si libera quando un ministro viene intervistato quasi in lacrime?
C’è sicuramente della pura goduria nel vedere un servetto dell’oligarchia distrutto dal suo stesso sporco lavoro; della rabbia, nel vedere le persone che empatizzano con tali soggetti; e poi qualcos’altro, di cui forse però non ci rendiamo conto.
Più guardavamo il video di scuse di Sangiuliano, più il mood si faceva tetro.
D’un tratto abbiamo capito: si trattava della frustrazione.
Per forza. Immaginate di passare due anni a fare militanza intensa e costante, e scoprire che nulla è davvero cambiato grazie alla vostra attività politica.
Abbiamo dichiarato guerra a questo governo fin dalla sua nascita, eppure il Movimento in Italia è talmente insignificante che alla fine la dichiarazione è arrivata a Palazzo Chigi nella cartella “spam”.
Nessuna scelta politica è stata modificata per la nostra pressione politica dal basso, nessun membro di questo governo liberal-fascista si è mai sentito minacciato o ha avuto paura di perdere il lavoro.
Poi arriva Maria Rosaria Boccia, mai vista nelle assemblee – neanche quelle di Non Una di Meno – e in 3 secondi il Ministro della Cultura è sotto scacco, ricattabile in 2 tweet e mezzo.
Sì, siamo frustratə. Come cazzo è possibile che noi non otteniamo mai niente – nonostante tutte le energie impiegate per organizzare le piazze, tutti i soldi spesi per i materiali e tutti i rischi legati agli scontri con la polizia – mentre la prima femme fatale che vuole un quarto d’ora di fama riesce ad avere magicamente il Governo ai suoi piedi?
Quel che è peggio, lo scandalo pone un precedente disgustoso: i ministri che hanno svenduto patrimonio pubblico ed hanno esacerbato la crisi del 2008, totalmente incuranti delle conquiste operaie e di ogni diritto umano, continuano imperterriti con il loro lavoro; la linea tra poltrona e dimissioni viene invece tracciata con successo da uno scandalo sessuale in cui forse ci sono coinvolti una manciata di migliaia di soldi pubblici, una cifra imparagonabile a quella rubata dalle politiche di Austerity degli ultimi decenni.
Purtroppo, però, non c’è neanche il tempo di digerire la frustrazione che dobbiamo subito passare all’incazzatura: a prendere il posto del ministro playboy ci è capitato Alessandro Giuli, probabilmente una delle peggiori persone sulla faccia della Terra.
Alessandro Giuli ha iniziato la sua carriera politica nell’organizzazione fascista “Meridiano Zero”, scissione anti-americana della Gioventù Nazionale romana. Ad oggi, Giuli afferma di “credere nella Costituzione” e nell’atlantismo, così come ogni altro politico mid.
Come sempre, appena si fiuta un posto in poltrona, i fascisti buttano nel cesso ogni traccia del loro finto ribellismo. Per fortuna che loro ci tengono agli ideali…
Questo governo anti-sistema, contro il potere e le narrazioni dominanti, ha trovato in Alessandro Giuli esattamente l’outsider che ci si aspetta: dagli anni 2000 al 2010, Giuli ha scritto praticamente per qualsiasi giornale di centro/centro-destra e la sua faccia sbuca fuori come prezzemolo in ogni trasmissione politica.
Addirittura, Giuli ha scritto per Med-or, una Fondazione di “attività culturali” creata a tavolino dalla Multinazionale bellica “Leonardo spa”.
C’è da dire però che Alessandro non si tira indietro e non rinnega le sue origini fasciste. Sono un liberale!, ha dichiarato non appena entrato dalla porta. Lo sapevamo già Ale, ma grazie per avercelo confermato.
- “Ho visto al ministero un liberale e un fascio ma non eran due”
Non ci aspettavamo nulla, però porco d-
La Cittadinanza è un Pezzo di Carta
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Cosa significa avere la cittadinanza italiana?
A livello pratico, molte cose. Significa avere libertà di viaggio e soggiorno nell’Unione Europea, significa poter andare a votare e avere la possibilità di far politica; significa avere accesso al mercato del lavoro europeo e a benefici sociali e sanitari; significa che la tua famiglia può ottenere dei visti per venirti a trovare, e soprattutto significa vivere nella sicurezza legale. In poche parole, chi ha la cittadinanza è Italianə anche agli occhi della legge, e dunque ha il diritto di vivere in Italia.
Stando a quanto dicono i nostri politici, la cittadinanza italiana è una metafora, un titolo ereditario, il simbolo di una tradizione implicita.
La classe dirigente ha preso una scelta nel lontano 1992 e poi non ci ha pensato più. Gli italiani sono figli di italiani, punto.
Il nipote di Mario Rossi, nato e cresciuto negli USA, è un cittadino del nostro paese e può votare. Invece, le persone nate in Italia da genitori stranieri semplicemente non ce l’hanno nel sangue.
Non staremo qui a dilungarci su tutte le pratiche burocratiche necessarie per avere accesso alla cittadinanza, ma basti sapere che percorsi del genere sono totalmente arbitrari. Riportiamo uno schema riassuntivo utile pubblicato da Essere Nero e Dalla Parte Gusta della Storia:
In queste settimane, la politica italiana è tornata a discutere di cittadinanza. Si è parlato dello Ius scholae, che consentirebbe a minori figli di immigrati di diventare cittadini dopo dieci anni di scuola. Si è parlato di un referendum, e si è parlato di uno Ius Soli “calmierato”.
Alla fine, ogni proposta è stata vana. L’Aula della Camera ha bocciato tutti gli emendamenti delle opposizioni sulla modifica della legge sulla cittadinanza.
Forza Italia ha ovviamente voltato le spalle al progetto, nonostante le recenti dichiarazioni di Tajani che si diceva favorevole ad un'apertura. La Lega, invece, continua a spada tratta a fare muro, in nome di una fantomatica sicurezza.
Nel frattempo, al largo delle coste della Libia continuano i naufragi. Ce ne sono stati due in meno di 24 ore, nel silenzio generale di un’Italia respingente, velenosa, che punisce chi qui cerca di salvarsi.
I diritti non sono un bene finito. C'è cibo per tuttə, ci sono case per tuttə: è possibile costruire una società basata sulla garanzia di diritti economici e sociali.
Se gli italiani bianchi hanno paura di essere “sostituiti”, è perché hanno preso per buona la scarsità artificiale costruita dal sistema. La guerra tra poveri è una farsa progettata per distrarci dal nostro vero nemico.
Nelle bocche dei nostri politici, la cittadinanza è un contenitore vuoto. Significa tutto e niente in base alla giornata. Nella vita reale, però, le persone muoiono perché non possono spostarsi liberamente, perché vengono cacciate senza motivo, perchè non hanno la residenza e quindi non possono cercare un lavoro e quindi non possono avere una residenza.
La cittadinanza è un pezzo di carta dietro a cui stanno dei diritti fondamentali per una vita dignitosa. In quanto tale, va pretesa.
Un Altro Giorno, un’Altra Sparatoria
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Notizie dagli Stati Uniti: la scorsa settimana c'è stato un ennesimo school shooting, il 46esimo dell’anno.
Questa volta, il colpevole è un ragazzo di quattordici anni, che già l’anno scorso era stato interrogato dalla polizia dopo aver destato i primi sospetti. Sembrerebbe che suo padre gli abbia regalato una pistola per Natale. Le sue intenzioni erano così chiare che la mattina della sparatoria già faceva riferimento a quel che sarebbe successo. Sua madre ha ricevuto una mail da un insegnante in classe con lui, e poi ha chiamato la scuola per avvertire del pericolo.
Con una semplice ricerca Google è possibile scoprire molto di più sulla vita personale di questo ragazzo, ma per quanto ci riguarda le informazioni che abbiamo citato bastano e avanzano.
Questa sparatoria è un’ennesima strage preannunciata. Da almeno un anno, la polizia, gli insegnanti e la famiglia erano al corrente del pericolo. Eppure nulla è stato fatto per prevenire il disastro.
Negli Stati Uniti, c'è una specifica parte della popolazione che ha il pieno monopolio delle armi e della violenza. Se una vetrina si rompe durante una protesta, il paese si ferma per gridare allo scandalo. Il 46esimo school shooting in nove mesi, invece, è semplicemente una fase naturale di una routine da tempo normalizzata: si parlerà per un po’ di una policy che regoli il possesso delle armi e poi non se ne farà niente; qualcuno si metterà a parlare a sproposito di salute mentale, e nessuna altra alternativa emergerà dal tumulto.
Se il problema fosse il possesso delle armi in sé, negli Stati Uniti ci sarebbe una guerriglia aperta e la possibilità di prendere delle parti. Sarà forse un caso, invece, che le sparatorie avvengano principalmente nelle scuole, nei club gay e nelle moschee? Sarà forse un caso che i volti di chi tiene in mano la pistola si assomigliano tra di loro e sono motivati dalle stesse ideologie?
Non facciamoci prendere in giro: la prima riforma sul possesso delle armi è stata introdotta da due repubblicani (Nixon e Reagan) per impedire alle comunità nere di difendersi.
I Frutti del Patriarcato
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Non è facile riportare notizie di cronaca nera.
Questa settimana, un ragazzo gay si è suicidato a Palermo. Ha lasciato al compagno una lettera di coming out. Vedi quanto odio c’è in questo mondo? scrive. Vi chiedo scusa se non sono riuscito ad amare una donna né ad amare bene un uomo per via della mia paura.
La scorsa settimana, la maratoneta Rebecca Cheptegei è stata uccisa dal compagno, che le ha dato fuoco di fronte ai suoi figli.
Nel frattempo, una signora francese, Gisèle Pelicot, ha raccontato la sua esperienza ad un processo pubblico al tribunale di Avignone. La donna ha 72 anni, e durante il suo matrimonio veniva regolarmente drogata da suo marito.
Dopo anni di confusione e vuoti di memoria, ha scoperto di aver subito circa 200 stupri da 50 uomini diversi.
Cosa fare di fronte a notizie del genere? L’omofobia e la violenza di genere – così come quella razzista, abilista e via dicendo – si perpetuano ogni giorno, e mietono continuamente vittime di cui non sapremo mai il nome.
Per una serie infinita di circostanze, alcune vittime fanno più scalpore di altre. I telegiornali riportano le singole esperienze come dati di fatto, tragedie occasionali perpetuate da mele marce.
Nel frattempo, un deputato della Lega presenta una risoluzione alla Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera dei Deputati. La sua richiesta è semplice: in un paese dove ancora non esiste una legge contro l’omofobia, Rossano Sasso chiede al Governo italiano di “escludere l’insegnamento di qualsiasi contenuto legato alla cosiddetta “ideologia gender” nelle scuole”. La risoluzione è stata approvata nonostante le sparute proteste.
Temi del genere entrano nel discorso pubblico a cose fatte, per essere commentati da giornalai ignoranti e per indignare il grande pubblico.
La violenza subita da Rebecca Cheptegei, Gisèle Pelicot e dal ragazzo di Palermo non può essere ricercata soltanto retroattivamente, come se dipendesse dai comportamenti dei singoli. Se vogliamo una soluzione radicale al problema della violenza patriarcale, dobbiamo allargare lo sguardo ed affrontarlo alla radice.
Invece che nelle vicende personali degli individui, dovremmo ricercare il patriarcato oggi, nelle scuole e nei Parlamenti, nelle aule di tribunale e nelle strade delle nostre città.
Non possiamo salvare chi già ha sofferto. Ma in tantə chiedono il nostro aiuto adesso. Fuori dalle emergenze, indipendentemente dalle notizie in televisione – noi cosa stiamo facendo per rispondere?
Il Ddl 1660 è un’Opportunità?
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Il Governo Meloni sta dando un’accelerata pesante ad un processo in atto ormai da quasi 30 anni, ovvero la ricostituzione di uno Stato di Polizia.
Il ddl 1660, pronto ad essere approvato in Aula domani, aumenterebbe del 600% le pene per i reati di resistenza a pubblico ufficiale e per azioni dirette di conflitto sociale (come ad esempio il blocco stradale, sulla scia delle polemiche alle proteste à la Ultima Generazione).
Ma non solo: ai reati di occupazione delle case vuote e sfitte è stato aggiunto l’aggravante di “istigazione alla disobbedienza delle leggi”, le pene per possesso di stupefacenti si sono inasprite, ed è stato fatto un passo indietro persino sulla cannabis light.
Per concludere in bellezza, questo ddl fa dei regali allucinanti alle forze armate, arrivando ad autorizzare il possesso di armi anche non registrate – anche non in servizio(!) – tra gli agenti di polizia.
Insomma, Meloni vuole continuare a tagliare le gambe a Movimenti che lottano per diritti che dovrebbero essere garantiti, diritti talmente basilari che li garantisce pure una Costituzione liberale come la nostra.
Se in passato il fascismo è stata una tragedia perché aveva a che fare con dei Movimenti Operai che sembravano inarrestabili, oggi lo Stato di Polizia è una farsa; ormai, le strategie odierne di lotta dal basso non portano a nessun risultato.
La classe dirigente non è più abituata a scontrarsi davvero con un Contropotere ben organizzato, capace di costruire conflitto e consenso su larga scala.
Se i blocchi stradali di Ultima Generazione preoccupano il governo e risultano “pericolosi”, immaginate cosa potrebbero fare degli scioperi generali e delle manifestazioni ben coordinate.
Forse potremmo davvero trarre vantaggio da questa mossa del Governo Meloni. Il potere criminalizza le tattiche contemporanee di protesta, sì, ma questo è solo un motivo in più per reinventare nuove strategie sovversive e ricostruire una progettualità di Movimento a lunga gittata.
Che dire, a volte certe notizie ti lasciano senza parole.
Grazie Occidente!
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Per una volta facciamo i seri. In questo articolo, vogliamo far luce su un fatto importante, fin troppo spesso ignorato da un sistema mediatico che ha paura di dire la verità.
Oggi, noi ci schieriamo dalla parte degli oppressi, di tutti coloro la cui voce non viene mai ascoltata. Si tratta di una fazione sfruttata e discriminata, delle persone più povere, pacifiche e oneste sulla faccia della Terra.
Ebbene sì, stiamo proprio parlando dell’Occidente. Oggi ci schieriamo con Rampini, un vero esempio di onestà intellettuale e di giornalismo al servizio delle persone, una persona che quando c’è da attaccare il potere mantiene sempre la schiena dritta. Lui sì che va controcorrente, lui sì che è coraggioso.
Lungi da noi pensare che Rampini parli dall’alto di una bolla di cristallo, che lo fa vivere in una realtà parallela, di fantasia. Un’affermazione del genere è praticamente impensabile.
Lui si che ha il coraggio di dire “Grazie Occidente!”, ed anzi era ora che qualcuno lo facesse! Quand’è stata l’ultima volta che un giornale ha preso le parti dell’Occidente in politica estera? La dittatura del politicamente corretto ha impedito con violenza simili esternazioni.
Con questo articolo, noi oggi vogliamo onorare la legacy occidentale.
Grazie Occidente, per aver causato tutte le Guerre Mondiali, compresa la Terza.
Grazie Occidente, per aver saccheggiato le risorse naturali del mondo ed averci restituito in cambio parcheggi, uffici ed inquinamento.
Grazie per tutti i Colpi di Stato, le dittature militari e le carestie artificiali che hai generosamente regalato a tutto il Mondo.
Grazie per aver fatto salire al potere il nazifascismo. Grazie anche per aver fatto finta di averlo sconfitto e per aver collaborato con i suoi “pentiti” per “vincere” la Guerra Fredda.
Grazie, per aver finanziato il più grande genocidio di indigeni mai avvenuto nella Storia, il primo genocidio globale di sempre.
Ma soprattutto, grazie per chiudere le porte in faccia alle persone che scappano dall’Inferno globale che hai creato.
È troppo facile odiare i ricchi e i privilegiati. Nessuno invece ha mai avuto il coraggio di odiare i poveri e gli emarginati.
Se oggi tutto questo è possibile, è solo grazie all’Occidente.
Perché succedono anche cose belle
Francia in Rivolta
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Se proviamo a cercare su google qualche notizia sulle ultimissime proteste in Francia (quella all’indomani della scelta di Macron di dare l’incarico di presidente ad un dinosauro), quasi nessuna di esse parla di numeri, di quante persone sono effettivamente scese in piazza.
Il Movimento francese non solo ha vinto le elezioni in un contesto difficile, non solo ha infuocato gli ultimi anni di conflitto sociale in Europa, non solo sta assistendo ad un Colpo di Stato versione light da parte di Macron: addirittura, sembra pronto per fare un’opposizione agguerrita ai giochini di potere istituzionale.
Non parliamo di numeri perché se lo facessimo ci farebbero impressione. Solo a Parigi, 160mila persone sono scese in piazza, e i numeri sono simili anche a Marsiglia e Lione.
Le piazze chiamate sono state più di 150. Se facciamo due conti, realisticamente quasi un milione di francesi hanno occupato le piazze e le strade della loro città.
Gli autunni caldi sono il risultato di un Movimento che ha agito in modo strategico negli anni passati.
Nel 2008 la sinistra francese ha vissuto la stessa crisi esistenziale della sinistra europa dopo la sbornia neoliberale, e le fazioni più radicali si sono separate da quelle totalmente corrose dal neoliberismo.
Nascono nuovi Partiti, si intraprendono relazioni con i sindacati (anche quelli “mainstream”); si costruisce una base sociale (una classe di riferimento) e ogni anno si coordinano piazze capaci di alimentarsi vicendevolmente e portare messaggi chiari ed accessibili.
Le Istituzioni non vengono abbandonate, anzi si intraprende un processo di egemonizzazione, che usa la spinta dal basso delle lotte quotidiane e la indirizza verso il potere.
Poi, qualche anno fa c’è stata la svolta.
La Cgt cambia leadership e torna a mietere conflitto, il malcontento esplode e la Macronie sembra andare definitivamente in crisi.
E la France Insoumise – sorretta da costellazioni di collettivi, sindacati, organizzazioni radicali e associazioni per il sociale – è lì. La France Insoumise ha lavorato tanto per fare contro-egemonia fatto nel corso degli anni, e adesso è pronta a cogliere l’opportunità.
Per ora, il Movimento francese si sta dimostrando all’altezza della situazione.Si preannuncia un autunno molto caldo, il terzo consecutivo in Francia e il quarto/quinto degli ultimi anni (contando i Gilles Jaunes).
Sui posti di lavoro, nelle banlieue, nelle piazze e nelle scuole, il Contropotere francese sta rispondendo all'appello del popolo e alla delicata situazione politica che sta attraversando.
Non possiamo che fare i migliori auguri al Movimento Francese. Dovremmo prenderne spunto in tutta Europa, così da poter dar vita ad un'unica lotta Continentale Anticapitalista, nel cuore – o quasi – dell’Impero globale.
Auto in Fiamme
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Nelle ultime settimane, a Bruxelles lə lavoratorə dello stabilimento dell’Audi hanno dato vita a proteste incandescenti, nel senso letterale della parola. Per richiamare l’attenzione del grande pubblico, hanno bruciato i copertoni degli pneumatici davanti allo stesso stabilimento.
Lo sciopero si oppone al taglio imposto dai manager sulle spese dello stabilimento, poiché porterebbe al licenziamento del 50% della forza-lavoro. Come al solito, i manager hanno cercato di scaricare le conseguenze delle crisi aziendali sulle persone sotto di loro nella gerarchia industriale.
Le relazioni tra lavoro e padroni d’industria all’interno del settore automobilistico ricordano quelle fordiste(grandi fabbriche, tanti operai semi-specializzati, una forza-lavoro prevalentemente maschile e poca flessibilità negli orari lavorativi).
Queste condizioni rendono il settore automobilistico più incline a mettere in campo gli strumenti “classici” del Movimento Operaio, che fino agli anni ‘70 incutevano terrore a tutti i padroni del Mondo.
Il Fordismo — per fortuna — è morto, e nessuno su La0 è nostalgicə di quel periodo storico. Nessuno vuole tornare ad una forza-lavoro divisa in modo così netto tra uomini e donne, alla repressione totale dei generi non-conformi e alle gerarchie razziali e coloniali tanto esplicite di quegli anni.
È anche vero, però, che le forme di azione diretta ed indiretta dei Movimenti Operai di quel tempo funzionavano.Erano il risultato di strategie, teorie e prassi che abbiamo perso con l’avvento del Neoliberismo, dagli anni ‘80-’90 ad oggi.
Osservare oggi i “relitti industriali” di quel Mondo potrebbe aiutarci a riscoprire le strategie sovversive che hanno minacciato la classe al potere per tutto il Novecento, per poter riprendere quella legacy di opposizione così efficace di fronte allo sfruttamento e all’oppressione.
Escalation Femminista in India
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É passato un mese dallo stupro e omicidio della dottoressa Moumita Debnath in India — un evento che ha fatto finalmente traboccare il vaso, ed ha spinto milioni di persone a scendere in piazza e protestare.
In India, la cultura dello stupro ha degli effetti devastanti sull’intera società: ogni giorno vengono riportati alle Autorità 90 casi di violenza sessuale, la maggior parte delle quali finiscono nel dimenticatoio.
Negli ospedali, la cultura dello stupro si inserisce in un contesto di burnout lavorativo di proporzioni devastanti. Moumita Debnath è stata stuprata mentre dormiva per recuperare il sonno perso dopo un turno lavorativo di 36 ore consecutive.
Lə lavoratorə del settore ospedaliero, dopo un mese di mancata risposta del Governo, hanno portato avanti l’escalation con estrema determinazione: hanno scioperato oltre il limite imposto dalla ridicola decisione della Corte Suprema, e chiedono esplicitamente le dimissioni immediate del Ministero della Sanità e dell’Educazione Sanitaria.
Questa escalation è la prova di cosa realmente significa mettere in campo uno sciopero generale del lavoro riproduttivo. Il lavoro di cura, che scorre ininterrotto soprattutto nelle case e negli ospedali, merita dignità.
I governi questo non lo vogliono capire, e gli scioperi femministi in India stanno dimostrando come si risponde a questa ottusità del patriarcato.