30/09/2024
La Sinistra
Vince, Perde
e Pareggia

La Seconda Metà di Settembre

Le notizie della seconda metà di Settembre.
#freepalestine

#elonmusk
Le notizie della seconda metà di Settembre.

Queste ultime due settimane ci hanno provocato una bella scossa di dissonanza cognitiva.

Vedete, l'Occidente parla di sé come di un Impero umile e rispettoso, una sorta di guida e di punto di riferimento di ciò che è considerato moderno, proiettato al futuro, umano e razionale. Ogni giorno Capi di Stato, Consiglieri Internazionali e Giornalai occidentali sanno che dovranno fare a gara per giustificare ogni loro azione appellandosi al rispetto dei diritti umani, al raggiungimento della pace, alla salvaguardia della democrazia e alla cooperazione economica globale.


Sembrerebbe quasi di avere a che fare con una normalissima persona un po’ "de sinistra". Insomma se si parla di modernità, futuro, diritti umani, cooperazione economica e pace globale ci vengono in mente dei progressisti. Addirittura quella che oggi chiamiamo democrazia (ma che democrazia ancora non è) è stata una conquista della sinistra socialista o addirittura extraparlamentare.


Quindi fateci capire, la sinistra sta vincendo? Dall'immagine che l'Occidente proietta di sé, sembrerebbe di sì. Addirittura in questa settimana la giornalista Bisan ha ricevuto l'Emmy col suo documentario "I'm Bisan from Gaza and i'm still alive".



È facile farsi ingannare. Come diceva Malcolm X: "L'uomo bianco al potere proverà sempre a darci vittorie simboliche invece di concedere vittorie in campo economico e di giustizia sociale".

Quando si tratta di gesti simbolici, dell'immagine "benevola" che l'Occidente si costruisce, allora alla sinistra viene concessa la vittoria. Ma appena si va nel concreto, l'Impero mostra i suoi artigli e ogni speranza anche lontanamente progressista viene distrutta sul nascere.


Le forze politiche di Centro regalano il trono all'Estrema Destra, mentre Meloni va a cena con l'uomo più ricco del Mondo – perché loro rappresentano il popolo, mica l'élite.

Gli Usa e gli Stati Europei continuano a finanziare l'escalation militare israeliana, che questo settembre ha raggiunto ulteriori vette di brutalità.

Ma soprattutto, Emmy Award o meno, Bisan e il popolo palestinese sono ancora bloccati a Gaza sotto le bombe dell'IDF.

Insomma, dalla discrepanza tra narrazione e realtà, vittorie simboliche e vittorie concrete, nasce una dissonanza cognitiva che vede la sinistra vincere e perdere simultaneamente - un po' come il gatto di Schrodinger.



Ma cosa fa invece la sinistra nel resto del Mondo, in particolare nel Sud Globale?

Beh, in Africa siamo alle porte di un autunno caldo, col Kenya, il Senegal e il Ghana che si ergono come i luoghi nevralgici di una lotta ampia tutto il continente; in Sud America, i governi di sinistra rimangono uniti in nome della Palestina, anche nel bel mezzo di crisi politiche; in Sri Lanka, infine, le pirotecniche proteste del 2022 sono sbocciate nella nascita di un Governo socialista.


Sembrerebbe insomma che la sinistra del Sud Globale stia perlomeno pareggiando.


I Movimenti sociali nella periferia dell’Impero stanno prendendo seriamente le sfide che hanno davanti: mobilitare il precariato multietnico, riempire il vuoto di potere di un neoliberismo morente, promuovere una governance che dia reali risposte alla crisi economica, e costruire strutture politiche di larga scala in grado di durare nel tempo.


La sinistra radicale occidentale deve prendere esempio dal Sud Globale. È inutile farsi prendere dalla convinzione che stiamo vincendo e indulgere in euforie ingenue, ed è ugualmente sterile lasciarsi andare al cinismo di chi si aspetta una sconfitta imminente.

Impugnamo invece carta e penna, e cominciamo a prendere appunti da quei Movimenti all’apparenza lontani che stanno davvero cambiando il Mondo.


Notizie effettivamente importanti

( Che i media mainstream se le siano cagate o meno )

Bisan da Gaza è Ancora Viva
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Bisan Owda è una delle giornaliste che dal 7 ottobre dell’anno scorso documenta sul campo il genocidio palestinese.

Questa settimana, il suo documentario “It’s Bisan from Gaza, and I’m Still Alive” ha vinto un Emmy Awards. Il premio è stato ritirato dal produttore esecutivo di AJ+ (Al Jazeera +), Jon Laurence.


I ringraziamenti di Laurence durano meno di un minuto, e metà del suo discorso denuncia delle recenti tragedie, tutte declinate al passivo.

Negli ultimi 11 mesi, a Gaza sono stati uccisi più di 130 giornalisti. Il 22 Settembre, la sede di Al-Jazeera in Cis-Giordania è stata chiusa a mano armata. Il giornalismo non è un crimine.


L’elefante nella stanza rimane innominato, e non possiamo dire che questo ci stupisca.


Quando è stata annunciata la candidatura di Bisan Owda all’Emmy, un'organizzazione no-profit sionista ha cercato immediatamente di squalificarla. Il cortometraggio – filmato, vi ricordiamo, da una giovane ragazza che ha vissuto per 11 mesi sotto dei bombardamenti ed è ancora in constante pericolo di vita - sarebbe infatti “antisemita”, “pericoloso” per la comunità ebraica.


Ci fa piacere che gli sforzi di questa no-profit non abbiano portato da nessuna parte, ma è pur vero che un Emmy non impedisce ai soldati israeliani di uccidere i giornalisti né di occupare le sedi dei giornali.


Se andate a guardare i profili social di Bisan, il giorno della sua vittoria ha postato delle storie di ringraziamento e un video della premiazione. Poco più sotto, però, troverete un video in cui la giornalista parla della recente espansione israeliana in Libano. Il video inizia con lo screenshot di una notifica di Instagram; a quanto pare, un suo post sullo stesso tema era appena stato cancellato da Instagram, per nessuna ragione specifica se non "costituisce una violazione della nostra policy”.


Documentari come quello di Bisan Owda sono testimonianze incredibilmente preziose, ed è positivo che la loro visibilità aumenti nel corso del tempo, anche attraverso un premio come l’Emmy. Non possiamo però illuderci che questo basti.


Il mondo del giornalismo è insidioso e inospitale. Le policy di Instagram e l’organizzazione degli Emmy sono nelle mani di persone che la pensano nello stesso modo. Se vogliamo che le cose cambino, dobbiamo lottare con le unghie e con i denti per trasformare radicalmente le piattaforme mediatiche.

License to Kill (2024)
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Martedì scorso, lo Stato Statunitense del Missouri ha ucciso un uomo innocente.


La storia di Marcellus Williams è un fallimento da manuale del sistema giuridico.


Un uomo nero ed islamico viene accusato di aver ucciso una donna bianca. Il suo DNA non è presente da nessuna parte sulla scena del crimine e la sua condanna si basa sulla parola di due testimoni oculari poco affidabili, che secondo l’avvocato hanno ricevuto una ricompensa di diecimila dollari dopo la loro testimonianza. Il procuratore della contea di St. Louis ha riconosciuto che durante il processo sono stati commessi diversi errori grossolani – l’arma del delitto è stata manipolata durante l’investigazione, e potenziali giurati neri sono stati intenzionalmente esclusi (il che, fra l’altro, è pure incostituzionale).

Per aggiungere la ciliegina sulla torta, il marito della vittima era pubblicamente critico della condanna e ha sostenuto con convinzione l'innocenza di Williams.


La settimana prima dell’esecuzione, la vicenda ha fatto il giro del web. Sono girati diversi tweet con centinaia di migliaia di like che proclamano: lo Stato sta per uccidere un uomo innocente, e dobbiamo fare qualcosa per fermarlo. Distopico, no?

Be, forse per noi zecche comuniste di merda, ma il procuratore generale del Missouri non ci vede niente di male, e non ha neanche dovuto far molto per portare a termine l’omicidio. Gli è bastato opporsi alla clemenza.


La maggior parte dei post su Marcellus Williams fanno riferimento al sito The Innocence Project, dedicato a vicende di questo tipo. Se facciamo un veloce giro nella homepage, ci rendiamo immediatamente conto che il caso di Williams non è né il primo né tantomeno ultimo del suo genere. Principalmente, le vittime sono uomini razzializzati, più che altro neri.


Ma anche ammesso che gli Stati Uniti uccidano soltanto persone colpevoli – veramente vogliamo lasciare che uno stato criminale si arroghi il diritto di commettere omicidi legali? Non c’è fiducia nel sistema giudiziario americano, non c’è fiducia nelle prigioni né tantomeno nella condanna a morte.


La questione è piuttosto semplice: la classe al potere decide cosa succede. Fine della storia. Il procuratore generale del Missouri ha deciso che un uomo nero doveva essere ucciso, e l’opposizione capillare e non-violenta di una parte della popolazione non è riuscita ad impedirglielo.


Nel frattempo, come se non bastasse, i democratici omettono dalle loro policy l’opposizione alla condanna a morte e alla tortura. Per la prima volta in dieci anni, questa morente classe politica si astiene dall’esprimere un'opinione, chiudendosi in un tacito assenso.


Marcellus Williams era un poeta. Prima di morire, ha scritto un’ultima poesia: Gli Improbabili Sorrisi dei Bambini della Palestina. Questo momento di solidarietà non ci sorprende – Williams e i bambini palestinesi sono stati condannati a morte dallo stesso giudice.


La classe al potere si è data la licenza ad uccidere. Che sia attraverso esecuzioni pubbliche, genocidi o mancata assistenza medica, il succo non cambia. Se continuiamo a chiedere con gentilezza, non si fermeranno mai.

Aggiornamenti dal Genocidio in Mondo Visione, giorno 359
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L’escalation genocida di quest’anno evidentemente per Israele non era abbastanza. Dopo aver raso al suolo Gaza, Netanyahu ha ampliato gli orizzonti della sua furia distruttiva, e ha cominciato a bombardare il Libano.

Lo scontro con le milizie di Hezbollah è ormai aperto: l’unico Stato occidentale in Medio Oriente sta trascinando l’intera regione in una voragine bellica.


Il 17 settembre, Israele ha messo in campo un’operazione di Cyber-Warfare degna dei regimi militari più distopici. I cercapersone utilizzati da centinaia di membri del gruppo militante Hezbollah sono esplosi quasi simultaneamente martedì in Libano e in Siria, causando la morte di almeno 12 persone, tra cui due bambini, e ferendone altre 2.800. Non c’è stato neanche il tempo di seppellire le vittime in santa pace, perché Israele ha replicato l’attacco letteralmente due giorni dopo.


Il Libano è stato attaccato per sette giorni. Netanyahu ha raso al suolo sei edifici per colpire il Quartier Generale di Hezbollah, ed è riuscito ad ucciderne il leader. Immaginatevi come avrebbe reagito l’Occidente se i ruoli fossero stati invertiti. Esistono due pesi e due misure a seconda del leader politico che viene ucciso illegalmente, una dinamica simile a quando si parla di terrorismo.



Come sempre, le conseguenze delle guerre coloniali e imperialiste vengono pagate dalle popolazioni autoctone.

Nelle ultime due settimane sono stati uccisi più di 1.000 libanesi, 6.000 sono rimasti feriti , 30mila persone (principalmente di origine siriana) hanno attraversato il confine con la Siria in 72 ore. Secondo l’UNHCR, ci sono già più di 90mila persone sfollate.


Dopo la brutale ed illegale escalation, cosa avrà da dire Netanyahu alle Nazioni Unite e ai giornalai di tutto il Mondo? Dopo aver ordinato di bombardare Beruit al telefono da un ufficio dell’ONU, Il criminale di guerra ha dichiarato che “non ci fermeremo finché non avremo raggiunto i nostri obiettivi. [...] La mia, la nostra, politica, è chiara: continueremo a colpire Hezbollah con tutta la nostra forza.”



Siccome noi sì che ci teniamo ai diritti umani e alla pace fra popoli, in tutta risposta l’Occidente continua a finanziare il genocidio senza battere ciglio. Più di 8 miliardi di dollari vengono sborsati solo dagli USA per continuare a sterminare innocenti, per lanciare raid aerei su Ras Isa e Hodeidah in Yemen.


Per una volta, a nessun giornalaio viene in mente di chiedersi “chi pagherà per tutto questo?”. Se quegli 8 miliardi fossero stati stanziati per riforme pro-welfare invece, improvvisamente ogni centesimo sarebbe stato trattato come oro.


Manca un’ultima testa a questo Mostro Imperiale. Abbiamo già parlato dell’escalation militare, dei finanziamenti occidentali, delle giustificazioni dei media e dei piagnistei di leader criminali. Ci manca solo la repressione del dissenso.


Dopo la violenta condotta della polizia di Berlino (addirittura sotto accusa da Amnesty International) questa settimana è l’Italia a ergersi come capo della repressione istituzionale. Il Corteo Nazionale del 5 ottobre a Roma è stato formalmente vietato.


A quanto pare, secondo gli approfondimenti svolti con i vertici delle forze di polizia e dell'intelligence, “le manifestazioni sono un possibile obiettivo di frange antisemite”.


Insomma, le istituzioni italiane vivono in quella realtà parallela in cui dopo il 7 ottobre del 2023 non si è assistito ad un genocidio del popolo palestinese, ma al “rischio antisemitismo”. Eppure è strano, i nazisti di Lega e Fratelli d’Italia dovrebbero sapere bene cos’è l’antisemitismo….


Il Governo italiano gioca da sempre a carte scoperte: una manciata di israeliani morti in una terra occupata illegalmente valgono più di 40.000 palestinesi uccisi.

Dal Pianeta che afferma di aver “imparato dagli errori del passato” è tutto, a voi la linea.

Referendum sulla Cittadinanza: Per una Volta, L’unione fa la Forza
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Questa settimana, il Referendum per la Cittadinanza ha raggiunto e superato le 500mila firme, con giorni di anticipo rispetto alla data di scadenza.


Il sito dell’iniziativa spiega piuttosto chiaramente gli obiettivi del referendum. Ve lo citiamo direttamente:


  • Grazie a questo referendum verranno ridotti da 10 a 5 gli anni di residenza legale in Italia richiesti per poter avanzare la domanda di cittadinanza italiana che, una volta ottenuta, sarebbe automaticamente trasmessa ai propri figli e alle proprie figlie minorenni.
  • Questa semplice modifica rappresenterebbe una conquista decisiva per la vita di molti cittadini di origine straniera (secondo le stime si tratterebbe di circa 2.500.000 persone) che, in questo Paese, non solo nascono e crescono, ma da anni vi abitano, lavorano e contribuiscono alla sua crescita.

Chi l’avrebbe mai detto, che lo sforzo di 500mila persone tutte insieme potesse portare a dei risultati pratici?


Il Referendum per la Cittadinanza è stato proposto da +Europa, sì, e sicuramente noi non siamo neanche lontanamente tra i loro fan. Ma un’iniziativa popolare che potenzialmente è in grado di cambiare la vita di due milioni e mezzo di persone non è mica poco. Senza ombra di dubbio, merita supporto.


Il Movimento ha riconosciuto il valore del Referendum ed ha senz’altro contribuito a diffonderlo. Detto ciò, tra un centro sociale e +Europa c’è una certa differenza.


Riportiamo questa contraddizione non per stemperare l’entusiasmo, ma perché solleva delle considerazioni interessanti.


Ogni tanto, centinaia di migliaia di italianə scendono in piazza per manifestare il proprio dissenso. Dalle quattro alle sei marciano nei nostri cortei, e poi ognuno torna a casa propria, stancə e a mani vuote.


Il Referendum per la Cittadinanza ci ha chiesto di ricordare la nostra password SPID e spingere un paio di pulsanti sugli schermi dei nostri telefoni.


Il Movimento aspira a molto di più di una legge sulla cittadinanza, ma non è credibile puntare alle stelle se non ci siamo ancora neanche alzati dal letto.


Ci auguriamo che questo Referendum abbia successo, e che sfoci in qualcosa di più grande. Nel frattempo, rimbocchiamoci le maniche.

Why is it trending?

Perché stiamo ancora parlando di questo?

"Elon musk e i Fascisti Italiani: una Storia d’Amore
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Se volessimo fare una classifica delle singole testate giornalistiche che fanno al meglio gli interessi della classe al potere – e che quindi odiamo dal profondo del nostro cuore – l’Huffington Post sarebbe sicuramente nella top 10.

I titoli di destra rigurgitano merda, sì, ma sono anche evidentemente di parte e sopra le righe. Giornali come l’Huffington Post, invece, sono considerati l’emblema dell’oggettività, della neutralità e dell’imparzialità professionale.

In questo modo – probabilmente senza neanche accorgersene – si sono concessi il privilegio di dettare i limiti entro cui si stabilisce il dibattito.


Nel caso della cena tra Giorgia Meloni ed Elon Musk, la redazione dell’Huffington Post potrebbe aver partorito l’articolo più idiota di sempre.



Stiamo parlando di una cena di Gala tra la sezione più reazionaria delle élite occidentali, e l’uomo più ricco del Mondo ha appena usato la sua enorme piattaforma mediatica per dare un boost ad una fascista. Solo a noi risulta distopico?


Perché è chiaro che l’Huffington Post – e l’apparato mediatico italiano in generale – non ci trova assolutamente niente di surreale.


La notizia viene riportata come una vittoria, un’occasione per l’Italia di mettersi sotto l’ala del “genio” dell’industria tech americana e quindi garantirsi maggiori investimenti nel campo.


Non solo: visto che la discussione sui social è immediatamente sfumata in sterile gossip, l’Huffington Post passa una gran parte dell’articolo a parlare di twitter, riportando le parole di chi si chiede se i due stanno scopando.


Ancora una volta, i media liberali descrivono le azioni dei fascisti con devastante ingenuità. E poi hanno il coraggio di puntare il dito contro la sinistra radicale quando i consensi dell’estrema destra aumentano vertiginosamente.


L’estrema destra, dal canto suo, resta fedele alla sua incoerenza, e ci dimostra di che pasta è fatta ad ogni occasione. Ogni principio ed ogni ideale, ogni discorso anti-sistema, ogni retorica a favore del popolo finisce nel cesso appena il primo riccone divorziato e ateo tira fuori i soldi.

Una Strana Alleanza Turisti-Migranti
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Nelle coste del Mediterraneo, a largo di Lampedusa, una barca con turisti si è apprestata ad un improbabile salvataggio di un barcone di migranti alla deriva.


Storie come questa fanno riflettere, ma soprattutto disintossicano parzialmente il surreale discorso politico attorno alla questione migratoria.


In primis, alla faccia di chi parla di “Natura Umana egoista”, riconosciamo che il primo istinto dei turisti – che di classismo comunque se ne intendono – è stato quello di salvare le persone in mare e non girarsi dall’altra parte. E se l’hanno fatto dei turisti….


In seconda battuta, notiamo l’incredibile discrepanza tra l’esperienza dei turisti e quella dei migranti. Nel video girato sui social che ha fatto spopolare la vicenda, ad un certo punto uno dei turisti cade dalle nuvole, e si mette a dire che non ha mai visto una situazione del genere. Per chi scappa da guerre, dall’ecocidio e dalle crisi economiche, questo inferno è immediatamente riconoscibile.


Per il turista di classe media, il mare è un’attrazione (o un lusso) che puoi permetterti un tot di volte all’anno. Per i ricconi, è semplicemente il fluido che sostiene lo yacht. Per i migranti, invece, il mare è l’ultima tappa di un girone infernale, la soglia di una Nazione-miraggio che, sì, ti discrimina quotidianamente, ma che almeno non ti butta le bombe addosso.


Eppure, è il caso di ripetere, l’istinto di chi ha visto questo dramma in prima persona fuori dai filtri mediatici, è stato quello di salvare i migranti in difficoltà. Ovvero ha confermato la posizione politica “standard” della sinistra radicale, la più docile e attenta al consenso. Gli giornalai/scrittori/intellettuali dell’intellighenzia progressista e liberaloide dovrebbero smettere di meravigliarsi quando alle urne le persone votano contro i migranti e iniziare a puntare il dito contro i loro stessi media, che hanno – consapevolmente o meno – alimentato questa situazione.


Le persone non sono stronze: sono i Media e le loro narrazioni a fomentare la guerra tra poveri e l’odio xenofobo per distogliere l’attenzione dallo scontro di classe.

La Distopia Colpisce Ancora

Non ci aspettavamo nulla, però porco d-

I Frutti del Patriarcato Sono Sempre di Stagione
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Anche questa settimana, un uomo violento ha commesso un femminicidio in una città italiana. Lo dicevamo nello scorso episodio della Distopia in Tempo Reale: i frutti del patriarcato sono sempre di stagione.


Non ci piace dilungarci nel riportare la cronaca nera, ma è importante riportare alcuni dettagli del femminicidio di Torino.


Il sistema giudiziario e la polizia hanno avuto tutto il tempo per prevedere la tragedia. L’uomo era stato denunciato, e già da agosto aveva ricevuto il divieto di avvicinamento. Addirittura, è stato costretto a portare un modernissimo braccialetto elettronico per fare in modo che tutto andasse per il meglio.


Ciononostante, l’uomo ha avuto tutto il tempo di farsi vedere nei dintorni della casa della sua ex senza che nessuno lo disturbasse, per poi ucciderla un paio di giorni dopo di fronte ai suoi due figli minorenni, con il famoso braccialetto ancora addosso.


Com’è che ci dicono sempre nei commenti dei post instagram – “oggi acab, domani chi è chiamerai quando sarai vittima di violenza?”. Sicuramente non la polizia. Nel peggiore dei casi la presenza delle forze dell’ordine è un ulteriore trauma, e nel migliore non fa alcuna differenza. La “sicurezza” millantata dalla Stato è una bugia pigra, inaffidabile dal primo giorno.


Purtroppo, il mondo del giornalismo non è particolarmente più incoraggiante di quello politico.


Questa volta, infatti, i nostri giornali riportano la notizia del femminicidio in modo leggermente diverso dal solito. Miracolosamente, i titoli delle notizie non cercano in alcun modo di giustificare il colpevole, e non c’è nessuna intervista del vicino di casa che parla di fronte ad una telecamera di quanto fosse educato il signor Mario Rossi, stupratore seriale.


Bello, no? Sarebbe una notizia se non da festeggiare, quanto meno da apprezzare passivamente, ma purtroppo le apparenze ingannano.


La ragione per cui nessuno si è messo a fare il difensore del femminicida è che questa volta l’uomo si chiama Ben Alaya Abdelkader ed è tunisino. L’articolo di Today.it riporta così il terrible evento. “Lei, secondo quanto emerso, voleva vivere all'occidentale,” scrivono. “Lui non era dello stesso parere e avrebbe avuto più volte comportamenti violenti.”


Cosa ce ne facciamo di giornalisti che denunciano i femminicidi solo perché la considerano una buona scusa per essere razzisti?


La classe al potere non è dalla nostra parte, la polizia non è dalla nostra parte, e i tribunali non sono dalla nostra parte. Ovviamente, la strada verso un futuro transfemminista passa necessariamente anche per le leggi e per il potere, ma non dobbiamo farci illusioni.


L’unico modo per uscire da questo ciclo infernale è smettere di aspettare che le mele marciscano, e cominciare a lavorare per sradicare l’albero.

La Dittatura della Libertà di Espressione
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La new wave populista e neofascista della destra odierna ha fondato gran parte del suo consenso sull'opposizione al "politicamente corretto" e ad una fantomatica egemonia culturale della sinistra. Se non stiamo attenti, ci dicono, ci ritroveremo in una dittatura del pensiero fondata su norme antirazziste e antisessiste, le piattaforme social verranno colonizzate dalla propaganda comunista e tutte le opinioni di destra saranno censurate.


La dissonanza cognitiva tra questa storiella e la realtà dei fatti è surreale. In questi quindici anni, la destra ha messo in campo il clima di repressione di cui accusava la sinistra.


Twitter e Facebook sono due enormi echo-chamber di estrema destra; i contenuti politici a favore del popolo palestinese vengono regolarmente oscurati dagli algoritmi dei social; per mettere la ciliegina sulla torta, il Governo Meloni ha appena coniato il termine politico-legale "terrorismo della parola".


L'estrema destra ha sapientemente strumentalizzato il tema della libertà di espressione.

Il primo passo è stato creare una percezione di deficit di potere: se la sinistra è più potente della destra, bisogna combattere più duramente per indebolirli.

Ma nell’attuare questa mossa hanno sgomberato il campo per poter attuare la loro censura: se la sinistra impone la dittatura del pensiero, tanto vale che lo faccia anche la destra.


I militanti fascisti potranno pure credere a questa stronzata dell'egemonia culturale di sinistra, della dittatura del politicamente corretto e della censura bolscevica.

Ma i partiti, i governi e le organizzazioni che li pilotano dall'alto sanno benissimo cosa stanno facendo. La libertà di espressione è un'arma politica e l'estrema destra la sta usando a suo vantaggio


È importante ricordare che la libertà di pensiero assoluta è una fantasia irrealizzabile. Non è solo l’esplicita censura ad impedirci di parlare. Criticare quotidianamente il proprio datore di lavoro non è illegale, ma potrebbe comunque farci perdere il posto. Alzare la voce contro un marito – o un genitore – violento non è illegale, ma potrebbe farci perdere un tetto sopra la testa. Anche quando i post sul genocidio in Palestina non vengono buttati giù, spesso fanno fatica a diffondersi.


Le opinioni stesse che esprimiamo non si formano nell’Iperuranio: esse nascono da decenni di esperienze personali e collettive accumulate, vengono veicolate da Media posseduti da ricconi come Jeff Bezos o la Famiglia Agnelli ed esprimono sempre gli interessi di certe classi economiche, indipendentemente dalla consapevolezza o meno di chi le esprime

Qual è il senso di appellarsi ad una fantomatica libertà di espressione, se ci tolgono sistematicamente gli strumenti per farci ascoltare?


Tanto vale rivendicarcelo subito: se la possibilità di esprimere le proprie idee e il proprio dissenso è un'arma politica, allora siamo tuttə terroristə della parola.

Siamo orgogliosə che le nostre parole spaventino i fascisti e i Governi che – come quello Meloni – fanno gli interessi di grandi e piccoli sfruttatori, dai peggiori speculatori milanesi in giacca e cravatta alle più infami aziende agricole criminali del Sud.


La destra può permettersi di far passare decreti vergognosi come il ddl 1660 da una parte perché la gente comune ci detesta (basti vedere i commenti ai blocchi stradali di Ultima Generazione), e dall’altra perché non abbiamo in mano nessun Contropotere capace di minacciare concretamente il governo in carica. Il ddl 1660 rappresenta il fallimento delle lotte dei Movimenti recenti (sulla scia di quelli No-Global e di Occupy) soprattutto rispetto al tema della libertà di espressione e della costruzione di leverage politici contro la classe al potere.


Se il Governo criminalizza i modi rituali e antiquati di fare politica antisistemica, tanto vale ripartire da 0 e dare vita a nuovi processi creativi di strategie politiche sovversive.

What the Fuck?

Che dire, a volte certe notizie ti lasciano senza parole.

Violenza di Serie A e violenza di Serie B
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Immaginatevi che un Movimento dichiaratamente anticapitalista fosse riuscito a fomentare un diffuso dissenso attorno ad una milionaria, una grande proprietaria internazionale, rea di averla “sgravata”. Supponiamo che questo dissenso culmini in vere e proprie minacce di morte, che costringono questa persona a fuggire di notte e in elicottero con la scorta appresso.


Come sarebbe raccontata questa vicenda dai Media? Quelli di destra urlerebbero al Colpo di Stato sovietico, e quelli di centro-”sinistra” farebbero la paternale. Così passate dalla parte del torto… le proteste non si fanno con questo spirito.


La situazione descritta sopra è appena successa punto per punto, eccetto che invece di essere guidata da un movimento politico cosciente, è dipesa dagli ultras romanisti che se la sono presa con la dirigenza della maggica per aver esonerato De Rossi. In ogni caso, anche questa dovrebbe essere una cosa inaccettabile per un Governo come il nostro, seriamente impegnato nel combattere il crimine e nel garantire ordine e disciplina nelle strade della gloriosa Madrepatria. O no?



Sembrerebbe che più che i mezzi, siano i fini a dare fastidio ai politici di entrambi gli schieramenti (centro quanto estrema destra). Se le minacce verso una persona sono in funzione della lotta di classe e dello scontro del 99% contro l’1%, allora l’apparato mediatico si mobilita per delegittimare il tutto. Se invece le minacce partono da degli sfigati che si erano affezionati ad un bel maschione come De Rossi, le uniche risposte dei Media sono al massimo degli insulti classisti nei confronti degli Ultras.


Piccole vicende come queste rilevano dei postulati importanti: la famosa politica “post-ideologica” è semplicemente un brand per fomentare la guerra tra poveri; e, soprattutto, ci manca come il pane un apparato mediatico anticapitalista in grado di rispondere colpo su colpo al bias e all’anti-anticapitalismo dei media mainstream.


È soltanto una seria informazione di sinistra che può forzare i Media a pensarci due volte prima di storpiare le nostre rivendicazioni e prassi politiche.

Sangiuliano fa tremare il potere
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Se si fa una rapida ricerca su google riguardo l’ex-Ministro della Cultura Sangiuliano - in particolare rispetto alla sua umiliante dimissione - quello che emerge è l’abilità dell’estrema destra nel direzionare ogni discussione politica dalla loro parte, l’incapacità del centro-“sinistra” di rispondere e l’impossibilità della sinistra radicale anche solo di partecipare al dibattito.


L’apparato mediatico della destra sta provando a salvare la faccia all’ex-ministro della Cultura - sicuramente non il personaggio più carismatico partorito negli ultimi anni - dopo il duro colpo inflitto dall’ormai famosa femme fatale Maria Rosaria Boccia.
Secondo i giornalai reazionari, Sangiuliano in realtà sarebbe vittima di un attacco da parte del potere di sinistra, che lo odia per la sua spietata controegemonia e opposizione alla propaganda comunista dei film italiani.
Lo ripetiamo molto spesso: sarebbe bellissimo assaporare, anche solo per un giorno, la “distopia” in cui la destra pensa di vivere. Vorremmo davvero vedere questi film comunisti, queste storie anti-patriarcali, in cui si rappresentano relazioni familiari non-conformi.


Cosa c’è di più comunista e intersezionale delle serie sui preti-sbirri, dei documentari storici di propaganda democristiana e dei film che ritraggono la piccola-borghesia provinciale in loft enormi dispersi nel nulla? Cosa c'è di più compagno delle solite storie d’amore eterosessuali e mononormate, la solita morale in cui “andrà tutto bene se lo desideri davvero e se lavori duramente”, e la totale incapacità di descrivere situazioni realistiche di povertà e crimine (tranne nei casi in cui devi empatizzare con dei mafiosi)?



Il vittimismo e i piagnistei della destra non finiscono mai. Non solo hanno alle loro spalle il pattume propagandistico della Mediaset, l’Impero Mediatico di Berlusconi: oggi anche la Rai è stata occupata dalla destra senza ritegno. TeleMeloni sarà anche un nome un po’ cringe però forse se lo meritano. Neanche il PD si era seduto in Rai con tanta comodità.


Eppure, nonostante tutto, la destra fa ancora finta di essere un outsider, il Davide di turno di fronte ad un Golia insormontabile.


L’estrema destra non è neanche lontanamente anti-sistema, anzi è l’ultima ancora di salvataggio di una società in putrefazione. È arrivato il momento di costruire un'alternativa seria a questa immondizia politica.

Good Ending

Perché succedono anche cose belle

Un Caldo Autunno Africano
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Negli scorsi episodi della “Distopia in Tempo Reale”, abbiamo parlato delle proteste in Kenya, dove studentə e lavoratorə hanno stretto un’alleanza sociale di protesta su larghissima scala. Gli scioperi generali e le manifestazioni nazionali si sono autoalimentate vicendevolmente e il governo liberale di Ruto traballa da mesi.


Abbiamo sostenuto con convinzione le tattiche, strategie e prassi dietro queste proteste, che hanno dato una forte scossa al conflitto sociale in Kenya.


Beh, oggi abbiamo notizie ancora migliori: la scintilla in Kenya si sta propagando nel resto dell’Africa. In particolare, è interessante il caso del Ghana, dove dal 21 settembre al 23 settembre si sono tenute manifestazioni a tutto campo. Stessa cosa in Senegal, che sta proseguendo dal punto dove l'avevamo lasciato nel 2023, verso delle elezioni anticipate che vedono Pastef (il principale partito di sinistra senegalese) come favorito.



Diversi outlet mediatici - simpatizzanti e non - stanno iniziando a tirare fuori l’idea di una Primavera Africana. Noi, in modo probabilmente nostalgico, preferiamo il termine Autunno Caldo Africano (che è anche più in linea con gli effetti della crisi climatica).

Il Movimento africano sa quello che vuole: non gli basta essersi liberato del potere autocratico dei regimi coloniali solo per ritrovarsi davanti al potere tecnocratico della globalizzazione. I popoli africani vogliono reale autonomia economica, (geo)politica e sociale, la fine delle strette del Fondo Monetario Internazionale, un controllo sui prezzi dei beni essenziali, nuove istituzioni realmente democratiche e maggior controllo popolare sugli investimenti e sullo sviluppo economico.


Programmi concreti e pratici, mobilitazioni popolari, lotte dal basso, gioventù alla guida e conquista del potere: questi gli ingredienti con cui i Movimenti africani stanno preparando le pietanze per le cucine del futuro. Il lavoro politico di medio-lungo periodo che ha portato a questi risultati trova le sue radici già durante la pandemia, tra il 2020 e il 2021.


Se vogliamo davvero supportare i Movimenti Decoloniali del Sud Globale dobbiamo in primis imparare dalle loro prassi e – adattandole alle condizioni politiche occidentali – portarle anche nel cuore dell’Impero. Altrimenti, le nostre sono tutte solo chiacchiere.

Sri Lanka: di Bene in Meglio
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Vi ricordate quando nel 2022 erano sbucate fuori delle notizie interessanti sulle proteste in Sri Lanka? Quelle pirotecniche ed entusiasmanti manifestazioni che culminarono nell’accerchiamento ed occupazione del Palazzo Presidenziale?



This is them now, feel old yet?


È inutile che ci fingiamo esperti della politica interna - o estera - dello Sri Lanka. Vi lasciamo qui il link di questo magistrale articolo di Al Jazeera, che si districa agilmente nel contesto etnico, politico ed economico dello Stato asiatico.


Quello che ci interessa è descrivere l’approccio di alcuni Movimenti che agiscono fuori dall'Occidente, distanti dal cuore dell’Impero morente. In Kenya, in Sud-America, così come in Sri Lanka, le lotte dal basso non rimangono locali e autoreferenziali, ma puntano alla conquista del potere e a trasformazioni sociali di larga scala.


Le mobilitazioni hanno l’obiettivo di modificare davvero l’equilibrio del potere economico, politico e sociale dalla parte del 99%, di ri-programmare comunemente le Istituzioni oltre le logiche del profitto.


I Movimenti alla periferia dell’Impero non possono permettersi il lusso di ritirarsi in bolle “sicure” (che spesso sicure non sono) e mettono quotidianamente le mani nella merda per costruire egemonia in tutti i luoghi sociali e permettere al potere popolare di ampliarsi sempre di più.



Non sappiamo cosa aspettarci da questo governo eclettico, guidato da un Partito che ricorda più la sinistra operaia classica che la Nuova Sinistra. La loro campagna politica, come confermato da Al Jazeera, ha posto l’accento sugli interessi socioeconomici comuni alle varie etnie, in particolare su delle policy economiche in grado di risolvere la crisi in un modo che metta al centro le persone e non i profitti.


Auguriamo il meglio a questa nuova fonte di Contropotere che il popolo della Sri Lanka sta mettendo in campo.

La Sinistra Sudamericana al fianco del Popolo Palestinese
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Non se ne parla spesso, ma il Sud America odierno ha una forte componente di sinistra nelle sue file. In Brasile, Cile, Bolivia, Colombia, Cuba e Venezuela sono al governo delle forze politiche che provano a mantenere dei programmi di sinistra, nonostante il baricentro dell’Ordine Mondiale si stia spostando sempre più a destra.


Certo, Lula, Petro, Boric, Luiz Arce, Maduro e Canel non sono sicuramente Che Guevara, ma neanche il nostro contesto geopolitico è lo stesso degli anni ‘60. Lontane sono le ondate di de-colonizzazione, i Movimenti Operai internazionali e i sostegni economici di una Superpotenza come l’Urss.



La sinistra sudamericana oggi ha meno spazio di manovra, gestisce Nazioni inondate di debiti dal Fondo Monetario Internazionale, e dispone di pochi partner strategici al di fuori del Continente. Lula si ritrova in mezzo alla crisi della deforestazione, Maduro viene attaccato dallo stesso Boric per le presunte elezioni rubate (seguendo la linea di Washington), Cuba e Venezuela sono in mezzo ad una crisi economica dilagante e Arce viene addirittura attaccato dall’ala di sinistra del suo stesso partito, capitanata dal Movimento Indigeno del Bolivia.

In tutto questo, forse è solo Petro in Colombia che è riuscito davvero a farsi valere nel contesto internazionale, e infatti sono dovuti passare giusto un paio di giorni prima che venisse fuori un piano per una sua destituzione violenta.



Sembrerebbe l’ennesimo ritratto di una sinistra istituzionale a pezzi, in crisi d’identità, incapace sia di rompere con lo Status Quo, sia di creare innovazioni rivoluzionarie che costringano il resto del Mondo ad inseguire.

È un po’ quel classico contesto preoccupante che in Europa manderebbe immediatamente tutto all'aria, portando la sinistra prima a scendere a patti con lo Status Quo e poi accettando finanziamenti del grande capitale per arrivare più in fretta al potere.


Invece, pur con i pochi mezzi a loro disposizione, la sinistra sudamericana sfrutta ogni occasione per rimanere fedele ai temi che contano, come quello del rifiuto del regime di guerra e del genocidio in Palestina. Persino Boric, che governa il Cile ed è decisamente il più controverso e moderato dell'alleanza - segue la linea e rimane coerente.


Ognuna di queste Nazioni ha interrotto ogni rapporto politico e commerciale con Israele, ha appoggiato il Sud Africa nella sua campagna per portare Netanyahu all’Aia ed ha incoraggiato con consistenza un “cessate il fuoco” immediato e permanente.



Non vogliamo in nessun modo essere fraintesi: se la sinistra istituzionale sudamericana è in grado di tenere la bussola dritta anche in questo contesto geopolitico ostile non è merito dei singoli leader istituzionali, siano essi Lula, Boric o Arce. Le frizioni interne tra lotte dal basso e tentativi di portare istanze nelle Istituzioni continuano ad esistere.


Petro è diventato il primo Presidente di sinistra in Colombia anche perché ha mostrato un volto conciliatorio nei confronti di gruppi ribelli di sinistra come l’ELN; Arce é opposto ferocemente dal Movimento Indigeno e Boric deve sempre essere tirato dalla giacchetta per evitare che vada a nozze con l’Occidente.


La colonna vertebrale ai governi di sinistra sudamericani sono le lotte dal basso: non la loro quantità, ma la loro coordinazione strategica.

In Sudamerica l’arte della pressione politica dei Movimenti si sta affinando giorno dopo giorno, e soprattutto sta costringendo la sinistra istituzionale a praticare un’efficace governance pur rimanendo fedele alle sue lotte e ai suoi principi economici, politici e sociali.


Abbiamo spesso il vizio di guardare ai Movimenti del Continente ribelle in modo molto romantico, e, purtroppo, finiamo per sottolineare esclusivamente le loro forme di comunità e amore per la loro terra.

Per quanto tutto ciò sia una grande ispirazione per persone immerse nel lugubre individualismo europeo, dovremmo iniziare ad interessarci delle strategie che permettono ai Movimenti Sud-America di tirare la corda dalla propria parte. Questo è ciò che trasforma quelle romanticizzazioni utopiche in realtà concrete.


Davanti ad una sinistra europea che non sa districarsi tra lotte dal basso, conquista del potere e governance pragmatica (con l'eccezione, si spera, della sinistra francese), guardare alle sinistre sudamericane non può che farci bene.