4/12/2024
Leggere
Why
Does He Do That?
Perché le donne rimangono intrappolate in relazioni abusive?
#violenzadigenere
- Riportiamo di seguito una nota dell’autore rispetto al linguaggio utilizzato tanto nel suo libro quanto in questo articolo:
- “Ho scelto di usare i termini lui per indicare la persona che abusa e lei per indicare il partner abusato. Ho scelto questi termini per comodità e perché descrivono correttamente la grande maggioranza delle relazioni in cui il potere viene abusato. Tuttavia, il controllo e l'abuso sono un problema diffuso anche nelle relazioni lesbiche e gay, e la maggior parte di ciò che descrivo [...] riguarda anche gli abusatori dello stesso sesso.”
Perché le donne restano in relazioni abusive?
Una domanda del genere potrebbe sembrare fuori posto nel discorso femminista contro la violenza patriarcale.
D’altronde, ce lo ripetiamo spesso: è più importante insegnare agli uomini a non essere violenti che vendere alle donne lo spray al peperoncino. Quando un uomo chiede a sproposito cosa spinga le donne a soffrire in silenzio per anni, giusto per addossare un po’ di colpa alla vittima e legittimare le azioni del carnefice, la nostra reazione è (giustamente) spazientita.
In realtà, però, il quesito è fondamentale.
La violenza patriarcale è nella sua essenza un processo manipolativo e coercitivo. Se ci sono voluti decenni di storia prima che ci inventassimo un nome per descriverla, è perché si presenta come tutt’altro.
Non possiamo permetterci di ignorare le forme che questo fenomeno assume, i modi in cui manipola le donne e le persone femminilizzate a restare o addirittura a difendere la persona che le abusa.
I nostri sforzi in merito alla prevenzione della violenza sono inutili se non siamo in grado di raccontare l’abuso patriarcale per come si vende, e non solo per quel che è nel profondo.
Sarebbe un po’ come dire ad un amico che sta andando a fare una passeggiata in montagna di “non mangiare funghi velenosi”, senza però fornire ulteriori spiegazioni. Sulla base di queste istruzioni, è possibile riconoscere un fungo velenoso in quanto tale soltanto dopo che ci ha già avvelenato.
Se gli uomini abusivi fossero soltanto dei mostri terrificanti, perennemente pervasi dalla rabbia e incapaci di contenersi, le relazioni abusive si reggerebbero esclusivamente sul controllo fisico o materiale. La circostanza sarebbe paragonabile ad un rapimento, ad un’improvvisa privazione della propria libertà da parte di uno sconosciuto. La vittima, in questo caso, saprebbe immediatamente di essere in una situazione pericolosa e proverebbe quasi sicuramente a scappare.
Distinguere una casa da una prigione, però, è sorprendentemente difficile, e scoprire di essere in una prigione è un’esperienza completamente diversa dal riconoscere un’esperienza violenta come tale fin dal primo momento.
È fondamentale studiare i meccanismi della trappola patriarcale e interrogarli nel profondo. Non soltanto per assumere maggiore consapevolezza, ma anche e soprattutto per capire come scappare.
Il patriarcato non è un tiro alla fune, una pura prova di forza tra uno schieramento e l’altro. Come ogni rapporto oppressivo, segue le regole di un gioco di strategia, da cui la parte lesa può uscire vittoriosa solo se sa prevedere le mosse dell’avversario.
In questo senso, indagare le ragioni per cui persone abusate rimangono in relazioni abusive è utile sotto numerosi punti di vista.
Tanto per cominciare, non possiamo negare la realtà. Molte persone restano in relazioni violente anche quando dispongono di vie d’uscita potenzialmente praticabili. Ignorarne l’esistenza significa minimizzare le ritorsioni materiali a cui va incontro una persona abusata (ad esempio, nel caso abbia dei figli il cui affidamento verrebbe discusso in tribunale) ed ingigantire il senso di colpa di chi ha avuto l’opportunità pratica di andarsene ma non ha potuto, voluto o saputo coglierla.
Il messaggio, piuttosto, dovrebbe essere che se hai “scelto” di restare non è colpa tua, perché la manipolazione psicologica è una componente fondamentale di una relazione abusiva.
Allo stesso modo, consigliare ad una persona abusata di sbattersi la porta dietro le spalle e andarsene senza farsi troppi problemi non è sempre una buona idea. Nella maggior parte dei casi, fuoriuscire dalla violenza non è così semplice, e richiede uno sforzo strategico da parte della vittima che deve difendersi non solo dal suo partner abusivo, ma anche dal sistema legislativo, dalla polizia e dalla società.
Descrivere nel dettaglio le ferite specifiche inferte ad una persona abusata, inoltre, ci spinge per forza di cose ad indagare il comportamento della controparte abusiva, a descrivere l'aspetto del fungo velenoso così che tuttə possano riconoscerlo, inclusi gli uomini femministi che vogliono sinceramente supportare la causa.
Questo tipo di analisi è necessariamente materialista. Dobbiamo vivisezionare le logiche dell’abuso e il modo in cui si articola al livello pratico. Dobbiamo chiederci come funziona, cos’è che lo rende sostenibile, a chi conviene metterlo in moto e perché.
Limitarsi a condannare questo fenomeno sul piano morale non è abbastanza. Sapere che una certa malattia infettiva è particolarmente dolorosa non ci aiuta né a guarire i pazienti né a prevenire il contagio.
Non solo - se la nostra denuncia si traduce esclusivamente nel condannare la mostruosità degli uomini, le donne verranno implicitamente relegate al ruolo di vittima perfetta. E ogni volta che la persona abusata si dimostrerà imperfetta e vulnerabile, la legittimità della sua esperienza verrà puntualmente messa in discussione.
La verità è che non è necessario essere una “bella persona” per subire un abuso. Persone egoiste, menefreghiste e bigotte vengono abusate giornalmente sotto i nostri occhi, e i loro difetti non screditano in alcun modo la violenza che stanno subendo.
Se ci concentriamo sui meccanismi dell’abuso, il giudizio moralistico scompare dall’equazione. È la dinamica ad essere sbagliata ed abusiva, indipendentemente da quanto sia gentile l’uomo con i suoi colleghi di lavoro e di quanto la donna abusata sia stronza con le sue amiche.
Le conclusioni a cui ci porta un’analisi del genere sono incredibilmente preziose. Una volta comprese le componenti fondamentali di un rapporto abusivo, sarà più semplice riconoscerle non solo nei rapporti romantici, ma anche in quelli economici, politici e sociali.
Certo, un matrimonio abusivo e l’oppressione sistemica sono fenomeni differenti, ma solo in termini di scala e di meccanismi specifici. Le logiche sottostanti sono le stesse e dunque anche la fuoriuscita dalla violenza strutturale si basa sugli stessi principi e finisce per intersecarsi con quella individuale.
Se, ad esempio, una donna nera viene abusata dal suo compagno e si ritrova in tribunale per chiedere la piena custodia dei suoi figli, non avrà forse a che fare anche con il razzismo e la misoginia di un intero sistema legislativo?
La giusta lente di analisi allarga i nostri orizzonti, dandoci degli strumenti preziosi per combattere l’oppressione all’interno delle relazioni violente e oltre.
I concetti di cui abbiamo parlato finora sono elaborati brillantemente in un libro del lontano 2002: Why Does He Do That? (in traduzione, Uomini che maltrattano le donne), di Lundy Bancroft.
L’autore del saggio è un consulente per uomini violenti. Il suo lavoro inizia nel 1987, quando entra a far parte di Emergence, la prima agenzia statunitense per uomini che maltrattano le donne. Per i primi tre anni, Emergence è un centro ad uso volontario, ma dal 1990 in poi gli uomini cominciano a partecipare a sessioni individuali e di gruppo sotto le istruzioni dei giudici.
Alla luce della sua esperienza, Bancroft analizza con estremo pragmatismo il comportamento degli uomini violenti, esplicitando fin da subito il suo particolare punto di vista.
La mentalità abusiva, secondo l'analisi dell'autore, consiste in un insieme di convinzioni oppressive, tramandate socialmente di generazione in generazione; il suo saggio vuole essere primariamente uno strumento nelle mani delle donne (e di ogni persona abusata, al di là del genere), un kit identificativo atto a comprendere il proprio passato, lottare per il presente, e prevenire le violenze future.
Why does he do that? è diviso in tre parti: La Natura della Mentalità Abusiva, Gli Uomini Abusivi nelle Relazioni, e Gli Uomini Abusivi nel Mondo. Ogni sezione ci aiuta a comprendere le complessità del patriarcato all’interno di una specifica scala di riferimento, a partire dalla mente degli uomini abusivi fino ad arrivare al loro posto nel mondo.
Il filo logico dell’analisi, inoltre, si muove a ritroso dagli interrogativi delle donne abusate, i loro dubbi e le loro paure.
Come Bancroft scrive nei primi capitoli, infatti, la parte più importante (e utile) del suo lavoro di consulente consiste nel comunicare con le compagne degli uomini violenti, con il fine ultimo di offrire loro strumenti pratici per difendersi.
Le domande più comuni poste da queste donne costituiscono la struttura portante del saggio, gli scaffali sui quali Bancfrot dispone i suoi contenuti.
Raccomandiamo la lettura di questo libro a donne e uomini, a persone abusate di ogni genere ed orientamento sessuale.
Il libro accompagna ogni argomentazione astratta con un esempio pratico, ed ogni esempio pratico è ricondotto alla stessa fonte. La lettura di questo libro è illuminante e accessibile. Vi consigliamo caldamente di scaricare il pdf.
Di seguito, ripercorriamo i punti a nostro parere più interessanti del libro, con l’obiettivo di trarne degli spunti pratici da applicare nella militanza femminista.
I.
Di che Morte Stiamo Morendo?
Spesso, tendiamo ad immaginare l’uomo violento come una persona sadica, che gode nel vedere gli altri soffrire. Volente o nolente, questo mostro immaginario risponderebbe a dei bisogni innati, ad una fame di sangue trasmessa ciecamente di generazione in generazione.
Questa versione della storia rende il comportamento degli uomini pressoché illeggibile. Far star male le donne sembrerebbe un postulato, un fine in sé per sé, un istinto animalesco che il patriarcato ha semplicemente legittimato e alimentato, esacerbandone le conseguenze.
In realtà, un uomo si comporta in modo abusivo fondamentalmente perché gli conviene. Bancroft crede che questo concetto costituisca un “segreto sociale” e dunque lo sottolinea con particolare insistenza.
L’autore definisce la relazione abusiva come “un sistema in cui lui è esente dalle regole e dagli standard che impone a [lei]”. Ce lo ripetiamo costantemente, anche nelle chiacchiere del programma TV più superficiale di Canale 5: in queste relazioni, la donna è assoggettata all’uomo. E ogni volta che qualcuno è assoggettato a qualcun altro, c’è di mezzo del lavoro non-riconosciuto, del tempo e delle energie pretese dall’alto, dei privilegi creati a tavolino per l’oppressore a discapito dell’oppresso.
Bancroft parla a lungo della “lussuosa collezioni di privilegi” degli uomini abusivi, citando, tra gli esempi pratici,
- - Il semplice fatto di poter fare quello che vuole e avere sempre qualcuno su cui sfogare i suoi problemi
- - La soddisfazione intrinseca del potere e del controllo
- - Lavoro non pagato per lei, tempo e libertà per lui
- - Pieno controllo finanziario delle entrate di entrambi
- - La capacità di dare priorità ai propri obiettivi
Di base, l’uomo abusivo si aspetta che la donna si prenda cura di lui fisicamente, emotivamente e sessualmente, in modo deferente ed incondizionato. Questo rapporto diseguale, però, ha bisogno di essere continuamente rinforzato per evitare che la donna si allontani o si renda conto di cosa sta succedendo. Gli atteggiamenti abusivi, allora, sono prima di tutto funzionali alla sopravvivenza della dinamica abusiva. Un uomo urla non perché non sa come parlare a bassa voce, ma perché urlando otterrà più facilmente quello che vuole.
Bancroft scrive,
“Un uomo abusivo non è incapace di risolvere i conflitti in maniera sana; piuttosto, non è disposto a farlo. La competenza sociale degli uomini abusivi è stata oggetto di numerosi studi, e i risultati portano alla seguente conclusione: l’uomo abusivo è perfettamente capace di risolvere i conflitti, comunicare e comportarsi in modo assertivo quando sceglie di farlo.”
Quando qualcuno sceglie di comportarsi in modo violento ed oppressivo in uno specifico contesto, sta mettendo in atto una strategia. La violenza degli uomini abusivi non è significativa fino a se stessa, non è la conseguenza di un’emozione o il sintomo di una mancanza. Piuttosto, è un mezzo al servizio di un fine.
L’uomo abusivo - consciamente o meno - ha imparato a costringere la donna abusata a lavorare per lui. La domanda chiave che dobbiamo porci per comprendere le sue scelte è la seguente: cosa sta cercando di ottenere con questo suo atteggiamento? In che modo questa situazione può portargli beneficio?
Bancroft conclude,
[Gli uomini abusivi] Non vogliono che qualcuno noti quanto per loro questa dinamica è conveniente (e di solito non vogliono ammetterlo nemmeno a loro stessi). Se noi ce ne rendessimo conto, infatti, smetteremmo di compatirli e cominceremmo a considerarli responsabili delle loro azioni. Fin quando gli uomini abusivi ci sembreranno vittime, o mostri fuori controllo, continueranno a farla franca. Se vogliamo che gli uomini abusivi cambino, dobbiamo forzarli a rinunciare al lusso dello sfruttamento.
Il meccanismo che abbiamo appena descritto costituisce il cuore pulsante di ogni relazione abusiva, le norme invisibili che regolano un rapporto violento.
A questo punto, è arrivato il momento di rispondere alla domanda con cui abbiamo aperto l’articolo. Cosa spinge le donne a partecipare ad una dinamica del genere? Che tipo di maschera indossa il patriarcato quando tenta di imbrogliarci?
II.
Un Esperimento Fallito
“Sotto un aspetto fondamentale, un uomo abusivo si muove come un mago; i suoi trucchi dipendono nella maggior parte dei casi dalla sua capacità di farti guardare nella direzione sbagliata, distraendo la tua attenzione così da non farti notare cosa davvero sta succedendo. L’uomo abusivo attira la tua attenzione sul turbolento ecosistema delle sue emozioni, così che i tuoi occhi non prestino attenzione alla vera causa del suo comportamento, che invece si radica nel modo in cui pensa. Accompagnandoti mano nella mano in un percorso contorto, trasforma la vostra relazione in un labirinto di strade chiuse e svolte improvvise. L’uomo abusivo vuole che tu ti soffermi sulle sue contraddizioni per cercare di risolverle, si dipinge come una macchina meravigliosa ma danneggiata, che per funzionare perfettamente ha bisogno del tuo aiuto, della tua capacità di localizzare e riparare le parti rotte. Il suo desiderio - anche se è possibile che non sia capace di ammetterlo neanche a se stesso - è di lasciarti soffocare nei dubbi, in maniera tale da perdere di vista le dinamiche e la logica del suo comportamento, la parte cosciente che si nasconde dietro la pazzia.”
Quando gli uomini cercano di giustificare un comportamento abusivo, tirano quasi sempre in ballo le loro emozioni. Sembrerà un paradosso – ma come, non dovrebbero essere le donne quelle accecate dai sentimenti ed incapaci di analizzare i fatti in modo oggettivo? – ma ormai dovremmo saperlo: la propaganda patriarcale sguazza nelle contraddizioni. Cosa altro intendono i giornali per “omicidio passionale”, se non un atto di violenza estremo motivato e giustificato da un sentimento incontenibile?
In un rapporto intimo, le emozioni hanno un peso particolarmente importante. Siccome l’amore è un concetto molto volatile, misurato in dichiarazioni sfarzose e stereotipi inconsci, è molto facile per l’uomo legittimare la violenza in nome di una presunta passione.
Una relazione violenta assomiglia ad un esperimento particolarmente pericoloso, teso verso la scoperta di una nuova frontiera. Quando avviene un incidente, l’esperimento esplode e qualcuno si fa male, il promotore del progetto ci ricorda che nessuna scienza è perfetta, che ogni volta che commettiamo uno sbaglio impariamo una lezione per il futuro, e, soprattutto, che se davvero amiamo quello che facciamo non possiamo arrenderci al primo ostacolo.
L’uomo abusivo tratta la violenza fisica ed emotiva come un semplice effetto collaterale, un ostacolo temporaneo e trascurabile nel complesso percorso di una coppia seria, disposta anche a sacrificarsi per proteggere il vero amore (o la stabilità della famiglia, o la dignità della donna coinvolta, e così via).
Quando, però, l’orizzonte desiderato si fa sempre più lontano. L'uomo incolpa la donna di ogni secondo di ritardo e le manifesta apertamente un forte senso di delusione.
L’esperimento, le dice, è nelle tue mani, dipende interamente dalle tua capacità di aiutarmi e mettere in pratica le mie direttive. Poi riporta questa stessa retorica ad amici e famiglia, in forme sempre leggermente diverse in base alle circostanze, ed il gioco è fatto. La vita di coppia si è trasformata in un esperimento fallito, in una storia tragica di cui lui è l'innocente protagonista.
Per forza di cose, la donna non riesce ad affrontare la situazione con lucidità.
Mettevi un attimo nei suoi panni: deve gestire da sola un esperimento folle. Il suo compagno - un uomo rispettato e apprezzato da tutti - la ama. In passato, l’ha riempita di attenzioni e le ha dimostrato il tipo di persona che è capace di essere. Ultimamente, però, le cose sono cambiate. Il rapporto sta degenerando, e il suo compagno soffre di di un male incontenibile che talvolta lo porta a trattarla con violenza. Lui ammette le sue debolezze, sì, ma le riporta anche mille diverse giustificazioni, la incolpa per una serie di mancanze che se già è teso gli fanno perdere la pazienza. Con il passare del tempo, l’uomo diventa sempre più insofferente, sempre più arrabbiato, e gli errori che imputa alla donna sembrano sempre più specifici e pesanti.
Visto da questa prospettiva, il comportamento di una donna che difende il suo compagno violento non dovrebbe sembrarci così strano. Ogni momento di difficoltà viene filtrato attraverso il punto di vista dell’uomo abusivo; mentre la situazione degenera, la donna si allontana dalla sua comunità, isolandosi dal mondo esterno. In tutto questo, i suoi punti di riferimento maschili ragionano esattamente come il suo compagno e lo difendono a spada tratta.
Sfidiamo chiunque a vivere un'esperienza del genere senza farsi divorare dai dubbi.
Ci teniamo a sottolineare che l’uomo non architetta le sue decisioni dal buio della sua cameretta, triangolando per filo e per segno ogni sua mossa.
Come scrive Bancroft,
Il comportamento di un uomo abusivo è primariamente cosciente – agisce deliberatamente piuttosto che per sbaglio o perché ha perso il controllo di se stesso – ma la mentalità sottostante che orienta il suo comportamento è principalmente inconscia.
Tuttə noi, al di là del genere, cresciamo sotto l’influenza del patriarcato.
Così come la donna impara a giustificare il male che le viene fatto, l’uomo impara a giustificare il male che infligge agli altri.
La responsabilità, però, è dell’uomo - non perché debba personalmente rispondere di secoli di storia, non perché nasca macchiato dal peccato originale, ma perché il meccanismo di cui si sta facendo promotore è abusivo. Per ristabilire un rapporto bilanciato, l’uomo deve necessariamente rinunciare ai suoi privilegi.
Non importa se davvero è dispiaciuto o se davvero crede di amare la persona con cui sta. Come osserva Bancroft, infatti,
La buona notizia è che il rimorso è spesso genuino; la cattiva è che raramente è d’aiuto. [...] gli uomini abusivi manifestano numerosi atteggiamenti e convinzioni contraddittorie [...].
Le giustificazioni riportate dall’uomo sono semplicemente delle scuse, un modo per rimandare il fatidico momento in cui la donna si renderà conto di essere stata presa in giro e pretenderà indietro i suoi diritti. “Non è possibile cambiare un comportamento abusivo concentrandosi su tangenti come l’autostima, la capacità di risolvere conflitti, contenere la rabbia o controllare i propri impulsi,” continua Bancroft. “I comportamenti abusivi si risolvono soltanto affrontando l’abuso.”
Le tattiche manipolatorie delle persone abusive variano a seconda del contesto culturale, ma la linea retorica fondamentale rimane più o meno la stessa. Per tornare al nostro paragone, l’uomo racconta la relazione violenta come un amore profondo - un esperimento innovativo la cui importanza legittima ogni danno collaterale. In realtà, però, è il principio su cui l’esperimento si basa ad essere intrinsecamente dannoso.
L’abuso non è la conseguenza di qualcosa che l'uomo non può controllare (come le mancanze della donna con cui sta, il proprio passato o la propria sfera emotiva) ma il prodotto naturale di un modus operandi di pensare e di agire oppressivo.
“Ho imparato che il problema principale del comportamento abusivo ha sorprendentemente poco a che fare con quello che un uomo prova- le esperienze emotive dei miei clienti non sono molto diverse da quelle degli uomini non abusivi- e dipende esclusivamente da quel che pensa.”
L’amore patriarcale segue le regole di una mentalità ingiusta. Per questa ragione, non può che essere estremamente pericoloso.
III.
La Mentalità dell’Oppressione
Se si guarda a qualsiasi organizzazione o sistema oppressivo, da un country club razzista ad un governo militare, nella maggior parte dei casi i potenti avranno esattamente gli stessi comportamenti e le stesse giustificazioni che abbiamo descritto in questo libro. Le tattiche di controllo, l'intimidazione delle vittime che cercano di protestare, l'indebolimento degli sforzi per l'indipendenza, le distorsioni negative della personalità delle vittime atte a scaricare la colpa su di loro, l'attenta cura della propria immagine pubblica --tutto questo è presente, insieme a molti altri parallelismi. In generale, chi è al potere mente costantemente, e allo stesso tempo lavora con impegno per mettere a tacere le voci delle persone oppresse e per impedire loro di pensare, proprio come cerca di fare l'uomo violento. E il risultato è lo stesso: i sistemi oppressivi sopravvivono perché le persone al potere si godono il lusso della loro posizione e non sono disposte a rinunciare ai privilegi conquistati approfittando di chi gerarchicamente è inferiore a loro. In breve, la mentalità abusiva è la mentalità dell'oppressione.
Siamo abituati a pensare ai “diritti” come a dei principi inviolabili perché inviolati, tangibili fin dal giorno in cui siamo natə. È naturale che chi nasce privilegiato tenda ad affezionarsi alla sua posizione: dal suo punto di vista, privilegi e diritti sono due concetti indistinguibili.
Un uomo nato nel patriarcato cresce convinto di poter scaricare il peso della sua vita sulle spalle delle donne che gli stanno accanto. Allo stesso modo, le persone bianche imparano fin da bambinə che la vita delle persone razzializzate ha meno valore della loro, le persone straricche credono fermamente che la povertà non sia un problema che le riguarda e le persone cisgender si abituatano a guardare le persone trans con disgusto.
Lo sfruttamento è impiegato in una serie infinita di circostanze, ma fa sempre riferimento ad uno stesso bagaglio storico, che giustifica e glorifica i privilegi degli oppressori.
In merito alle relazioni romantiche, il paradigma patriarcale, bianco, cristiano e capitalista ci insegna che la donna è un oggetto al servizio dell’uomo. Quando una persona si convince di aver diritto ad un servizio, finirà per pretenderlo anche di fronte a esplicite proteste.
É per questo che si commettono ancora così tanti femminicidi e che la stragrande maggioranza delle relazioni abusive sono perpetrate da uomini in relazioni eterosessuali. Dopo secoli di patriarcato, il privilegio dello sfruttamento è diventato un sacro diritto di ogni uomo che si rispetti.
Detto questo, però, gli uomini non sono gli unici a convivere con dei privilegi. Può diventare violenta anche una relazione tra due uomini o due donne, o tra una donna e un uomo abusato. Insomma, fin quando esiste uno squilibrio di potere all’interno di una relazione, il partner privilegiatə può sfruttarlo per i propri interessi.
Infatti,
Le strategie di divisione e di conquista utilizzate dagli uomini abusivi ricordano quelle di un capo d'azienda che cerca di dividere un sindacato dando a certi gruppi di lavoratori un trattamento di favore. Il modo di fare di un uomo abusivo non è quindi necessariamente limitato ai valori specifici che la sua società gli insegna sulle relazioni degli uomini con le donne; senza rendersene conto, può anche applicare atteggiamenti e tattiche di altre forme di oppressione a cui è stato esposto da ragazzo o da giovane adulto e che ha imparato a giustificare o addirittura ad ammirare.
La mentalità oppressiva, dunque, non solo sta alla base delle relazioni violente, ma si interseca con esse e ne esagera l’intensità.
Quando affrontiamo con serietà il problema delle relazioni abusive, i nostri orizzonti si allargano, e ci portano con naturalezza a mettere in dubbio ogni forma di oppressione.
Arrivatə a questo punto, dovremmo avere un’idea abbastanza chiara della violenza di genere. Conosciamo i comportamenti e le convinzioni degli uomini abusivi, sappiamo cosa vogliono e cosa sentono, abbiamo imparato a riconoscere le loro bugie e ad indovinarne i secondi fini.
C’è solo una domanda a cui dobbiamo ancora rispondere: come facciamo a fermarli? Come possiamo sradicare l’abuso dalla nostra società?
IV.
Gli Uomini non Cambiano
“Un uomo abusivo non cambia perché si sente in colpa o perché diventa sobrio o trova Dio. Non cambia dopo aver visto la paura negli occhi dei suoi figli o quando li sente distanti. Non si rende conto di punto in bianco che il suo partner merita un trattamento migliore. A causa del suo egoismo - unito ai numerosi vantaggi che ottiene dal suo atteggiamento - un uomo abusivo cambia solo quando sente di doverlo fare. L’elemento più importante per creare un contesto adatto al cambiamento è mettere l'uomo abusivo in una situazione in cui non ha più altra scelta.”
L’autore del libro ha lavorato con uomini abusivi per quindici anni. In più, non è il caso di dimenticarcene – l’autore del libro è un uomo. La sua prospettiva specifica, sia al livello umano che al livello tecnico, si riflette in una comprensione profonda dei perpetratori della violenza di genere.
Quando Bancroft ci dice che in tutti i suoi anni di esperienza non ha mai visto un uomo cambiare davvero se non quando si è sentito costretto a farlo, dovremmo assolutamente prendere sul serio la sua opinione.
In un certo senso, gli uomini violenti non cambiano. Gli uomini sono forzati a cambiare in specifiche circostanze. Nell’esperienza di Bancroft, è possibile che un uomo maturi il desiderio sincero e convinto di diventare una persona migliore, ma questa pulsione interna si verifica soltanto in un secondo momento. Il primo passo è sempre provocato da una spinta esterna, da una spallata prepotente ed incisiva che rompe l’equilibrio patriarcale.
Tutti gli sforzi per porre fine agli abusi sulle donne devono in ultima analisi ritornare a questa domanda: Come possiamo cambiare i valori della società in modo che venga rispettato il diritto delle donne a vivere libere da insulti, invasioni, privazioni e intimidazioni?
In ultima analisi, per eradicare lo sfruttamento dobbiamo farlo diventare insostenibile. Un uomo abusivo non può ottenere quello che vuole se la sua comunità è fermamente anti-patriarcale, se le leggi non sono dalla sua parte e le sue tattiche manipolatorie vengono prontamente riconosciute come tali dalla maggior parte della popolazione.
Lo stesso Bancroft, però, ammette che questa società ancora non esiste, e che dunque sono necessari degli step intermedi che ci permettano di guadagnare gradualmente terreno.
Come facciamo, quindi, a gestire l’enorme distanza che ci separa da una società non-patriarcale? Che tipo di strumenti abbiamo da offrire alle donne che sono in pericolo non ieri, non domani, ma oggi, adesso, in questo esatto istante?
Bancroft dedica a questo tema un'ampia sezione del suo libro. Il suo approccio è informato e materialista, e non si perde in chiacchiere.
La parte diretta alle donne abusive è piena di informazioni specifiche che in questo articolo non abbiamo lo spazio di riportare. Vengono trattate questioni spinose come il comportamento delle forze dell’ordine, la presunta efficacia degli ordini restrittivi, le contromisure legali che è utile prendere prima di un divorzio, i segnali a cui prestare attenzione per riconoscere un uomo abusivo per tempo, e via dicendo.
Successivamente, Bancroft analizza l’impatto che hanno sugli uomini le condanne carcerarie (che lo rinchiudono per brevi periodi in ambienti incredibilmente patriarcali) e le sedute psicologiche obbligatorie (utilizzate come un'ulteriore opportunità per manipolare i fatti e giustificare il proprio comportamento).
Certo, l’autore non è un organizzatore di Movimento, ed è chiaro che la sua competenza non si estende alle complessità della lotta politica. Sarebbe un errore, però, criticare questa assenza ed interpretarla come un punto debole. Non possiamo aspettarci che un unico individuo ci fornisca ogni singola indicazione necessaria per fare la rivoluzione o sradicare il patriarcato. Tocca a noi organizzare le diverse competenze ed esperienze sul campo in un unico progetto politico.
In questo caso, tra l’altro, l’approccio politico di Bancroft risulta in ogni caso brillante, anche se non va sempre nel dettaglio. Il punto da cui parte – il cuore della sua retorica – è che l’abuso è un problema risolvibile.
Alcuni potrebbero pensare che credere in un mondo privo di abusi sia poco realistico. Ma termini come irrealistico, ingenuo e impraticabile sono le parole d'ordine delle voci autoritarie, che vogliono che le persone smettano di pensare con la propria testa.
Gli abusi riguardano tutti noi. Anche se non avete avuto a che fare con un partner violento, anche se nessuna donna che amate ha mai subito maltrattamenti cronici, la qualità della vostra vita è comunque manipolata in peggio, i vostri orizzonti sono comunque limitati dall'esistenza dell'abuso e dalla cultura che lo alimenta. La voce dell'abuso assume tante forme diverse. La si può sentire ogni volta che i sogni di un bambino vengono abbattuti da un adulto che pensa di non avere più niente da imparare. Risuona nelle orecchie di chiunque sia stato ridicolizzato per aver pianto. Riecheggia nella mente di ogni persona che ha osato dare un nome ai propri maltrattamenti o alla crudeltà rivolta a qualcun altro.
La prospettiva di Bancroft è elaborata in positivo, verso un futuro realistico e piacevole.
L'opposto di una postura arrogante nei confronti della realtà è l'ascolto rispettoso della prospettiva di tutti. Il contrario di porsi al di sopra degli altri è considerarli come pari. L'opposto di stabilire una gerarchia fissa, dove chi sta in alto si adagia sugli allori mentre tutti gli altri vengono schiacciati, è condividere le proprie risorse. L'opposto di una folle corsa al vertice – che si tratti della cima della scala aziendale, di una lega di softball o dell'ordine delle priorità familiari – è la costruzione di comunità dedicate alla cooperazione e al sostegno, dove tutti vincono. Immaginare un mondo senza abusi relazionali significa aprirsi a possibilità ancora più profonde, al potenziale degli esseri umani di vivere in armonia tra loro e con il loro ambiente naturale.
È vero: il comportamento abusivo è conveniente per gli uomini. Ma un futuro non-patriarcale è comunque un futuro dove tutti vincono. La transizione da un sistema ad un altro è il risultato di una spinta esterna, incisiva e irremovibile; questo movimento violento libera le classi oppresse e genera un domani positivo per la collettività.
Per una volta, l’esperimento è davvero nelle nostre mani e dipende interamente dalla nostra capacità di organizzarci per impedire agli oppressori di sfruttare gli oppressi. Come scrive Bancroft,
Certe persone si sentono minacciate dall'idea che l'abuso sia un problema risolvibile, perché in tal caso non ci sono scuse per non risolverlo. Gli uomini abusivi e i loro alleati sono riluttanti ad affrontare i danni che hanno causato, a chiedere scusa e a vivere in modo diverso in futuro, quindi spesso scelgono di liquidare chi davvero sta affrontando il problema. Ma le prese in giro e gli insulti non vi fermeranno, né fermeranno il resto di noi, perché il mondo ha fatto troppa strada per tornare indietro. Ci sono milioni di persone provenienti da tutto il mondo che hanno preso posizione contro le relazioni abusive e che non sono disposte ad arrendersi, proprio come quando una donna assapora la vita senza il suo partner e da lì in poi si rifiuta di vivere sotto il suo controllo, perché il sapore della libertà e dell'uguaglianza è semplicemente troppo dolce.
Conclusione
Ad oggi, il discorso sulla violenza di genere è al contempo incredibilmente vago ed incapace di allargare i propri orizzonti oltre i dettagli dell’ultimissimo caso di cronaca.
Mentre i giornali continuano a chiamare i femminicidi un “reato di passione” e a trattare con disdegno un uomo abusivo soltanto se è una persona razzializzata, la sinistra si perde in un bicchier d’acqua, tra slogan inefficaci come “se ti legge i messaggi, è abuso” e discorsi incomprensibili, urlati con un megafono scarico dalle prime file di un corteo. Riusciamo a misurare il cambiamento solo in termini di condanne e quantità di persone fisicamente presenti alla manifestazione dell’otto marzo. Appena ci distriamo un secondo, il primo politico che passa per un’iniziativa femminista trova il modo di strumentalizzarla e usarla come palcoscenico per la sua propaganda razzista.
Il libro che abbiamo trattato in questo articolo è stato scritto vent’anni fa. Contiene dei consigli preziosi per la vita personale di tuttə noi e ci offre degli spunti fondamentali per intavolare i presupposti di una lotta collettiva. Perché invece di fare centinaia di assemblee di istituto tenute da persone diverse non cominciamo a promuovere la lettura di questo saggio nelle classi di tutte le scuole?
Le nostre lotte non possono prescindere dall’esperienza sul campo di lavoratorə e tecnici specializzati con cui troppo spesso ci rifiutiamo o ci dimentichiamo di collaborare. Per affrontare un problema, dobbiamo conoscerne i meccanismi ed elaborare una strategia per distruggerli.
E la prossima volta che qualcuno ci chiede perché le donne restano con gli uomini abusivi? prendiamola come un’opportunità piuttosto che come uno spreco di tempo. Come scriveva Wislawa Szymborska, non ci sono domande più pressanti delle domande ingenue.