15 Agosto 2024
Le Prime
Due Settimane
Di Agosto
L’arroganza dei Padroni
Le notizie delle prime due settimane di agosto.
#freepalestine
#estremadestra
Questa prima metà di agosto ci ha mostrato un’ulteriore faccia del neoliberismo ormai in putrefazione.
Dopo aver perso il controllo della macchina sociale, l’attuale classe politica prova a compensare il vuoto di potere attraverso un’arroganza spropositata.
I fatti parlano da soli: i Paesi del G7 hanno boicottato il memoriale della strage di Hiroshima, puramente perché il Giappone ha avuto la decenza di non invitare lo stato genocida israeliano; nelle trasmissioni israeliane, intanto, si difendono a spada tratta gli stupri di guerra sistematici dei loro soldati criminali, tanto più che “far patire la fame a 2 milioni di palestinesi non è un problema”; quando le organizzazioni pro-Palestina interrompono un comizio di Kamala Harris, l’attuale vicepresidente degli Stati Uniti replica scocciata, guardandoli dall’alto verso il basso, come se fossero dei bambini che fanno capricci.
I burattini dell’1% stanno tentando di riprendersi una legittimità persa da tempo, vana di fronte all’inevitabile crollo del neoliberismo.
Nella vita reale, l’economia crolla sotto i nostri piedi, per la quarta volta dal 2008 e senza nessun segno di ripresa; l’estrema destra – un mostro creato dal neoliberismo – mette a ferro e fuoco le comunità meticce e marginalizzate; gli Stati Uniti non sono nemmeno più in grado di rovesciare i governi socialisti democraticamente eletti, nonostante fino a poco tempo fa i colpi di Stato fossero praticamente la loro specialità olimpica.
Gli equilibri di potere propri del neoliberismo stanno crollando, ma lo show deve continuare. Nella penombra, le uniche certezze che abbiamo sono guerre, la distruzione ecologica e la brutalità politica delle élite.
Forse il Bangladesh e il Kenya possono insegnarci qualcosa. È arrivato il momento per la nostra generazione di prendere in mano il proprio destino, e organizzarsi per mettere pressione e rovesciare dal basso il potere costituito.
( Che i media mainstream se le siano cagate o meno )
Inghilterra, Estrema Destra e Tigri di Carta
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Il 3 agosto, i fascisti inglesi hanno organizzato dei pogrom razzisti ai danni della comunità araba locale.
La miccia che ha fatto scoppiare il tutto è stata una notizia falsa, diffusa in modo coordinato da gente come Farage e Andrew Tate.
A detta di questi soggetti, un migrante “arrivato in barca” avrebbe ucciso tre bambine.
Come al solito, l’élite fascista pilota dall’alto i suoi sgherri fomentando scontri razziali e xenofobi, in modo tale che i ricchi possano stare al sicuro mentre i poveri si saccagnano di botte.
Questa dinamica si riflette alla perfezione nella figura di Tommy Robinson - fondatore della English League of Defense (un’organizzazione fascista inglese). Dopo aver mandato i suoi sgherri a incendiare le comunità Arabe, Robinson si è rifugiato in un hotel a 5 stelle “temendo per la sua incolumità” non appena hanno cominciato a reagire.
Se l’élite fascista è composta da vigliacchi senza spina dorsale, la parte militante dell’estrema destra è sicuramente contenta di farsi pilotare dall’alto.
Indipendentemente dalla composizione di classe dei gruppi fascisti – che comunque dubitiamo fosse una diretta espressione della “classe lavoratrice bianca”, come qualche rossobruno prova a suggerire – farsi dare ordini da ricconi che non si sporcheranno mai le mani è una scelta un po’ masochista.
Insomma, i fascisti giocano sempre secondo la stessa tattica: trasformare la lotta di classe in guerra tra poveri. I militanti di estrema destra hanno condizioni economiche più simili a quelle delle comunità che attaccano rispetto ai ricconi che li pilotano dall’alto. Eppure la loro rabbia va verso il basso e mai verso l’alto, a riprova del loro opportunismo e servilismo politico.
La realtà è ribaltata nella testa di questi fascisti.
Dopo aver colonizzato e destabilizzato il resto del Mondo, i bianchi inglesi proiettano sui migranti le violenze e i crimini che l’Inghilterra e l’Occidente hanno commesso ovunque negli ultimi 700 anni.
Il fatto che l’Occidente parli di invasione e impoverimento dopo quello di cui le nostre élite sono responsabili ancora oggi è semplicemente ridicolo.
La risposta dei Movimenti Antifascisti e della comunità araba inglese non si è fatta attendere.
Se i campus pro-Palestina in parte hanno ceduto ai prevedibili attacchi di piccoli gruppi di fascisti sionisti, mentre le comunità locali inglesi hanno reagito con pochi moralismi. E qui risulta chiara la diversa composizione di classe delle proteste studentesche americane – che comunque abbiamo supportato al 100% nonostante a volte fosse un po’ “classe media” nel suo modus operandi –rispetto alla comunità musulmana inglese, marginalizzata e precaria.
Alla violenza fascista si risponde con l’odio di classe dal basso verso l’alto.
Nel giro di un paio di giorni, le proteste antifasciste hanno dimostrato agli sbirri (rimasti in tutto questo totalmente incuranti e passivi) come si risponde a dei pogrom razzisti.
Le contro-proteste antifasciste hanno completamente oscurato i gruppetti nazifascisti. Le numerose piazze guidate da organizzazioni operaie, gruppi antirazzisti e comitati di comunità locali hanno dimostrato che la società civile antifascista esiste ed è in grado di rispondere.
Il 7 agosto erano stati organizzati più di 100 gatherings di estrema destra, eppure la giornata si è conclusa con un nulla di fatto.
Nessun dialogo o moralismo con i fascisti - per ora la sinistra radicale inglese non accenna a fare un singolo passo indietro.
Insomma, un’altra battaglia è stata vinta, anche se purtroppo i danni subiti sono tanti. Le attività economiche e le abitazioni delle comunità arabe locali dovranno avere a che fare con perdite ingenti.
La risposta dal basso, però, rimane convincente. “L’ondata nera” è incapace di gestire lo scontro fuori dalle Istituzioni; quando invece è al potere, ci arriva solo grazie a forti compromessi che ne recidono le ali iper-estremiste.
In questo, almeno per ora, la destra neofascista si rivela essere una tigre di carta.
A livello di pressione politica alle Istituzioni, però, è innegabile invece che l’estrema destra sia in netto vantaggio, e questo è un problema.
La destra istituzionale inglese è subito accorsa in difesa di questi infami, definendoli dei “cittadini preoccupati”.
Insomma l’estrema destra sta risolvendo – al contrario nostro – il problema classico dei Movimenti extra-istituzionali: come continuare a tirare la corda delle decisioni istituzionali dalla propria parte?
Come si mette pressione a chi prende le decisioni che contano?
La destra istituzionale continua a cedere terreno ai militanti fascisti, mentre noi alimentiamo le nostre lotte isolate, incapaci di smuovere di un centimetro la sinistra istituzionale.
Purtroppo in politica sono queste le dinamiche decisive.
Se non risolviamo questo nodo all’interno della sinistra radicale, rischiamo di sprecare l’energia antifascista popolare. Queste vittorie finirebbero per essere il simbolo di una resistenza vana, invece di una rampa di lancio per una nuova ondata antifascista.
E questo è un lusso che non possiamo permetterci.
Israele Allarga la Guerra in Medio Oriente
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Il conflitto in Medio Oriente si sta allargando a macchia d’olio, a ritmi sempre più veloci, e tra Iran e Israele il punto di non ritorno è già stato raggiunto.
Si tratta fondamentalmente di una guerra aperta.
È inutile che ci fingiamo esperti di cronache di conflitti militari: il canale telegram di Chronocol spiega punto per punto l’allargamento di questo conflitto.
Il punto della situazione, oltre le eventuali competenze specifiche, risulta però piuttosto chiaro: Israele, dopo aver commesso i peggiori crimini e aver portato avanti la più brutale escalation di sempre in Palestina, dopo aver boicottato le trattative di pace su cui addirittura Hamas e gli Stati Uniti si sono trovati d’accordo, ha deciso di trascinare anche il resto del Medio Oriente nella sua Isteria.
Non dobbiamo continuare a cedere al finto disfattismo dei media, che riportano queste notizie in modo neutrale e distaccato, come se facessero parte di un flusso di eventi già scritto e non influenzabile.
La soluzione a questo conflitto c’è ed è una: isolare Israele e mettergli pressione, fino a quando non si ritira da tutti gli insediamenti illegali e rimuova ogni colono dalle terre palestinesi.
Se i governi occidentali continueranno a finanziare questo genocidio, il conflitto non farà altro che allargarsi.
D’altronde, in questo modo il cerchio si chiude: la priorità alla fine della fiera non è vivere bene, ma cavare fuori profitti da qualunque cosa.
Un potere occulto - quello militare globale - orchestra le guerre per fini economici. È ovvio che i conflitti globali non faranno altro che aumentare sempre di più.
Non è un caso infatti che 5 Stati del G7 (tra cui l’Italia, ovviamente) hanno subito scritto una dichiarazione d’intenti che prende le difese dell’aggressore (Israele) contro l’Iran. Un’ennesima lettera aperta a difesa di uno stato genocida da parte dell’Occidente – che comunque ne avevamo bisogno perché non si era capito ancora da che parte stava….
Questa dinamica circolare e autoalimentata tra guerra, espansione dei mercati e profitti emerge ciclicamente in ogni momento storico di crisi del capitalismo. È possibile e fondamentale spezzarne il corso, ma serve tanta coordinazione, organizzazione e creatività politica.
Economia Globale in Caduta Libera?
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Lunedì scorso, i mercati finanziari hanno registrato dei dati da giornata nera, con crolli azionari vertiginosi simili a quelli del 2008.
Sfogliare i giornali in queste situazioni aiuta. Nel dover spiegare le cause di questo crollo, i giornalai – che se ne rendano conto o meno – evidenziano continuamente tante contraddizioni sistemiche.
Basti fare un paio di esempi.
Questo articolo ci ricorda a cuor leggero che 7 Multinazionali hanno in mano metà del Pil statunitense; quest’altro specifica che le banche temono anche solo la remota eventualità che si stabilisca una tassa sugli extra-profitti – una policy che tirerebbe fuori centinaia di miliardi di dollari l’anno, investibili per migliorare le condizioni economiche del 99%.
L’economia globale non è in caduta libera, ma questo solo perchè è dal 2008 che siamo rimasti a terra, intrappolati in una crisi strutturale.
Le crisi finanziarie sono solo dei fenomeni emergenti che riflettono problemi più profondi.
In questo caso specifico, si tratta di un problema di stagnazione del potere d’acquisto, frizioni geopolitiche che bloccano le catene di approvvigionamento globali e l’aumento della disoccupazione, che a sua volta consegue all’aumento del costo del denaro.
Sono proprio le policy di Austerity – supportate da destra a “sinistra” – che hanno intensificato questa crisi, nonostante siano vendute come manovre “necessarie” per uscirne.
Non si esce da una crisi di inflazione, causata da aumento del costo del capitale e non dei salari, aumentando il costo del denaro.
Non si esce da una crisi del potere d’acquisto ridistribuendo 3.900 miliardi di dollari dal basso verso l’alto
Non si esce da una crisi ecologica continuando ad investire 5.500 miliardi di dollari nell’industria fossile dagli Accordi di Parigi ad oggi
L’unico effetto di queste policy è arricchire chi è già ricco mentre la crisi dilaga sulle spalle del 99%.
L’economia odierna è tormentata dai debiti accumulati durante la sbronza di privatizzazioni degli anni ‘80, ‘90 e 2000.
Il debito è stato il giochino che le istituzioni economiche hanno usato per mantenere alto artificialmente il potere d’acquisto nonostante il crollo del livello dei salari.
È come se ci fosse un costante freno a mano tirato sulle performance economiche.
Insomma, ci risiamo. Il capitale ha toccato il fondo e ora lo sta raschiando.
La realtà è che il sistema sta invecchiando a vista d’occhio e non ha più la forza di uscire da solo dalla crisi economica. Paradossalmente, solo una spinta dal basso potrebbe ridargli la scossa di adrenalina necessaria per poter riprendere ad accumulare. L’unica via d’uscita possibile dalla crisi è a sinistra.
Questa situazione è un terreno perfetto per costruire del leverage economico e di conseguenza politico e sociale.
Se l’unico modo per uscire dalla crisi è svoltare verso sinistra, allora facciamo in modo di uscire alle nostre condizioni, inaugurando una nuova fase di crescita economica e aumento del benessere, così dirompente da distruggere il capitalismo mentre redistribuiamo e aumentiamo la ricchezza disponibile per tuttə.
I ricchi hanno il loro modo di sfruttare le crisi: la speculazione.
Dovremmo iniziare anche noi ad usare le crisi a nostro vantaggio, proponendo soluzioni concrete per uscire dalle situazioni di difficoltà economica ed indebolire il capitale simultaneamente.
Solo così possiamo riprenderci il futuro che il capitalismo ci sta rubando.
Gaza è il Laboratorio dell’Isteria dell’Impero
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In questi mesi abbiamo visto che la vecchia forma di potere dominante della politica dagli anni ‘80 ad oggi ha perso il controllo sulla società. Il centro neoliberale ed il suo Impero internazionale stanno a mano a mano crollando sotto le loro stesse contraddizioni interne.
L’Isteria dell’Impero esplode proprio in questi momenti. Il potere perde grip, e tutto ciò che aveva edificato per mantenere in piedi lo status quo svanisce sempre più in fretta, innescando reazioni brutali e accese all’interno della classe al potere.
L’estrema destra è in ascesa anche per questa ragione, le guerre aumentano e le forme un filo più democratiche di potere – il dissenso, in qualsiasi sua forma – vengono interrotte e represse in modo impulsivo.
Gaza è il laboratorio di questa isteria, il luogo in cui il potere si sente “al sicuro”, e tira la corda il più possibile, aggrappandosi con le unghie e i denti alle ultime forme di controllo che può esercitare.
Il popolo palestinese sta assorbendo la brutalità e la violenza degli Stati criminali occidentali, e purtroppo non è la prima volta che succede.
I dati parlano chiaro: dal 7 ottobre Israele ha lanciato più di 70.000 bombe. Per fare un paragone, il dato supera tutte le campagne di bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale messe insieme.
Ma non solo: l’avanguardia tecnologica viene usata per razionalizzare l’apartheid e le uccisioni mirate di bambini, così che il popolo palestinese venga sterminato anche per le generazioni successive.
Nell’ultima settimana ulteriori attacchi hanno causato centinaia di morti e Israele ha bombardato ospedali e scuole, bambini innocenti e persone in preghiera.
Foucault (in uno dei suoi pochi momenti di lucidità teorica comprensibile anche a noi comuni mortali) parlava di Boomerang Imperiale: le politiche repressive di controllo nelle zone colonizzate del Mondo prima o poi saranno attuate anche in casa.
È vero, probabilmente i nazisti occidentali non bombarderanno tutte le Università e 9 scuole su 10 come succede in Palestina. Sarebbe un danno troppo grande per il capitale.
Però le tattiche di giustificazione di ciò che sta compiendo Israele verranno riutilizzate per giustificare la brutalità politica che sta emergendo e spostare sempre più in là ciò che è considerato umano anche in Europa.
Ad Israele hanno già decretato che lo stupro di guerra va assolutamente bene.
Non abbiamo più tempo per protestare civilmente. Davanti alla brutalità nera del potere odierno serve una rivoluzione rossa, brutale, che faccia tremare l’1% e i suoi burattini. Ai fucili, purtroppo, non si risponde con i fiori.
Perché stiamo ancora parlando di questo?
”I’m Speaking” and That’s the Problem
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L’abbiamo visto tutti il video di Kamala Harris che risponde con supponenza e superiorità di classe a chi protesta contro il genocidio in Palestina.
“Se volete far vincere Trump ditelo pure, altrimenti I’m speaking”.
Ed è proprio questo il problema: chi finanzia un genocidio è la parte politica che non chiude mai la cazzo di bocca, mentre chi protesta contro il genocodio è costretto ad intrufolarsi nei teatrini politici del potere nella speranza che anche la nostra voce venga ascoltata.
E la chiamano democrazia.
Kamala Harris subentra a Joe Biden con il compito di lavare la faccia del suo partito, portando avanti la classica operazione “Elly Schlein”: continuare la politica criminale dei tuoi predecessori ma con una vagina nei pantaloni al posto di un pene.
In un colpo solo questa operazione annacqua il femminismo – uno strumento di critica radicale e spesso anticapitalista – mentre continua la sua legacy di una “sinistra” che si è svenduta al neoliberismo.
Se non fate quello che vi dico – votare per noi – allora succede qualcosa di peggio (vincerà la destra). Questa è la logica che domina i contesti di abuso. È la stessa usata dagli uomini violenti per intrappolare le donne in spirali di violenza sempre più profonde e irreparabili.
O ti adegui, o finisce male. E infatti lo standard si abbassa sempre di più, proprio come nelle relazioni violente.
L’abbiamo ripetuto fin troppo negli scorsi episodi della Distopia in Tempo Reale: serve una “Walk Away Campaign” dal Partito Democratico Americano. Il treno passa una volta e qui si rischia di perderlo nel momento decisivo.
Le Olimpiadi come Arma di Distrazione di Massa
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La faremo molto breve: le Olimpiadi sono un tema per noi estremamente frustrante. Per il modo in cui ne parlano i Media Mainstream, le élite, ma anche i Movimenti.
Tutta la faccenda sembra una gigante guerra tra falliti, vinta in partenza dalle grandi Multinazionali, gli sponsor, i grandi costruttori e il Real Estate.
In tanti hanno definito queste Olimpiadi come le peggiori di sempre. Probabilmente solo come bias anti-francese – ovvero misoginia e omofobia interiorizzata data dallo stereotipo dei francesi effeminati e frocə.
Questa retorica fa incazzare, perché questa Olimpiadi hanno semplicemente intensificato dei problemi strutturali preesistenti, che si ripropongono durante ogni edizione. La gente si arrabbia per un dito mentre noi cerchiamo di far vedere la Luna.
Sono tanti i temi di cui è importante parlare, e invece come al solito si chiacchiera sul nulla cosmico.
È ripiombato il solito discorso delle atlete transgender – in un contesto in cui tra l’altro l’atleta algerina è una donna cisgender, che (con nostra grande goduria) ha vinto l’oro nonostante tutte le critiche.
Poi si è parlato dei “poveri atleti” che sono stati costretti a dormire fuori per colpa del “fanatismo ecologista”.
E si è parlato della Senna inquinata e delle “povere atlete” che ci hanno dovuto nuotare.
Come al solito un altro Grande Evento viene usato come arma di distrazione di massa.
Non si è parlato dell’atleta a piede libero nonostante lo stupro ai danni di una dodicenne; non si è parlato degli sfratti di massa e della militarizzazione messa in campo per “svolgere” queste Olimpiadi.
Ma, soprattutto, non si è parlato di guerra, nonostante dei veri e propri criminali dell’esercito israeliano abbiano partecipato a queste Olimpiadi.
La colpa è anche nostra. Il discorso che facciamo sulle Olimpiadi come Movimento è non-sense e butta tutto in caciara.
Fare la battaglia “contro le Olimpiadi”, ponendo l’accento sulle “Grandi Opere” non è convincente e anzi ci confonde.
Alla gente piace vedere lo sport, e le Olimpiadi fanno parte di una lunghissima tradizione che va a toccare dei desideri concreti – artificiali sì, ma non per questo meno validi – nel grande pubblico.
A nostro parere il discorso è molto più semplice.
Bisognerebbe essere provocatori, addirittura parlare delle “tradizioni” che tanto piacciono al pubblico sportivo, sempre più conservatore.
La tradizione principale delle Olimpiadi, infatti, era fermare le guerre per celebrare lo sport. Questo evento dovrebbe essere un veicolo di massa contro l’industria della guerra.
Bisognerebbe sottolineare che il capitalismo ha rovinato anche le Olimpiadi. Un evento che simboleggiava il primato assoluto dello sport e della socialità è stato trasformato in un ennesimo processo di speculazione, nella solita macchina che macina profitti ai danni dei poveri.
Solo dopo questa premessa avrebbe senso parlare delle Grandi Opere, con tutta la speculazione che si portano dietro.
Ad oggi, se usciamo dalle nostre bolle, il Movimento risulta come il solito rompicoglione che si lamenta pure delle Olimpiadi – e che palle.
Agli occhi delle persone, stiamo rovinando la festa.
A volte sembra che ci crogioliamo nella nostra impopolarità, che interpretiamo in modo erroneo come segno di “radicalità” e “decostruzione” quando invece è solo un suicidio politico.
Il capitalismo ha rovinato le Olimpiadi ed è arrivato il momento di dirlo a gran voce.
Non ci aspettavamo nulla, però porco d-
La Libertà è Schiavitù, i Colpi di Stato sono la Democrazia. La Situazione in Venezuela
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Il 29 luglio si sono tenute le elezioni in Venezuela. Maduro vince con il 51,2%, contro un magrissimo 44% dell’opposizione di destra. Da brava forza democratica, la destra ha subito provato a delegittimare la vittoria e ora mette pressione per un ennesimo colpo di Stato contro il governo Venezuelano.
È inutile che stiamo qui a spiegare tutta la situazione nel dettaglio - se vi interessa, vi consigliamo questo brillante articolo che spiega la successione degli eventi e le mosse strategiche di ogni forza politica coinvolta.
La parte più ridicola di questa storia è la risposta della Comunità Internazionale. La sinistra radicale in Venezuela ha vinto le ultime tre elezioni, e tutti gli attori recitano sempre secondo lo stesso copione: la destra dice di aver vinto, gli Stati Uniti intensificano le sanzioni, la sinistra risponde con manovre di warfare economico; la destra tenta un colpo di Stato; il colpo di Stato fallisce e l’Occidente - da bravo bambino viziato - si rifiuta di rivolgere la parola alla sinistra e finge che abbia vinto l’opposizione di destra.
Il ciclo ricomincia nonostante i colpi di Stato falliscano e il popolo venezuelano continui a supportare la legacy della rivoluzione Bolivariana e della conseguente Costituzione del 1999.
Addirittura l’esercito venezuelano stesso (che ha sempre dato problemi ai governi della sinistra, specie in Sud America) ha respinto una lettera aperta dell’opposizione per organizzare un nuovo colpo di Stato reazionario, a distanza di un mese dall'ultimo tentativo.
È incredibile come una fazione politica emersa da una rivoluzione popolare, che ogni giorno lotta per l’indipendenza della sua terra, venga regolarmente descritta dai media come la parte non democratica del confronto.
Invece coloro che tentano colpi di Stato per instaurare dittature militari sono persone civili e democratiche.
Insomma, meno male che ci sono gli Stati Uniti. Dopo aver supportato le peggiori juntas militari in Sud America e organizzato molteplici colpi di stato, è perfettamente normale che si arroghino il diritto di decretare chi è democratico e chi non lo è.
La realtà è di facile lettura: Maduro è stato eletto democraticamente, ed è supportato dal suo popolo - come dimostrano le manifestazioni che si sono svolte in suo supporto subito dopo le elezioni.
Il tema dittatura/democrazia viene tirato fuori solo per legittimare la pressione politica ed economica che gli Stati Occidentali esercitano contro qualsiasi popolo in rivolta.
Non serve essere esperti di geopolitica per sapere che l’Impero più potente e reazionario di sempre – gli Stati Uniti – non sono una fonte attendibile o autorevole sul tema democrazia.
Che dire, a volte certe notizie ti lasciano senza parole.
Boicottaggio Violentissimo delle Elite Pro-Israele
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L’arroganza degli Stati più criminali della Storia non ha fine.
Gli Stati del G7 si rifiutano di partecipare alla commemorazione della strage di Nagasaki, progettata ed eseguita dagli Usa nel 1945, quando hanno sganciato la bomba più potente a guerra già vinta, solo per mostrare i muscoli all’Unione Sovietica (la vera vincitrice della Seconda Guerra Mondiale).
Il motivo? Esattamente come la Russia è stata esclusa per aver invaso l’Ucraina, Israele è stato escluso perché - stando al Diritto Internazionale - occupa in modo illegittimo dei territori palestinesi.
Secondo questi parametri, i primi a dover presentarsi con la coda tra le gambe dovrebbero essere gli Stati Uniti, che sono stati invitati sia a questa commemorazione, sia alle Olimpiadi, nonostante siano ancora in Iraq e abbiano portato avanti la maggior parte delle guerre del periodo recente.
Gli Stati del G7 sono gli ultimi ad avere legittimità sul decretare quale Stato abbia diritto a partecipare o meno.
Oltre all’assurda dimostrazione di arroganza, l’Occidente così mostra tutta la sua ipocrisia. Per decenni hanno definito violente le manifestazioni e i boicottaggi del Movimento contro la Guerra, ma adesso che sono i loro interessi ad essere in gioco, il boicottaggio e la protesta diventano improvvisamente un’arma legittima.
Perché succedono anche cose belle
Bangladesh e Kenya: Gen Z in Rivolta
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L’escalation vertiginosa delle proteste studentesche in Bangladesh e in Kenya sono l’ulteriore prova che la nostra generazione ha bisogno di un cambiamento.
Dalle proteste contro il genocidio in Palestina a quelle contro le politiche di austerity e autocratiche di numerosi governi neofascisti, il 2024 ha visto la nostra generazione protagonista del conflitto sociale, toccando dei picchi che non vedevamo da tanto tempo.
Al tempo stesso, vecchie e nuove contraddizioni hanno costellato queste rivolte studentesche: se in Occidente i risultati ottenuti – a fronte di sforzi importanti – sono stati oggettivamente scarsi, la Gen Z del Sud Globale ha dimostrato di essere una potente avanguardia, capace fa crollare governi autocratici che duravano da decenni.
È proprio questa l’attuale situazione in Bangladesh. Per approfondire, consigliamo di leggere questa brillante intervista di Lydia Silva, attivista e militante all’interno delle proteste studentesche bengalesi.
Il risveglio del conflitto sociale e della lotta di classe in Bangladesh e in Kenya si traducono dunque in forti risultati concreti, che in Occidente non vediamo da almeno vent’anni, dalle famose proteste contro la guerra del Movimento No-Global (che per l’appunto portarono ad un nulla di fatto).
La differenza tra i risultati ottenuti sta in due fattori, uno oggettivo e l’altro soggettivo.
Quello oggettivo è la maggiore instabilità degli Stati del Sud Globale. Al contrario dei governi occidentali – che sono avvantaggiati dal loro controllo del mercato globale e dalla ricchezza che estraggono dai Paesi sfruttati – gli Stati come il Kenya e il Bangladesh hanno meno spazio di manovra nella gestione del conflitto sociale.
Spesso, si ritrovano a dover negoziare gli interessi della loro popolazione in povertà con le brutali regole imposte dal Fondo Monetario Internazionale. Un’operazione delicata da gestire e di cui i Movimenti possono approfittarsi.
Da un punto di vista soggettivo, i Movimenti del Sud Globale sappiano organizzarsi e coordinarsi molto meglio di noi.
Queste mobilitazioni (sia quella in Kenya che quella in Bangladesh) hanno seguito dei fili comuni particolarmente efficaci.
Invece di fare grandi discorsi, o di mischiare tanti temi complessi in un’unica mobilitazione, la Gen Z ha agito in modo chiaro e lucido. Ha fatto poche cose ma le ha fatte bene, ha mirato da subito al centro del bersaglio.
Il punto di partenza è stata una riforma impopolare imposta dall’alto (le tasse sui poveri per il Kenya, i favoritismi di Stato per il Bangladesh); il dissenso è stato intercettato, coltivato e catalizzato sulla specifica riforma; da lì si è creato un nemico comune all’interno dell’élite (la borghesia statale corrotta); e solo dopo, a ritroso, le proteste hanno pian piano allargato e connesso tutti i punti, evidenziando come la riforma in sé fosse la punta di un iceberg che va smantellato dalle fondamenta.
Un capolavoro strategico, che ha portato al crollo dei governi, alle dimissioni di rappresentanti di burocrazie statali nazionali. In Bangladesh, addirittura, adesso c’è un governo di transizione democratica socialisteggiante, composto anche da giovanissimə.
Insomma, less is more.
In Occidente, i Movimenti si fanno prendere a tratti dal nichilismo, a tratti da un’euforia ingiustificata; ogni parte prova ad inserire il suo pezzettino scoordinato in un confuso quadro generale, senza mai coordinarsi in modo pianificato e sul lungo periodo.
Sembra quasi che la nostra strategia sia lanciare tutto ciò che possiamo contro un muro e vedere cosa ci rimane attaccato. Spesso, però, non rimane attaccato niente.
Un’altra grande differenza tra questi due modelli è la presenza di una visione programmatica: ogni Movimento che ha avuto successo, anche solo in modo parziale, ha saputo tenere in testa un programma politico chiaro e popolare. In Bangladesh e in Kenya, infatti, lə studentə hanno subito proposto un programma, con punto iniziale le dimissioni del governo in carica.
In Occidente, invece, l’allergia al potere che si è sviluppata dagli anni ‘80 in poi ha portato ad un rifiuto illogico e disfattista di dare vita a programmi concreti e chiari, vanificando ogni proposta costruttiva di larga scala.
Parlare di cambiamento senza mai essere distruttivi è riformismo da quattro soldi; distruggere senza costruire, però, vuol dire abbandonarsi ad un insurrezionalismo infantile e senza orizzonti.
La Generazione Z in Bangladesh ed in Kenya ha dimostrato come solo l’unione di questi due fattori – insieme ad un percorso di mobilitazione chiaro e on-point – porta a dei cambiamenti sociali reali.
Lə studentə del Bangladesh e del Kenya si godono la loro prima vittoria (che purtroppo ha avuto costi umani non indifferenti), occupando i palazzi istituzionali e costringendo le élite locali alle dimissioni.
Quand’è che toccherà anche a noi?
Imane Khelif Vince e Noi Godiamo
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Imane Khelif vince la finale olimpica di pugilato e lascia andare – meritatamente - tutta la frustrazione accumulata dagli attacchi mediatici di questi giorni.
Stiamo parlando di una persona che ha subito misoginia, transfobia e razzismo gratuito, un’ennesima vittima sacrificale dell’insaziabile sete di potere mediatico della destra neofascista. Il tutto mentre partecipava alle Olimpiadi. Non proprio una passeggiata.
In un colpo solo, Khelif ha confuso le aspettative di genere di chiunque, ha eliminato una sbirra italiana con un solo pugno, e poi ha vinto l’oro olimpico festeggiando con una sciarpa pro-Palestina.
A noi, in tutta onestà, del pugilato non frega molto. Al massimo è una rottura di palle necessaria, per imparare ad essere in grado di rispondere colpo su colpo alla nuova violenza nazifascista – il lavoro base di ogni militante di sinistra radicale.
Quello che ci importa è che, per una volta, la destra si dovrà sucare il fatto di aver perso, sia nella battaglia politica che in quella sportiva.
D’altronde, se non vuogliono che gli “uomini che si fingono donne” (che noi persone normali chiamiamo donne transgender) facciano parte delle competizioni femminili, la soluzione è semplice.
Aboliamo la differenza uomo-donna negli sport e basiamo la separazione delle categorie su indicatori molto più oggettivi, per poter evitare davvero inutili mis-match.
Eppure, abbiamo il sospetto che alla destra estrema interessi più che altro odiare le persone non conformi alla norma patriarcale, al di là dell’”equità” nello sport.
Quando mai avete visto una persona di destra a cui interessa qualcosa dello sport femminile? È ridicolo che stiano provando a riscrivere le loro abitudini anche solo per un secondo.
Per questo mesetto noi siamo ben felici di fingerci esperte di boxe, anche solo per rompervi i coglioni – così, una volta che gli avete persi, magari anche voi superate le stupide distinzioni di genere costruite a tavolino dal patriarcato.